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Addio al posticcio del Cav operaio, il sindaco “verista” idropulitore ed eroe medio rivoluziona lo storytelling del leader

Mario Neri
Addio al posticcio del Cav operaio, il sindaco “verista” idropulitore ed eroe medio rivoluziona lo storytelling del leader

In origine furono le foto posate di B. col caschetto e quelle di Renzi-Fonzie. Adesso “Darione” Nardella cambia il modo di narrare il carisma del politico

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FIRENZE  L’hanno visto tutti, e tutti lo stanno riguardando da due giorni in loop come se non ci fosse un domani. E ridete sì, ironizzate, canzonate, va bene. Ma ammettetelo, un po’ tifate tutti per Dario. Perché Darione - ormai è il nome più comune che fa da didascalia a qualsiasi reel, post o tweet sul placcaggio - è diventato in un sol colpo l’orgoglio gigliato. Soprattutto da quando circola quel video, dove lo si vede lì, in piedi, mentre canta le bellezze di Fiorenza, e si scorge l’occhietto guizzante avvertire un movimento, a ore nove sentir risuonare un gridolino, e a ore sei un borbottio e forse pure qualcosa di blasfemo, poi lui che si gira e l’immagine allora si sofferma in un ralenti. Sullo sfondo s’intravede la testa e uno dei muscoli bitorzoluti del Biancone e la facciata di Palazzo Vecchio già invasa da un macchione di vernice.

E allora si sente ribollir la musica quasi fosse l’animo del prode sindaco, quella musica, l’immagine riparte, torna indietro, riparte, Dario lo si ammira scattare che nemmeno Gonzalez sulla fascia col giubbino di pelle che fa un po’ Fonzie e un po’ Renzie (eh sì, l’allievo ha superato il maestro, immaginate il rosicamento) ma subito dopo entra in scena il pettorale di Mitch, e l’epica dell’era digitale del Nardella poliziotto e pompiere, salvatore di storia e cultura andata in diretta sulle storie di Instagram e Tiktok si mescola a quella antica di Baywatch che negli anni ’90 faceva impazzire gli e le allora adolescenti, fra cui il medesimo Darione. Ecco, da ieri questa è l’apoteosi della Nardelleide, esperimento social-mediatico concepito come evoluzione e upgrade di ultima generazione della comunicazione politica al servizio della personalizzazione. I politologi la chiamano mediatizzazione del carisma. E se di questo si argomenta c’è ovvio un’origine, un principio, una specie di brodo primordiale da cui tutto s’è mosso. No, non certo le immagini imprecise e in bianco e nero del Duce impettito, mascelluto e agreste mentre supervisiona alle bonifiche dell’Agro Pontino, né tanto meno quelle della rivoluzionaria nuotata di Mao. No, qui si parla del Cavaliere operaio, anno 2001. Silvio Berlusconi col caschetto giallo in testa.

Fu quello il primo atto di una retorica trasfigurativa del leader. Giornali, tg, trasmissioni da lì in poi avrebbero subito lo storytelling del "capo" che di volta in volta si trasformava per assomigliare al pubblico e all’elettorato da catturare, diventava ciò con cui avremmo potuto identificarci, perfino sovrapporci o sostituirci al leader. E così abbiamo assistito alla parabola del personalismo e del populismo, ai VaffaDay di Grillo, al Salvini in felpa e ruspa vera e giocattolo(sia questo che quello, peraltro, si son mostrati in esercizi natatori riecheggiando Mussolini e Zedong), poi al Renzi col chiodo alla Fonzarelli ad Amici (ma agli albori fu il sindaco alla guida del pulmino che mondava la piazza Duomo con l’ultimo simbolico passaggio motorizzato), ma tutto questo - se non per pochi cortigiani o creduloni - non ha mai avuto la parvenza di una narrazione autentica. Era piuttosto sapientemente costruita, roba da esperti spin doctor e da post verità, ma posticcia. Ora, Darione - che sapesse in anticipo o no dell’azione degli attivisti di Ultima generazione non importa - ci guida in un’altra era della mediatizzazione del carisma.

Dal manierismo del Cav al barocco renziano, siamo passati al verismo del sindaco idropulitore, che corre, placca i «vandali e barbari», che impugna la pompa dell’acqua, digrigna i denti mentre spazzola ferocemente le alte e nobili mura, si dispera con le mani fra i capelli inginocchiato sull’Arengario che manco l’Antigone. Certo, direte: ci son stati i sindaci delle alluvioni, di Rigopiano, di Amatrice. Ma quelle erano scene di disastri e di morte e disperazione, sacre, inviolabili, non quasi disastri tramutati in piccoli kolossal della personalità. Non è un caso in fondo che da due giorni nelle nostre chat sia tutto un rimbalzare di meme scherzosi e comici sulle gesta del sindaco. Sanno tutti che Nardella sta cavalcando l’onda, ma dal manierismo delle pose posticce del Cav siamo passati all’uomo medio che si fa supereroe e medium-man, all’istinto di Darione che urla in faccia all'eco-vandalo “Ma che cazzo fai?”. Ché in fondo sarebbe stato anche il nostro istinto se ci fossimo trovati al suo posto. Ci piace in ogni caso. Poco importa che sia uno storytelling.

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