Il leader della Resistenza dei popoli indigeni del Brasile a Ponte a Greve: «In Amazzonia ci uccidono ma il cuore di Firenze ci aiuta»
Adriano Karipuna: «Stanno distruggendo la foresta, così scompare il polmone del pianeta»
«Il mio motto, anzi quello della popolazione dei Karipuna, è resistere per esistere. Quanti ancora di noi dovranno morire a causa della deforestazione e delle continue invasioni?». È un quesito rimasto in sospeso quello di Adriano Karipuna, leader e nativo del popolo dei Karipuna di Rondonia in Brasile, figura simbolo della resistenza dei popoli indigeni dell’Amazzonia contro la deforestazione e l’assalto delle economie predatrici che minacciano l’integrità dei suoi ecosistemi e la vita delle sue comunità. Ha partecipato a molti eventi internazionali, tra cui la quarantanovesima sessione della Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Ha, inoltre, preso parte alla sedicesima edizione del Festival delle Biodiversità di Milano e al Ted X che si è tenuto a Fiesole il 17 settembre e ora parla dal supermercato Coop di Ponte a Greve, dove Cospe e Unicoop Firenze l’hanno invitato come testimonial dei prodotti equo solidali della catena e icona della lotta per la salvezza del pianeta. Spesso pensiamo all’Amazzonia come meta turistica, un paradiso naturale dove osservare alberi, fiumi e animali. Purtroppo, tutto questo rischia di non esistere più a causa delle continue aggressioni all’ambiente che avvengono per l’appropriazione delle materie prime che troviamo nei prodotti che utilizziamo ogni giorno. La soia, ad esempio, è una delle cause di deforestazione più importante: questo perché i latifondisti brasiliani disboscano i territori per creare coltivazioni che fungano da mangime per gli animali degli allevamenti intensivi. Secondo l’Agenzia di ricerca spaziale del Brasile Inpe, nei primi sei mesi del 2022 ben 3.988 chilometri quadrati di foresta sono andati distrutti, oltre a tre volte la superficie di Roma, il valore più alto mai registrato dal 2016. Con questo dato, il 2022 segna il quarto anno consecutivo con record di deforestazione nel periodo e con un incremento del 5% rispetto ai primi sei mesi del 2021.
Signor Karipuna, la vostra foresta è il polmone verde del mondo e sta sparendo. C’è qualche paese che vi sta aiutando?
«Sì, purtroppo la foresta sta scomparendo. Questo è dovuto a due importanti eventi: il cambiamento climatico che sta modificando i territori in modo repentino, tanto che abbiamo un caldo più intenso, i fiumi sono secchi e sta cambiando anche la fauna. Ci sono specie di animali che prima non avevamo e che, spesso, non sappiamo come gestire. Il secondo riguarda l’utilizzo della foresta per le materie prime e modifica l’habitat in cui siamo sempre stati abituati a vivere. L’Unione europea ci sta aiutando molto attraverso l’attuazione di una normativa che prevede la restrizione di prodotti creati con il deturpamento del territorio e dell’ecosistema».
Il governo brasiliano di Bolsonaro vi ostacola nella battaglia?
«Sì, ci sta ostacolando. La disuguaglianza razziale e ambientale che esiste in Amazzonia e che colpisce i popoli indigeni è frutto delle politiche di governo che stanno favorendo questa iniquità. Noi Karipuna stiamo proteggendo 153mila ettari di foresta amazzonica che serve e servirà all’intera popolazione del Brasile e del mondo. Il governo sta avendo comportamenti anti-ambientali attraverso l’istituzione di due decreti che favoriscono la deforestazione e l’invasione da parte di proprietari terrieri privati e governativi».
Lei, e il suo popolo, siete mai stati minacciati di morte per la vostra battaglia in difesa dell’Amazzonia?
«Siamo continuamente minacciati di morte, ci sono almeno due assassini a settimana di membri della popolazione. Recentemente la foresta ha subito un altro attacco da parte di invasori, taglialegna illegali, garimpeiros e numerosi incendi sono stati appiccati. La distruzione della nostra foresta prosegue senza sosta, molte specie di animali, uccelli e pesci, stanno scomparendo a causa di questa distruzione. Nel territorio Karipuna ci sono popolazioni indigene isolate che stanno correndo il rischio di essere sterminate. Di fronte a questi disastri, chiediamo attenzione e un sostegno economico per riuscire a proteggere ciò che ancora rimane della biodiversità dei nostri territori. Il mio motto, anzi quello della popolazione, è resistere per esistere. Quanti ancora di noi dovranno morire a causa della deforestazione e delle continue invasioni?».
Conosce i leader politici italiani? C’è qualcuno tra questi che ha contrastato la sua battaglia in fatto di politiche ambientali?
«A maggio ho avuto l’occasione di essere invitato a Palazzo Vecchio al Comune di Firenze ed è lì che ho chiesto una mobilitazione internazionale e un sostegno da parte di tutti per fermare la deforestazione. Nelle sale del Comune ho incontrato il Consiglio comunale che appoggia direttamente la nostra lotta e inoltre l’ambasciata italiana in Brasile sta facendo molto per contrastare questa situazione. Non conosco i leader politici al governo attualmente ma a livello regionale posso dire che non ci stanno ostacolando ma che, anzi, ci stanno fornendo un grande aiuto con sostegni economici».
Come e quando è iniziato il suo impegno per i diritti del suo popolo?
«Molti anni fa la popolazione dei Karipuna era molto numerosa, ci aggiravamo intorno ai quattromila membri. Poi, a causa di alcune malattie e delle continue aggressioni da parte di coloro che volevano prendersi le risorse del nostro territorio, siamo piano piano scomparsi. Siamo stati deportati in altri luoghi, massacrati. Insomma tutta la nostra storia è incentrata su violenze e minacce. Ad oggi si contano pochissimi nativi siamo rimasti circa una sessantina. Non potevo più accettare tutto questo per cui dal 2018 giro il mondo partecipando ad eventi internazionali e cerco di portare attenzione su temi a me così cari. È importante che tutto il mondo sia a conoscenza di questa situazione»
Lei gira il mondo per raccontare la sua storia. Quale è il messaggio che vuole trasmettere?
«Voglio far capire l’importanza di noi indigeni nel ruolo di protettori della natura: noi non degradiamo il territorio, non uccidiamo animali che potrebbero ancora vivere e dare alla luce altri animali o che sono indispensabili per la nostra vita e per l’ecosistema. Scegliamo con cura quali cacciare, scegliamo quali frutti e piante utilizzare e quali verdure coltivare perché le risorse che la nostra madre terra ci dà sono preziose e purtroppo limitate. Vorrei che gli invasori, i proprietari terrieri privati e di governo imparassero da noi a rispettare la natura invece di aggredirci e di distruggere le nostre case, i nostri territori e le nostre famiglie. Voglio ripetere ancora una volta il motto della nostra popolazione: “resistere per esistere” perché non c’è esistenza senza resistenza».
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