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Germania condannata

«Costretto a seppellire i cadaveri»: risarcito l’ex militare di Vinci deportato

di Pietro Barghigiani
«Costretto a seppellire i cadaveri»: risarcito l’ex militare di Vinci deportato

Duecentomila euro ai figli del soldato ridotto in schiavitù dai nazisti

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VINCI. Deportato in Germania e ridotto in schiavitù per due anni, costretto a seppellire i cadaveri e a vivere in condizioni disumane.

È la sorte toccata a un soldato, originario di Vinci, preso senza possibilità di ribellarsi nel settembre del 1943, dopo la firma dell’armistizio con gli Alleati che trasformò agli occhi dei tedeschi gli italiani in traditori, e costretto ai lavori forzati.

Tornato a casa dopo la fine della guerra, il soldato-prigioniero morì nel 2017.

I tre figli, assistiti dall’avvocato Diego Cremona, hanno intentato una causa per risarcimento danni alla Repubblica Federale Tedesca ottenendo dal Tribunale (giudice Massimo Maione Mannamo) circa 200mila euro di danni, comprese le spese legali.

Il militare si era arruolato nel febbraio del 1942 e richiamato alle armi l’11 febbraio del 1943 per essere assegnato al VI Reggimento antiaerei di Bologna. Il 19 settembre del 1943 era stato catturato dalle truppe tedesche e deportato a Fallingbostel, cittadina della Bassa Sassonia, dove era di stanza l’XI distretto militare del Terzo Reich. E per due anni tenuto prigioniero e ridotto in schiavitù fino alla sua liberazione avvenuta nei primi giorni del settembre 1945.

«Durante la prigionia, era stato costretto a faticosi, usuranti lavori forzati, svolti in condizioni degradanti, quali l’oscuramento delle finestre della città, il seppellimento di cadaveri, lo scavo di fosse per i prigionieri», è stata la premessa dell’azione legale da parte dei tre eredi. Il tutto sotto incessanti bombardamenti.

La documentazione prodotta in aula ha accertato il puntuale calvario cui venne sottoposto il soldato italiano. Ci sono i fogli matricolati, quelli di rimpatrio, la licenza del comando del distretto militare di Pistoia che conferma la data della sua cattura, il campo di internamento (“XI/B”, corrispondente allo “Stammlager XI/B” di Fallingbostel), il luogo della cattura (Bologna), il suo avviamento al luogo di residenza (Vinci). C’è poi “l’Elenco dei reduci-Imi dalla Anno 1945/ Provincia di Firenze” redatto a cura della Croce Rossa Italiana e anche una cartolina postale di risposta del prigioniero inviata dal fratello presso lo “Stammlager XI/B” indicante anche il subnumero di matricola (Gefangenennummer 161 756).

«Trattasi, nel caso in questione, di deportazione e riduzione in schiavitù rientranti tra i crimini di guerra e contro l’umanità, e come tali integranti illecito doloso, le cui conseguenze devono essere risarcite ai sensi dell’articolo 2043 codice civile compiuti dai militari tedeschi», si legge nella sentenza.

I tre figli hanno diritto al risarcimento iure hereditatis del danno non patrimoniale subìto dal padre «consistito nelle sofferenze fisiche ma soprattutto psicologiche derivanti dalla sua cattura e dalla sua deportazione e dalla costante e perdurante sottomissione a lavori forzati eseguiti in condizioni disumane e degradanti». l


 

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