«Basta amianto tra le case», comitato guida la rivolta a Sovigliana
Già una sessantina le adesioni, nel mirino le coperture dei capannoni. Il sindaco di Vinci: «Potenziale pericolo». L’azienda: «Lavori molto complicati»
VINCI. Nella tranquilla Sovigliana c’è un quartiere che si sta ribellando contro un’azienda, accusata dai residenti di non rimuovere il cemento amianto che ricopre i due capannoni, uno utilizzato come deposito e un altro come scatolifico. Siamo in via Galilei, in una zona residenziale dove è situato lo Scatolificio Leonardo, un’azienda con quarant’anni di attività alle spalle.
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Per segnalare il problema amianto si è anche costituito un comitato “No Amianto”, che ha già raccolto una sessantina di adesioni fra i residenti di via Galilei e la dirimpettaia via Marconi. Un quartiere, insomma, che protesta e che si è raccolto in questo comitato ufficialmente nei giorni scorsi. E a spiegarne le motivazioni c’è Brunello Marini, segretario del comitato: «Noi non vogliamo puntare il dito contro qualcuno, però ci sembra giusto avvertire le istituzioni che fra le case – non lontano da un asilo – ci sono due capannoni fatiscenti ricoperti di eternit e che sono almeno dieci anni che lo segnaliamo. Vogliamo che le autorità preposte ci dicano se ci sono problemi reali; nel caso in cui ci fossero la proprietà dovrebbe provvedere a sistemare il tutto, bonificando o sostituendo le coperture. Se poi non lo facesse non escludiamo l’ipotesi di fare un esposto alla procura della repubblica».
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Marini – mentre parla – sfoglia i tanti moduli d’adesione raccolti, arrivati quasi a sessanta. Ma c’è anche un’altra paura da parte del comitato: «A parte il rischio amianto di per sé, che è subdolo perché colpisce anche molti anni dopo, va considerato tutto il cartone presente nel magazzino: basterebbe una scintilla per far divampare un incendio che andrebbe ad interessare le coperture, con conseguenze spiacevoli per tutti, anche per chi ci lavora».
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Queste sono le ragioni del comitato, tuttavia respinte da una delle proprietarie dello scatolificio, Mila Alfaroli: «E’ vero che le coperture sono vecchie ma quando abbiamo fatto analizzare l’aria non c’era dispersione di fibre. Noi saremmo anche disposti a sostituire le coperture oppure a bonificarle, però non abbiamo proprio lo spazio fisico per farlo, perché dietro al capannone–magazzino ci sono altre strutture private, che ci impediscono di montare un ponte o una impalcatura per fare i lavori, che sia bonifica o rimozione con sostituzione. Non è un problema di risorse. In alternativa vorremmo vendere il terreno e andare in un’altra zona ma non è così facile: ci stiamo provando da anni, ma non dipende tutto da noi». Questa azienda è nata nel lontano 1963 grazie al fondatore Mauro Alfaroli ed è stato di seguito rilevata nel 1998 dalle figlie Mila, Maura e Simona.
Nello scomodo ruolo di mediatore c’è il sindaco di Vinci Giuseppe Torchia: «L’interesse del comitato coincide con quello della nostra amministrazione, che ha cuore il problema della salute pubblica. Qui è evidente che c’è una situazione di degrado e di potenziale pericolo e per questo è giusto stare con gli occhi aperti. D’altronde questo è un problema che colpisce non solo Vinci ma tantissimi Comuni, soprattutto nelle zone industriali. Qui la situazione è più particolare perché i capannoni si trovano fra le case e per questo i residenti stanno protestando». La situazione, pertanto, è abbastanza delineata: da un lato, parte della popolazione locale punta il dito contro questi capannoni; dall’altro l’azienda respinge le accuse e rilancia, dicendosi disposta a mettere mano agli immobili, se gli venisse concesso. Sullo sfondo, ma nemmeno tanto, il sindaco, che ha concesso al comitato – con cui concorda – alcune stanze presso la sede distaccata del Comune di Vinci a Sovigliana.