Ineos chiude 90 stabilimenti: preoccupazione a Rosignano – La crisi della multinazionale fa paura a 600 lavoratori toscani
Cgil e Filctem rilanciano l’allarme dopo l’incontro in Regione: il settore chimico in caduta libera, servono scelte subito
ROSIGNANO. Scorrendo l’elenco degli stabilimenti chiusi, in via di chiusura, ma soprattutto di quelli che chiuderanno (nel 2026 e nel 2027) non si trovano quelli che Ineos ha a Rosignano.
Il sospiro di sollievo duri però solo un attimo. Non c’ è affatto da dormire sonni tranquilli anche perché l’elenco conta 90 aziende, di cui una quindicina in Italia, e a renderlo pubblico è stato lo stesso fondatore e ceo del gruppo britannico Jim Ratcliff. Già alcune settimane fa aveva lanciato l’allarme sulla condizione dell’industria chimica in Europa. Ed i segnali, oggi, non sono affatto buoni per nessuno (neppure per chi non è nella lista) come dimostra l’apertura del tavolo di crisi in Regione Toscana richiesto a gran voce già da alcune settimane, quando il ceo, fece capire con una prima presa di posizione pubblica che gli impianti chimici europei non sono più in grado di sostenere la concorrenza con Cina e Stati Uniti. Ratcliffe, come riporta il quotidiano online specializzato Polimerica, sostiene che «la sostituzione degli impianti richiederebbe investimenti per circa un miliardo di euro ciascuno» e che «non rimarrà molto dell’industria chimica in Europa, a meno che la politica non si faccia carico del problema in tempi rapidi».
Ratcliff nella sua ultima recente presa di posizione evidenzia come «stiamo assistendo a un afflusso massiccio di prodotti cinesi nel mercato europeo per due motivi: in primo luogo, le politiche di Trump hanno escluso questi prodotti dal mercato statunitense, deviandoli verso l’Europa; in secondo luogo, la Cina ha sovradimensionato la propria capacità produttiva. Nessuna azienda cinese sta realizzando profitti, e tutto questo surplus sta finendo in Europa a prezzi da dumping».
Una situazione che sta preoccupando i lavoratori e i sindacati livornesi. «La cosiddetta “Ratcliffe list”, pubblicata il 19 dicembre, il giorno successivo all'incontro della Filctem-Cgil in Regione Toscana convocato proprio per affrontare la crisi del settore chimico, rappresenta una conferma puntuale e preoccupante delle analisi che sosteniamo da tempo», dice Stefano Santini, segretario della Filctem Cgil di Livorno.
«Le chiusure effettuate e annunciate – aggiunge il sindacalista della Filctem – prevede una perdita di capacità produttiva stimata in circa 25 milioni di tonnellate. Le dichiarazioni del fondatore e ceo di Ineos, Jim Ratcliffe, che parla apertamente di “crollo dell’industria chimica europea”, non descrivono uno scenario futuro ma una crisi già in atto, con effetti devastanti sull’occupazione, sulla tenuta industriale e sull’autonomia produttiva del nostro Paese e dell’Europa».
Il territorio di Rosignano è coinvolto: Ineos e Inovyn Ineos a Rosignano conta circa 400 l lavoratori diretti e oltre 600 complessivi considerando l’indotto. «Un patrimonio produttivo costruito in decenni viene progressivamente smantellato senza una strategia credibile di difesa e rilancio dei settori strategici. In questo contesto, l’attuale governo italiano appare del tutto inadeguato. Un governo sdraiato sulle posizioni americane, incapace di contrastare i dazi e le distorsioni del commercio internazionale, e la cui afonia nel contesto europeo sul tema del contrasto ai dazi americani è motivo di forte preoccupazione. Mentre altri Paesi difendono con decisione le proprie industrie strategiche, l’Italia resta silente e subalterna, lasciando lavoratori e territori esposti a chiusure e dumping».
Sull’aumento delle accise sul gasolio, interviene con Santini anche Gianfranco Francese (segretario generale Cgil Livorno): «Invece di mettere in campo una strategia per affrontare il costo dell’energia che grava pesantemente sui costi produttivi delle imprese, la decisione del Governo Meloni di aumentare le accise sul gasolio è una scelta che sgomenta. Colpisce direttamente la logistica e l’industria manifatturiera, come se le materie prime e i prodotti finiti non viaggiassero su gomma ma con mongolfiere ad elio. È un provvedimento che dimostra una totale distanza dalla realtà concreta dei processi produttivi e che rischia di aggravare ulteriormente la crisi industriale».
La concorrenza sleale, l’esplosione dei costi energetici e l’assenza di strumenti efficaci di protezione commerciale stanno mettendo in ginocchio un comparto che vale oltre un trilione di euro ed è essenziale per la difesa, la sanità, l’alimentazione e l’industria manifatturiera. Infine, continuano Francese e Santini, «non ci risulta che il ceo e fondatore di Ineos sia iscritto alla Cgil; eppure le preoccupazioni che oggi esprime sono le stesse che il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, denuncia da tempo: senza una svolta immediata nelle politiche industriali e commerciali, l’Italia e l’Europa rischiano una desertificazione produttiva irreversibile».
