Addio a D’Ambrogio: padre della Targa, re della Tavolozza e coiffeur delle dive
Cecina: fu anche pioniere della staffetta-gemellaggio con Sagunto. Il funerale il 7 gennaio alla chiesa di San Francesco
CECINA. Un quartiere in lutto, il Palazzaccio, insieme all’intera città, piange la scomparsa di Mauro D’Ambrogio, anima della Targa Cecina e organizzatore degli eventi danzanti a La Tavolozza di Marina e al Parco dei Pini.
Nato a Riparbella il 18 giugno 1945, si era trasferito a Cecina da ragazzino. L’amore per il quartiere del Palazzaccio sbocciò immediatamente, e con esso la passione viscerale per la Targa. La manifestazione seppe infatti conquistare prima gli occhi e poi il cuore del giovane Mauro, che si legò all’iniziativa anima e cuore.
Frequentatore assiduo del bar Gaggini insieme ai tanti amici, in gioventù lavorò come barbiere prima e come parrucchiere per signora poi. E fu la seconda attività a dargli le prime occasioni nel mondo del cinema, dove negli anni seppe affermarsi come acconciatore per le produzioni di tante commedie all’italiana per poi approdare anche alle produzioni televisive, curando i look delle dive: da Edvige Fenech a Vittoria Belvedere.
In seguito lavorò anche allo zuccherificio e pomodorificio, per poi rimanere sempre accanto al figlio Gianni (fino alla prematura dipartita a 42 anni) nella tabaccheria di famiglia, che oggi rimane gestita dalla nuora.
Il suo nome rimarrà per sempre legato alla Targa Cecina, che contribuì a rifondare negli anni Ottanta e alla quale dedicò gran parte della propria vita apportando idee innovative. Tanto da conquistare il titolo di socio a vita.
«È stato un profondo conoscitore dell'associazione fin da giovanissimo, prima ancora della sospensione negli anni Sessanta», dice di lui il presidente Alessandro Regoli, che aggiunge: «Insieme agli altri soci garantì economicamente la costruzione dei capannoni e fu una delle voci più autorevoli nella stesura dello statuto associativo ai tempi del sindaco Cioni e dell’assessore Neri alla cultura».
L’altra grande passione di Mauro D’Ambrogio era il ballo; per sé, da praticare, e da organizzare per gli altri. Suo era infatti il volto sempre sorridente dietro alla gestione de La Tavolozza e al Parco dei Pini.
«Quando penso a mio padre penso al ballo. E alla cordialità nei confronti di tutti: se non trovava qualcuno con cui parlare non era mai sereno», ricorda il figlio Gianluca. «Tra le tante cose che ha fatto in vita sua, mi piace sottolineare il ruolo che ebbe nel gemellaggio con la città di Sagunto: fu tra i primi ad andare con la staffetta, e ancora manteneva rapporti con gli Amici della città», ricorda ancora.
Quanto alla Targa invece... «Da piccoli partecipavamo. Ma negli anni la sua passione era cresciuta talmente da “spingere” la famiglia lontano dalla manifestazione. Eravamo diventati – conclude il figlio – dei satelliti che gravitavano intorno a lui. Ma eravamo contenti».
D’Ambrogio era stato operato lo scorso settembre, ma non si era mai ripreso completamente dall’intervento. Il declino, negli ultimi mesi, è stato rapido, fino alla morte sopraggiunta all’età di 76 anni. Troppo in fretta.
Lascia la moglie Simonetta Barontini, il figlio Gianluca e le nuore, e i sei adorati nipotini.
La salma rimane alla camera mortuaria dell’ospedale fino alle 15 di oggi. Alle 15,15 il corteo funebre accompagnerà il feretro alla chiesa di San Francesco, nel suo Palazzaccio. Dopo il funerale, Mauro D’Ambrogio verrà infine tumulato al cimitero comunale.
Matteo Scardigli
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