Il Tirreno

Versilia

La tragedia

Trovato senza vita lungo la ferrovia a Viareggio: «La morte di mio fratello legata al mondo della droga»

di Gabriele Buffoni
Davide Viola, al centro, circondato dai fratelli (Giuseppe, che ha fornito la foto, è il primo a sinistra); le indagini lungo i binari
Davide Viola, al centro, circondato dai fratelli (Giuseppe, che ha fornito la foto, è il primo a sinistra); le indagini lungo i binari

Parla Giuseppe Viola dopo il ritrovamento sui binari del corpo di Davide: «Mercoledì ha ricevuto una chiamata, era un po’ agitato ed è fuggito via...»

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VIAREGGIO. Di dubbi ne ha pochi. La morte di suo fratello Davide Viola, a soli 43 anni, trovato senza vita domenica mattina (26 ottobre) di fianco ai binari a un centinaio di metri dalla stazione di Viareggio «non riesco a non pensare che sia legata al mondo della droga, e alla gentaglia che lo popola e con cui aveva a che fare». A parlare è Giuseppe, il maggiore dei sei fratelli (cinque maschi e una femmina) che componevano la famiglia Viola, conosciuta a Viareggio anche per l’impresa del padre (attiva nell’indotto della nautica) in cui lavorava proprio lo stesso Davide.

Affranto dal dolore, come il resto della famiglia, Giuseppe – contattato dal Tirreno – trova il coraggio di parlare proprio perché «Davide ormai non c’è più. Ma a Viareggio c’è un mondo, quello dello spaccio, su cui bisogna fare luce per salvare altri ragazzi che come Davide ci sono invischiati. Oggi è toccato alla nostra famiglia ritrovarsi a piangere un figlio, domani potrebbe capitare ad altri».

Signor Viola, partiamo dal ritrovamento del cadavere di suo fratello. Le cause della sua morte restano per ora un mistero: lei e la sua famiglia che idea vi siete fatti?

«Escludiamo tutti, nella maniera più assoluta, che si possa essere trattato di un suicidio. Anche la polizia so che non avvalora questa ipotesi, si indaga su altro, e ne sono sollevato: mio fratello non si sarebbe mai tolto la vita, anche se purtroppo era finito nel tunnel della droga e aveva un passato un po’ difficile. Era un ragazzo buono, ma si faceva trasportare. Sono sicuro che qualcosa è andato diversamente e spero a giorni, dopo l’autopsia, di averne la conferma: la polizia ci ha garantito che sta facendo tutto il possibile per scoprire cosa è accaduto e abbiamo piena fiducia nel lavoro delle forze dell’ordine».

La polizia sta valutando anche l’ipotesi che si sia trattato di un investimento con un treno. Questo scenario la convince?

«Non lo so. Potrebbe anche darsi, la verità spero emergerà dall’autopsia e dalle indagini che stanno andando avanti. Mio fratello potrebbe aver preso qualcosa ed essersi sentito male, essere caduto e aver sbattuto la testa, o davvero essere stato colpito da un treno in corsa. Ma Davide purtroppo frequentava anche gentaglia, spacciatori con pochi scrupoli. Non me la sento di escludere che possa aver avuto uno screzio con qualcuno e che l’abbiano ucciso».

Da quanto tempo avevate perso i contatti con lui?

«Questo è uno degli elementi che più mi fa pensare, tanto che l’abbiamo riferito anche ai poliziotti. Mercoledì Davide era al lavoro da nostro padre, che l’aveva preso in ditta proprio per dargli un impiego e tenerlo vicino a sé. Mentre era lì ha ricevuto una telefonata, l’hanno sentito un po’ urlare, era agitato. E subito dopo è scappato dal lavoro e non si è fatto più vedere. Mio padre ha anche provato a chiamarlo, a lasciargli dei messaggi, ma senza mai ottenere risposta. Per questo siamo sicuri che deve essere successo qualcosa tra mercoledì sera e venerdì sera, visto che quando è stato trovato era morto da almeno 48 ore».

Avevate avvertito la polizia prima del ritrovamento?

«No, a volte in passato mio padre ha chiamato le forze dell’ordine quando spariva ma purtroppo gli agenti hanno le mani legate e non potevano fare molto. Voglio essere chiaro, non ce l’ho con i poliziotti. Il problema è la gente, dobbiamo essere noi cittadini a tenere alta l’attenzione su questi problemi e fare di più perché, ripeto, oggi è capitato a noi ma domani potrebbe capitare a chiunque. Non vogliamo giustizia solo per Davide, la storia di mio fratello non deve cadere nel dimenticatoio».

Da quanto tempo suo fratello era finito nel tunnel della droga?

«Erano cinque o sei anni ormai. Ma in tutto questo tempo sia io che tutta la mia famiglia abbiamo sempre cercato di salvarlo da quel mondo, di recuperarlo, di farlo tornare in carreggiata. Mio padre ha 75 anni e se capitava che, di notte, qualcuno vedeva Davide in giro per la città o in qualche bar lo chiamava e lui lo andava a prendere per riportarlo a casa. Lo aveva preso a lavorare nella sua ditta, e il lavoro negli ultimi tempi lo stava davvero salvando in qualche modo: era un operaio specializzato in rivestimenti di locali tecnici per le navi, Davide era bravissimo e amava il lavoro che faceva. Quando era lì non ce n’era per nessuno. Poi però quella bolla finiva e c’era tutto il resto. Un mondo marcio che, ne sono sicuro, è stata la vera causa della sua morte».

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