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Cos’è oggi il Carnevale di Viareggio? Adolfo Lippi: «È un’azienda e se non lo si capisce lo sviliamo. Però...»

A destra Adolfo Lippi e Gionata Francesconi
A destra Adolfo Lippi e Gionata Francesconi

A riaprire l’eterno dibattito sulla natura della manifestazione è lo scrittore, giornalista e regista ed consigliere d’indirizzo della Fondazione Carnevale

31 gennaio 2024
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VIAREGGIO. Cos’è diventato, oggi, il Carnevale di Viareggio? È ancora una festa popolare che porta avanti le proprie tradizioni da oltre un secolo e mezzo, oppure un’azienda a tutti gli effetti? Probabilmente sono valide entrambe le risposte. E probabilmente è possibile trovare il giusto compromesso salvaguardando le nostre radici senza rinunciare, al tempo stesso, all’indotto da milioni di euro che regala all’economia cittadina una bombola d’ossigeno nel crudo dell’inverno. A riaprire l’eterno dibattito sulla natura del nostro Carnevale è Adolfo Lippi, scrittore, giornalista e regista, già consigliere d’indirizzo della Fondazione Carnevale sotto l’attuale presidenza di Marialina Marcucci e firma del Tirreno. Anzi, lui lo mette subito in chiaro: «Il Carnevale è la più grande industria invernale che Viareggio ha, perché lo spettacolo dei corsi mascherati riempie gli alberghi, riempie i ristoranti, riempie la città» esordisce Lippi, e non potremmo certo dissentire. E il Carnevale come rimedio alla noia e alle casse asfittiche dell’inverno d’una città balneare nasce negli anni Venti, con il definitivo trasferimento delle sfilate sui viali a mare, i primi cartelli-réclame, le prime attenzioni di carta stampata e cinegiornali dell’Istituto Luce.

«Il Carnevale ormai da anni va in tv in Italia e nel mondo – prosegue Lippi – è la manifestazione che Viareggio organizza e che la proietta nel mondo: da brava manager quale è, la presidente Marcucci l’ha capito, il Carnevale ormai è diventato un’azienda e se non lo si capisce lo sviliamo».

Al tempo stesso, ammonisce Lippi, «si è perso lo spirito satirico d’un tempo: oggi i carri sono strutturalmente interessanti, magari anche in misura maggiore rispetto al passato, però manca un certo sapore». Manca l’invettiva, lo sberleffo nei confronti del potente che ha dei connotati ben precisi. Manca la satira politica che, a partire dal 1960 con “Carnevale al vertice” di Silvano Avanzini, ha regalato a Viareggio le copertine dei giornali di mezzo mondo e, nell'era dei social, decine di migliaia di visualizzazioni. E Lippi stesso, nel film "Carnevale di Viareggio. L'eterno effimero" di Andrea Genovali e Gualtiero Lami, lo dichiara apertamente: «I carri di oggi sono didattici, nel senso che vogliono insegnare alle persone ad esser buone. Ma il Carnevale fin dall'antichità nasce come feroce contrasto al potere, tant'è che venivano letteralmente rovesciate le gerarchie sociali e il servo dava ordini al padrone, seppur per un periodo molto limitato. E anzi, la satira ha il ruolo fondamentale di insegnare al potere a non diventare assoluto».

Gionata Francesconi, che di carri ne ha costruiti tanti fino al 2014, prova a dare e a darsi una spiegazione: «La vita s'è indubbiamente appiattitama è altrettanto vero che i politici di oggi sono diventati più satirici con le loro gaffe e il loro atteggiamento».
 

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