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Versilia

Strage: «La notte infinita che ci ha cambiato tutti»

Strage: «La notte infinita che ci ha cambiato tutti»

Nicolini, direttore del 118: la prima telefonata, i feriti, i morti «Impegno tremendo, solo dopo giorni abbiamo realizzato»

29 giugno 2022
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VIAREGGIO. La prima chiamata arrivò alle 23,50 di 13 anni fa esatti. All’operatore del 118 che aveva risposto, gli addetti della Croce Verde spiegavano: «Abbiamo sentito un forte rumore di ferraglia provenire dalla ferrovia, c’è una tremenda puzza di gas». Le fiamme che si sarebbero portate via 32 persone non erano ancora divampate.

Poco dopo, l’esplosione. Dalla centrale 118 chiamano il direttore Andrea Nicolini. «Mi dicono che è capitato qualcosa alla stazione e che probabilmente ci sono feriti. Io rispondo solo: sto arrivando». Da quel momento Nicolini, la sua squadra e un intero sistema di soccorso, ma sarebbe meglio dire un esercito civile di donne e uomini, non si fermano più. Ci sono oltre 40 feriti gravissimi che nel giro di un’ora e dieci arrivano all’ospedale Versilia. Ci sono i primi morti, tra cui dei bambini.

«Tante cose mi hanno segnato in quei giorni – dice Nicolini, all’epoca direttore del 118 Versilia e oggi responsabile del nuovo sistema di soccorso 112 per le province di Lucca e Massa – La prima emozione che ricordo è lo sgomento. Poi l’assistenza data a un bambino, una delle vittime più piccole. Rivedo ancora gli occhi sbalorditi della pediatra. Si doveva fare ciò che si poteva».

Nulla mai avrebbe potuto essere come prima. «Puoi essere un professionista preparato, serio e scrupoloso – spiega il medico – Puoi aver fatto corsi di formazione e aver studiato i dettagli di una maxi-emergenza. Ma le cose non vanno mai come previsto. E non sono mai come le hai studiate. Devi avere dei punti fermi e avere capacità di adattarti alle situazioni. Però nessuno può essere pronto a un evento come la strage, soprattutto quando ti succede in casa».

Per Nicolini, come per tanti altri colleghi viareggini e versiliesi, non c’era solo da portare avanti bene un lavoro. Lui, come tutti i professionisti in quel momento impegnati in prima linea, stava lavorando per soccorrere vicini, conoscenti, amici. «Quando l’intero sistema di soccorso è partito – ricorda Nicolini – non c’era davvero il tempo di fermarsi a pensare a cosa stava succedendo. Quella notte sono arrivato in ospedale e ho fatto tappa inizialmente in pronto soccorso: era già tutto organizzato per ricevere i feriti. Si era messa in moto una macchina che non era mai esistita prima. Un sistema organizzativo che ha gestito decine di feriti gravissimi nel giro di poco più di un’ora». Una delle immagini simbolo della strage è il personale sanitario che arriva in ospedale spontaneamente per dare una mano a chi era di turno. Medici, infermieri, tutti. «Alcuni erano stati chiamati, altri sono arrivati di loro volontà – concorda Nicolini – Erano talmente tanti che abbiamo dovuto rimandarne a casa qualcuno. Perché il giorno dopo c’era da dare il cambio a chi era in quel momento a lavorare».

Il giorno dopo, in realtà, non è più esistito. Almeno fino al funerale di Stato, il 7 luglio allo stadio dei Pini. «Dal punto di vista operativo, i trasferimenti dei pazienti che erano in carico al 118 si sono chiusi alle 17 del 30 giugno – spiega Nicolini – Ma poi c’è stato tutto il resto, con gli impegni del Centro operativo comunale, l’assistenza alle persone evacuate, l’esposizione delle salme al palazzetto dello sport, i funerali solenni. È stato un impegno emotivo tremendo». Così tremendo che, quando è arrivato il primo momento di stallo dopo giorni di lavoro senza sosta, «abbiamo cominciato a sentire degli scricchiolii dentro di noi. Anche io, per tradizione tranquillo, ho avuto le mie “sbroccate” come tutti i colleghi. Ci hanno aiutato le riunioni continue tra di noi, anche per sfogarci. E qualcuno ha avuto il supporto psicologico che all’epoca era una novità e oggi sta diventando una corretta abitudine. Lo abbiamo visto anche durante la pandemia quanto sia importante un aiuto del genere». Quella notte ha cambiato tutto e anche un sistema di gestione delle maxi-emergenze. «A livello regionale abbiamo rivisto il nostro sistema di formazione per le grandi emergenze. Siamo partiti proprio dalla strage di Viareggio: un evento epocale, come la Costa concordia. E un esempio di come si reagisce quando accade qualcosa di inimmaginabile».l

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