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La strage di Viareggio

Strage di Viareggio, la ricostruzione della Procura al processso: «Catena di responsabilità, disastro evitabile»

Donatella Francesconi
Strage di Viareggio, la ricostruzione della Procura al processso: «Catena di responsabilità, disastro evitabile»

Il pm Salvatore Giannino nell'appello-bis ricostruisce l'incidente del 29 giugno 2009 in cui persero la vita 32 persone: «Ignorate tutte le regole di sicurezza». Le richieste di pena ricalcolate come disposto dalla sentenza di Cassazione

29 aprile 2022
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VIAREGGIO. No a concedere attenuanti generiche nel ridefinire le pene per i 16 imputati (di Ferrovie e della sue imprese, oltre che di Gatx, Jungenthal e Cima riparazioni) che la Cassazione ha rinviato a un processo di Appello-bis nell’ambito del disastro ferroviario di Viareggio, 32 morti il 29 giugno 2009 in seguito al deragliamento – tra le case – di un treno carico di Gpl. È la richiesta della Procura generale di Firenze, rappresentata dai pm Sergio Affronte e Salvatore Giannino (associato dalla Procura di Lucca per la quale ha indagato sullo stesso disastro ferroviario). Relativa al ricalcolo delle pene, essendo venuta meno l’aggravante dell’infortunio sul lavoro per decisione della sentenza di Cassazione. Una scelta che ha determinato la prescrizione per il reato di omicidio colposo plurimo, lasciando in piedi il solo reato di disastro ferroviario. Ecco, dunque, le richieste di condanne avanzate ieri dall’accusa.

Rainer Kogelheide, 8 anni e 2 mesi (erano 8 anni e 8 mesi); Peter Linowski,8 anni e 2 mesi (erano 8 anni e 8 mesi); Johannes Mansbart, 7 anni e 4 mesi (invece di 8 anni); Joachin Lehmann, 6 anni e 9 mesi (invece di 7 anni e 3 mesi); Mauro Moretti, 6 anni e 9 mesi (erano 7 anni); Helmut Brödel, 6 anni e 6 mesi (invece di 6 anni e 10 mesi); Mario Castaldo, 5 anni e 8 mesi (erano 6 anni e 10 mesi); Uwe Kriebel, 6 anni e 6 mesi (invece di 6 anni e 10 mesi); Andreas Schroter, 6 anni e 6 mesi (erano 6 anni e 10 mesi); Michele Mario Elia, 5 anni e 9 mesi (invece di 6 anni); Roman Mayer, 7 anni e 4 mesi (erano 6 anni); Vincenzo Soprano,5 anni e 6 mesi (erano 6 anni); Francesco Favo, 3 anni e 9 mesi (invece di 4 anni); Daniele Gobbi Frattini, 3 anni e 6 mesi (erano 4 anni); Emilio Maestrini, 3 anni e 8 mesi (erano 4 anni); Paolo Pizzadini, 3 anni e 6 mesi (invece di 4 anni).

Al di là dei numeri – che sono lo spartiacque, comunque, tra rischiare il carcere o no – da brividi, nonostante il tempo passato, è stata la sintesi delle responsabilità di un intero sistema che il pm Salvatore Giannino è tornato a portare all’attenzione dei giudici (prima sezionale penale della Corte d’Appello di Firenze, presidente Angelo Grieco, con i colleghi Roberto Tredici e Matteo Zanobini). «Se a Trenitalia non fosse stato consentito di circolare in assenza totale di controlli, quell’assile (che poi ha ceduto, dando origine al deragliamento, ndr) non sarebbe stato montato», sono le parole di Giannino. Certo, già ascoltate in 11 anni di iter giudiziario. Ma sentirle di nuovo – una dietro l’altra tutte insieme – con le responsabilità oggi sancite dalla sentenza di Cassazione, è agghiacciante. «E se Trenitalia avesse richiesto la documentazione relativa ai piani di manutenzione del materiale rotabile impiegato (e affittato dall’estero all’epoca, ndr) non avrebbe mai, mai, mai potuto mettere in circolazione il treno» che è deragliato a Viareggio. Le regole da seguire erano definite, chiare e abbondanti. Così come era chiaro l’allarme sugli assili tedeschi che circolavano corrosi dalla ruggine provocando incidenti in tutta Europa. L’Eba (Agenzia tedesca per la sicurezza ferroviaria), ha ricordato Giannino, aveva indicato quali misure da prendere: «La riduzione della velocità dei convogli o il blocco della circolazione dei carri merci mancanti di controllo. Rfi avrebbe dovuto porre attenzione sugli ultimi due aspetti». In un quadro in cui contano ben altri numeri che Giannino così riassume: «Dal 2001 al 2009 si erano verificati 150 svii di treni merci. E un quinto del traffico complessivo ferroviario, quello dei treni merci, generava l’80% dei deragliamenti». Senza dimenticare che – a carri Gatx controllati – «emerse che il 30% non era conforme, ed erano tutti in uso a Trenitalia».

Quella stessa Trenitalia – e torna il quadro di responsabilità diffuso non tanto in senso verticale quanto orizzontale, ciascuno per le proprie competenze specifiche in materia – verso la quale Mauro Moretti, all’epoca dei fatti amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, ha agito «imponendo il noleggio carri merci perché era più remunerativo ed economico». Con il risultato che i carri merci noleggiati all’estero non avevano gli stessi standard manutentivi del materiale rotabile che la stessa Trenitalia metteva in circolazione per il trasporto dei passeggeri. «Moretti non solo non si è attivato e si è disinteressato», prosegue il pm, «ma una volta arrivato all’apice del Gruppo ha rifiutato di porre in essere la condotta che avrebbe sicuramente garantito maggiore sicurezza». L’imputato – presente in aula ieri così come Elia, Soprano e Castaldo – prende appunti e commenta ogni passaggio del pm con i propri legali che gli siedono vicino. Al termine, lasciando il Palazzo di Giustizia, le sue parole: «Non ho nessuna dichiarazione».

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