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Carnevale di Viareggio

Carnevale di Viareggio, ecco chi è Jacopo Allegrucci "re dei carristi": «Il sogno è diventato realtà»

Matteo Tuccini
Carnevale di Viareggio, ecco chi è Jacopo Allegrucci "re dei carristi": «Il sogno è diventato realtà»

Il Don Chisciotte in delirio: «Ma poco distante da noi si soffre, non dimentichiamolo». Due successi su cinque partecipazioni «Tanta roba, lo dedico alle maestranze»

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VIAREGGIO. «Il vincitore è un sognatore che non si è mai arreso»: la frase di Nelson Mandela divenuta leggenda campeggia sul carro di Jacopo Allegrucci, pochi minuti dopo la proclamazione del trionfo. Il Don Chisciotte, alias “Il sognatore”, è in delirio: tutto vero, è lui il campione. E i mulini a vento, ciccia.

Un successo annunciato, si dirà. Lo stesso Allegrucci ci scherza su: «Quante volte mi sono tastato per scaramanzia? Diciamo che mi sono consumato». Ma la goliardia, che ci sta, non deve far dimenticare i motivi principale del successo: qualità e merito, come direbbe Arrigo Sacchi. «Eravamo convinti di aver fatto un bel lavoro – sono le prime parole del vincitore nel frastuono della festa – Poi la giuria è sempre un po’ un’incognita. È un carro che ha funzionato da subito ed è piaciuto alla gente». L’impressione di tutti è che, come nei grandi trionfi, il segreto sia stato la completezza. «Secondo me non aveva un punto di forza ben preciso: era proprio un carro completo – prosegue Allegrucci – aveva una bella coreografia, costumi, movimenti».

E poi c’è l’idea, che rappresenta l’anima di un progetto. La scintilla che ha reso il Don Chisciotte attuale, popolare, capace di entrare nella testa e nel cuore. Il personaggio inventato da Miguel Cervantes, come sappiamo fin dagli studi a scuola, è un cavaliere fuori tempo massimo. Un eroe sui generis, comico e tenero allo stesso tempo, forse idealista, magari perdente a una prima occhiata. Eppure inevitabilmente destinato a conquistare l’affetto di chi lo osserva. Perché dentro di sé ha, appunto, l’idea. Il motore che lo spinge a sfidare nemici invisibili, pur di raggiungere il suo obiettivo. Perciò stupisce, o forse no, che una delle frasi del Don Chisciotte sia così significativa e attuale. A un certo punto, infatti, lui dice: «Non è possibile che il male e il bene durino a lungo: dal che ne consegue che, essendo durato molto il male, il bene è ormai vicino». Di fronte a queste parole, che non possono non farci pensare alla pandemia e alla guerra in corso, Allegrucci – forse provato dall’emozione – si scioglie ancora di più: «Io spero con tutto il cuore che questa nostra vittoria sia un segnale di cambiamento, che porti al miglioramento che tutti aspettiamo. Fa molto strano, e dà da pensare, che mentre noi cantiamo, balliamo e festeggiamo, mentre assistiamo a tutto questo, non molto distante da noi c’è gente che soffre. Non dobbiamo dimenticarlo». Stringe forte a sé il figlio Francesco mentre parla – l’altra figlia si chiama Bianca – e si capisce che non sono frasi di circostanza. Da genitori ci si capisce al volo: «Sì, da genitore ammetto di essere addolorato per le immagini che vediamo e preoccupato per il futuro. Non sappiamo che mondo stiamo consegnando ai nostri figli».

È una riflessione che ci sta, così come ci sta una gioia enorme e indescrivibile. Allegrucci sembra quasi sparire, al momento del verdetto, quando tutti si aspettano la proclamazione. L’impressione è che, mentre si attende che il cardinale diventi Papa, lui si voglia racchiudere in se stesso, per godersi appieno l’emozione. Che è senza confini. E racconta la storia di un carrista della nuova generazione che, assieme alla qualità del lavoro, sta raccogliendo risultati.

“Il sognatore” porta ad Allegrucci il secondo successo su cinque partecipazioni. E bisogna tenere conto che il Pifferaio del debutto – l’edizione 2018 – non raccolse quanto meritato, con un quarto posto che fu criticatissimo (perché inferiore alle attese). Di fronte alla presa di coscienza di un simile percorso, Allegrucci ammette con un pizzico di orgoglio: «Tanta roba... La dedica per la vittoria? La faccio a tutti quelli che ci hanno dato una mano a realizzare questo lavoro. A tutte le maschere, a tutti i collaboratori, a tutti. Perché fare un carro è un lavoro complesso, c’è bisogno di tante teste e di tante persone. Li ringrazio e dedico il primo posto ad ognuno di loro».

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