Il Tirreno

Versilia

Altro che americana la nocciolina viene da Massaciuccoli

di Cesare Bonifazi
Altro che americana la nocciolina viene da Massaciuccoli

Roberto Dones, 42 anni, milanese, coltiva le arachidi nei terreni della bonifica dell’agriturismo “Casa Rossa”

12 gennaio 2017
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MASSAROSA. Le conosciamo come noccioline americane e le associamo a Super Pippo che le usa come carburante per i suoi super poteri. Le chiamava «le spagnolette».L’arachide è una pianta molto antica che viene coltivata molto in Brasile e in Senegal. Proprio in Africa Roberto Dones, 42enne originario di Milano, ha visto le coltivazioni e ha deciso di portarle a Massarosa, a Massaciuccoli per l’esattezza dove ha la terra.

«Ho fatto un paio di viaggi in Senegal per partecipare a progetti di cooperazione internazionale in cui aiutavamo le persone del posto piagate dalla desertificazione a far ripartire l’agricoltura. Lì è un alimento diffuso come da noi il pomodoro - racconta - quando poi ho deciso di fare il coltivatore a Massarosa, un vecchio contadino di queste parti mi ha raccontato che fino a 60 anni le donne di Massarosa scendevano dal paese a raccogliere le arachidi come si fa spesso nelle nostre campagne con le olive». Una tradizione che ritorna nel territorio, una coltivazione che è stata riscoperta: la nocciolina di Massarosa.

Roberto arriva a Massaciuccoli a fondare la sua azienda agricola, la Orto Bio, dopo un bel viaggio che lo ha portato in giro per l’Italia e poi all’estero. È giovane ma i segni del tempo stanno spuntando, i solchi delle rughe come l’aratura del campo; ricorda la sua infanzia: «I miei genitori erano dei semplici dipendenti d’azienda, non c’era in casa la tradizione della terra - dice - io però fin da ragazzino ho avuto la passione per l’agricoltura: alle superiori ho fatto l’Agrario, poi ho cambiato e all’università mi sono iscritto a Scienze Politiche. Ma quello della terra era un richiamo troppo forte».

Tra un esame e l’altro infatti Roberto andava a coltivare un piccolo orto che si era affittato in campagna, fuori dalla città. Una volta laureato ha deciso quindi di ritornare al suo primo amore e di dedicarsi completamente al bio: «Sono perito agrario e ho lavorato come tecnico in agricoltura biologica. Facevo consulenze e progetti di assistenza alle aziende agricole biologiche nel centro e nord Italia per conto di un ente che dava la certificazione “bio”».

Ma Roberto, un tipo che difficilmente riesce a stare fermo, poi ha collaborato per il progetto di agricoltura sostenibile in Senegal: «Mi sono inserito in quell’avventura perché volevo evitare che prendesse piede in quel territorio la coltivazione con i pesticidi e i fertilizzanti - racconta - dove sono andato io c’era stato un processo molto forte di desertificazione. Con gli altri volontari abbiamo scavato pozzi e rimesso in piedi i campi. Lì le arachidi sono molto diffuse e sono uno degli ingredienti principali della loro alimentazione».

In Senegal però non ci si è mai trasferito e il suo posto era l’Italia: «Ho fatto questa scelta perché il mio desiderio era quello di coltivare qualcosa di mio: le prospettive dei miei vecchi lavori erano sempre incerte. Ho vissuto nella più totale precarietà per più di dieci anni, ero stanco e ho deciso che, precario per precario, era il momento di mettermi alla prova. Sono arrivato qua che nessuno mi conosceva ma amavo la zona e ho cominciato piano piano a fare coltivazioni all’aperto, senza l’ausilio di serre, facendo le verdure stagionali».

Ed è arrivata anche l’arachide: «È il quinto anno che mi trovo qui a Massaciuccoli, ho preso in affitto quattro ettari di terreno nella bonifica delle Case Rosse e gestisco una piccola azienda a conduzione familiare. L’idea dell’arachide è venuta dal racconto di un contadino della zona che la chiamava “la nocciola da terra”. Ho scoperto che a Massarosa c’era una tradizione in questo senso. Inoltre è una leguminosa e quindi estremamente alcalina: ottima per dare nuovi elementi al terreno. Io le vendo sia crude che tostate: la gente che le compra può prenderle per ripiantarle oppure direttamente da consumare. Per la tostatura le devo portare a Venturina ma spero di poterlo fare anche da solo, in modo da rendermi indipendente».

Ma le noccioline non sono l’unica coltivazione: Roberto fa anche il cavolo nero, i pomodori, le zucchine e tutte le verdure dell’orto. Le arachidi sono partite da un appezzamento piccolo e sono arrivate, quest’anno, a un ettaro intero. La resa non ancora latissima: quattro quintali, ma il problema è stata la stagione secca.

«Dal punto di vista strettamente agronomico non ho incontrato particolari problemi su questo terreno. Solitamente è molto fertile. L’obiettivo è quello di coltivare migliorando la fertilità del terreno, optando per un orto misto e realizzando sempre una rotazione delle tipologie di coltura, con almeno una piantagione di una leguminosa l’anno. Per riuscire a fare questo senza gli strumenti moderni devo fare molte prove e devo trovare un sistema migliore di irrigazione che non sia a goccia, come lo avevo pensato io». A livello di difesa dai parassiti Roberto è riuscito a vedere i primi risultati e ha trovato una sorta di equilibrio. E la produzione ne giova.

«Il problema di quest’inverno è il freddo degli ultimi giorni: ha bruciato gran parte della coltivazione. Di cavolo nero ce n’è - dice - La mia verdura si può trovare in molti gruppi d’acquisto della zona ma io faccio anche le cassette per chi me le chiede».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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