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L’intervista

Ex ministro morto sull’Aurelia, il figlio: «Mio padre voleva l’autostrada ma venne sempre ostacolato»

di Rita Lazzaro
Il figlio a sinistra, l'ex ministro e la scena dell'incidente
Il figlio a sinistra, l'ex ministro e la scena dell'incidente

Un’arteria per la quale Altero Matteoli si era battuto. Il figlio Federico ricorda l’impegno del padre e dice: «Ho fiducia nel governo»

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«Sviluppare una sicurezza comune cercando di sensibilizzare un principio fondamentale: potenziare la capacità di percepire il valore della vita». Sono queste le parole che, in occasione della Giornata delle vittime della strada, ha pronunciato Federico Matteoli, figlio dell’ex ministro Altero Matteoli, deceduto in un incidente avvenuto sulla statale Aurelia nel territorio di Capalbio il 18 dicembre 2017.

Originario di Cecina, Matteoli fu ministro dell’ambiente nei governi Berlusconi I, II e III e ministro delle infrastrutture e dei trasporti nel governo Berlusconi IV, mentre dal 2006 al 2011 ricoprì l’incarico di sindaco del Comune di Orbetello. Fu lo stesso ministro che si batté per la messa in sicurezza proprio del tratto di strada in cui – tragica ironia della sorte – perse la vita a 77 anni, come ha ricordato il sindaco di Capalbio Gianfranco Chelini dopo un incidente dell’agosto scorso che ha visto l’ennesima vittima, un 59enne. «Ora che è al governo, anche per rispetto di Altero Matteoli, che su questa strada è morto – ha detto Chelini – la destra dovrebbe pensare subito a mettere in sicurezza l’Aurelia e a ripensare al Corridoio Tirrenico come a una delle priorità».

Signor Matteoli, a quasi otto anni di distanza dalla scomparsa di suo padre, cosa ha provato nel leggere le parole del sindaco Chelini?

«Mio padre si è sempre battuto per la messa in sicurezza dell’Aurelia. La statale dove, per un crudele scherzo del destino, ha perso la vita. La sua è stata una battaglia per realizzare l’autostrada, trovando continue resistenze da parte della Regione e di tante amministrazioni comunali, tra queste anche quella di Capalbio, che ad oggi, invece, evidenzia la necessità di mettere in sicurezza proprio quel tratto di strada. Da quanto sto osservando, nutro invece una forte fiducia per l’attuale governo ai fini di trovare una soluzione a quella che il sindaco di Capalbio ha definito “un cimitero a cielo aperto”».

Da cosa deriva questa sua fiducia verso il governo?

«Dal suo operato. Ad esempio, ho apprezzato molto le decisioni coraggiose del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini per quanto riguarda il nuovo codice della strada. Ritengo che il governo debba fare proprio questo: prendere delle decisioni coraggiose, decisioni che, anche se inizialmente possono sembrare impopolari, poi pagano nel tempo».

Secondo lei, su quali altri aspetti si dovrebbe lavorare per evitare il più possibile incidenti stradali?

«Occorre ricordare che la sicurezza stradale è una cultura sociale. Di conseguenza il governo dovrebbe valorizzarla a partire dalle scuole elementari per poi approfondirla ulteriormente negli anni in cui i giovani sono prossimi alla patente. A livello di infrastrutture, invece, tornando alla Tirrenica, il governo dovrebbe cercare soluzioni ricorrendo ai passi avanti fatti dalla tecnologia, attraverso controlli da remoto e ricorrendo a materiali che migliorano il manto stradale e rendono più efficienti le vie di fuga in caso di incidente. Sempre per quanto riguarda l’Aurelia, penso che si dovrebbe agire anche e soprattutto sui Comuni, premiandoli nel caso in cui nel loro territorio si registrasse una riduzione di incidenti. L’obiettivo consiste nel valorizzare il lavoro dei Comuni qualora fossero capaci di controllare il territorio tutelando la sicurezza sulle strade con metodi alternativi alla contravvenzione. Quindi un controllo che non consiste solo nel punire chi sbaglia, ma anche nel premiare chi segue le regole».

Proposte volte a prevenire vere e proprie tragedie stradali. Situazione che lei ha vissuto nel dicembre di otto anni fa con la scomparsa di suo padre. Cosa sente di raccontarci a proposito di quel giorno?

«Lo ricordo perfettamente. Mio padre e io siamo stati insieme fino a un paio d’ore prima della tragedia. Ricordo il suo entusiasmo nel tornare in Toscana, perché, da uomo politico quale era, non vedeva l’ora di cominciare la nuova campagna elettorale. Un amore dettato dal forte legame col suo territorio e i suoi concittadini. Infatti, non si è mai dimenticato dei luoghi dove veniva eletto. Quel giorno dovevo andare a ritirare alcuni documenti dell’auto. La stessa che lui stava guidando. Ebbene, quando ero proprio dal concessionario, ho ricevuto una telefonata di un caro amico che mi diceva di tornare a casa. Una volta rincasato, mi sono ritrovato con la mia famiglia piegata dal dolore mentre in televisione veniva dato l’annuncio della scomparsa di mio padre».

Dal giorno della tragedia com’è cambiata la sua vita?

«Il rapporto che avevo con mio padre era ed è indissolubile. Per questo motivo la mia vita si divide tra il prima e il dopo la sua scomparsa. A lui devo tutto. Grazie ai suoi insegnamenti sono diventato l’uomo, il marito e il padre che sono. Ed è proprio per mantenere vivi i suoi valori, come la tutela della famiglia, della cristianità e della Patria, che ho scelto, con alcuni suoi amici, di portare avanti la sua fondazione. Una fondazione che poi abbiamo deciso di convertire nell’“Associazione Altero Matteoli per la libertà ed il bene comune”. Quest’ultima, infatti, non è altro che la continuità dell’attività politica di mio padre, in quanto volta a raggiungere gli stessi suoi obiettivi: fare politica, valorizzare il pensiero del centrodestra, essere vicini al territorio e cercare di sollevare quelle problematiche che riteniamo più opportuno valorizzare e riportarle quindi all’attenzione dei governi e della politica. Questo è lo scopo di tutti i convegni, accompagnato dallo spirito che ha sempre caratterizzato la politica di mio padre: l’unità del centrodestra».

A proposito di insegnamenti, quale per lei ha avuto un significato decisivo?

«Mio padre mi ha insegnato soprattutto la profonda differenza tra la ricerca di fare la cosa giusta e il fare la cosa giusta, facendomi capire che ciò che conta nella vita come nella politica è l’onestà intellettuale».

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