Nonni d’Italia, eroi silenziosi: quanto valgono per le famiglie e quanto fanno risparmiare allo Stato
In Italia oltre 4 milioni di nonni si prendono cura dei nipoti, garantendo un risparmio fino a 19mila euro l’anno per famiglia. Un aiuto prezioso, ma che spesso sostituisce i servizi pubblici, con un prezzo alto per la loro libertà e salute
Gli occhi pieni d’amore che ti aspettano all’uscita di scuola, la mano grinzosa che ti protegge mentre attraversi la strada, il profumo del tuo piatto preferito pronto in tavola, la voce che trova sempre il tempo per risponderti, la favola prima di dormire. Ma anche l’autista che ti scarrozza da scuola a casa, da casa alla lezione di tennis, dal tennis al maestro di pianoforte.
Ma non basta. Finita la lezione, nonno ti porta al compleanno dell’amico, poi passa a comprarti il quaderno che ti sei scordato, e infine ti riconsegna “a destinazione”, da mamma e babbo.
Viva i nonni, e viva la loro disponibilità a occuparsi di nipoti e nipotini. Nella giornata in cui li si festeggia, la favola che li ha sempre voluti amorevoli secondi genitori, o super genitori, sfuma nello stridio di cifre e bilanci, familiari e statali. Perché i nonni sono sempre più un indispensabile supporto.
Quanto “valgono” i nonni
“Quanto” lo ha calcolato la Uil Pensionati, da fonti Istat, Openpolis e Osservatorio sulla famiglia. Dei circa 12 milioni di nonni e nonne italiani, un terzo si occupa dei nipoti, a beneficio di 3,7 milioni di nuclei familiari. Questi circa 4 milioni di nonni e nonne fanno risparmiare allo Stato qualcosa come 45 miliardi di euro tra accudimento, trasporto da e verso asilo e scuola, pasti, spese.
Il conto è presto fatto. Una babysitter in Italia costa tra 10 e 15 euro all’ora. Considerando che molti nonni dedicano circa 20 ore settimanali ai nipoti, il risparmio per una famiglia può variare tra 200 e 300 euro a settima. All’anno sono tra 10.400 e 15.600 euro. Quanto ai pasti, il costo della mensa scolastica varia tra 2 e 6,60 euro a pasto. Mangiare dai nonni fa risparmiare tra 360 e 1.188 euro a bambino all’anno. Ci sono poi mance, regali, materiale scolastico: la Uil Pensionati stima tra 1.800 e 2.500 euro. Sommando tutto, il risparmio totale per una famiglia che beneficia dell’aiuto dei nonni varia tra 12.560 e 19.288 euro all’anno. Una cifra che dimostra quanto il ruolo dei nonni sia fondamentale non solo a livello affettivo, ma anche dal punto di vista economico.
I sostituti del welfare
«I nonni e le nonne sono a tutti gli effetti dei sostituti del welfare», spiega la professoressa Rita Biancheri, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’università di Pisa. «C’è una differenza nei Paesi europei laddove il welfare è più generoso dal punto di vista della sostenibilità di famiglie con figli – dettaglia –. In Italia c’è una maggiore carenza di servizi, quindi i nonni, invece di essere convolti nel piacere di accudire i nipoti, hanno un ruolo che diventa una sostituzione di questi servizi. Laddove i sistemi di welfare hanno più servizi o risposte per le famiglie, ciò non succede. In tutti i Paesi scandinavi, dove ci sono più servizi, i nonni non sono considerati al servizio dei nipoti. E così in Germania, dove ci sono congedi parentali più lunghi, o in Francia, che ha molti servizi e diversificati, diffusi e flessibili; e infatti la Francia ha migliorato il tasso di natalità».
Ma non è solo una questione di cosa offre lo Stato. C’è anche la componente che riguarda il rapporto uomo-donna. «In Italia c’è un’asimmetria nei carichi di cura all’interno della coppia, sbilanciata sulla donna. Anche la cura dei nipoti da parte dei nonni ricade più sulla famiglia della madre. E c’è un collegamento importante sul lavoro femminile», spiega Biancheri. Insomma, se la nonna materna abita vicino, e può occuparsi dei nipoti, la figlia/mamma ha più possibilità di costruirsi un percorso professionale. Un quadro disarmante, altro che festa…
Certo, il retaggio culturale dell’abnegazione per la famiglia in Italia è più radicato che altrove. «L’Italia è un Paese familista – osserva Biancheri –. Anche per la cura degli anziani e delle persone non autonome c’è resistenza a rivolgersi alle Rsa, anche psicologica. Per i bimbi c’è una piccola resistenza a mandarli al nido perché si pensa che dai nonni ci siano più cura e affetto. Invece l’inserimento dei bambini al nido ne sviluppa le capacità cognitive e migliora il rendimento».
I sacrifici dei nonni
Quanto ai nonni, anche se l’amore resta immenso, pure loro sono cambiati. La Fnp Cisl Veneto, nella 4ª edizione del Questionario dedicato ai nonni per il 2 ottobre (realizzato su 665 nonni e nonne) ha rilevato che per accudire i nipoti data la mancanza di servizi di supporto alle famiglie, il 72,6% accantona interessi e hobby, il 41,3% rinuncia a un’attività fisica regolare e il 40,6% a occasioni di socializzazione adatte all’età. Quasi un nonno su 10, infine, trascura la prevenzione. Insomma, per certi versi dover sostituire lo Stato per far crescere i bambini punisce i cittadini più anziani che, dopo una vita di lavoro, avrebbero il diritto di starsene tranquilli e prendersi cura di se stessi.
Viene da chiedersi: si scocceranno un giorno? E con quali conseguenze? «L’obbligatorietà o il condizionamento dei genitori anziani nei confronti dell’aiuto alla famiglia limita l’autonomia delle persone anziane – spiega Biancheri – e infatti a volte si parla di burn out e maggiore isolamento. E ancora una volta ricade più sulle donne rispetto agli uomini».
Non di soli sacrifici, però, è fatto però il rapporto nonni-nipoti, anzi. Ci sono la gioia e l’orgoglio di veder crescere i bambini. E il riconoscimento sociale. «Avere una centralità nella famiglia aiuta le persone anziane», spiega Biancheri. «La cosa peggiore è che si va in pensione più tardi, e questo peggiora la cura», conclude.