Stagione dei funghi, le cinque regole per amatori ed esperti per stare sicuri e non prendere rischi: l'errore più comune
Il soccorritore Maurizio Pietrini spiega i percorsi più pericolosi e le cose da portare con sé
L’ultimo intervento per salvare una cercatrice di funghi in difficoltà in Toscana è avvenuto domenica 7 settembre nella zona di Fosdinovo; venerdì ne un altro nei boschi tra Rosina e Foce di Compito, sulle Alpi Apuane. Di interventi simili ogni anno se ne registrano a decine: dalla Maremma alla Versilia, in Garfagnana come sull’Amiata e la montagna pistoiese. E qualche volta, purtroppo, finiscono in tragedia. Tra le zone che hanno pagato il prezzo più alto, c’è senza dubbio la Lunigiana.
Ecco perché la Protezione civile di Fivizzano ha inviato un appello a i cercatori di funghi. «Godere della bellezza della natura mentre si raccoglie funghi – spiega il presidente dell’associazione Fir. Ser. Cb Maurizio Pietrini – non deve trascurare la cura della propria sicurezza e di quella altrui. Troppo spesso episodi di smarrimento trasformano una giornata di svago in ore di angoscia, non solo per chi si perde ma anche per i soccorritori. E negli ultimi anni, due persone non sono mai state ritrovate».
Le cinque regole
Ecco il senso del piccolo (e semplice) vademecum. Primo: informare i familiari del percorso scelto e dell’orario in cui si intende rientrare. Secondo: avere con sé un telefono cellulare che abbia la massima carica da tenere spento fino al momento in cui davvero serve. Terzo: le nuove applicazioni gratuite di geolocalizzazione sono strumenti preziosi, permettono di orientarsi, capire dove ci si trova e ritrovare la giusta direzione. Quarto: l’equipaggiamento. Un fischietto, udibile a chilometri di distanza; una torcia a dinamo (costa circa 10 euro); una coperta termica, per proteggersi da pioggia e umidità; un accendino o dei fiammiferi, sempre utili in emergenza; qualche barretta energetica per affrontare eventuali imprevisti. Quinto: se scende la nebbia o ci si sente disorientati è meglio fermarsi subito e tornare indietro.
Presidente, quali sono gli errori più frequenti che commettono i fungaioli?
«Il classico errore è sottovalutare la pericolosità del territorio. Molti sono così sicuri della propria esperienza che trascurano l’uso di adeguate precauzioni e strumenti di sicurezza, rischiando di trovarsi in difficoltà in situazioni impreviste o in aree particolarmente insidiose».
Servirebbero dei corsi?
«Certo, ma attualmente non esistono corsi specifici per fungaioli. Questa mancanza si collega anche al fatto che molti di loro si considerano già esperti e tendono a ritenere superfluo investire tempo e risorse in percorsi formativi dedicati».
Ecco perché spesso è necessario poi l’intervento dei soccorritori.
«In ambito soccorso, l’operazione solitamente coinvolge un gruppo di persone addestrate, e la partecipazione richiede una formazione consolidata. Tuttavia, i fungaioli, spesso convinti della propria esperienza, raramente partecipano a corsi di aggiornamento o intervento di soccorso, nonostante l’importanza di tali percorsi per garantire la sicurezza di tutti».
Ci sono luoghi o caratteristiche morfologiche che aumento il rischio incidenti?
«La Lunigiana, ad esempio, con il suo territorio montuoso e la presenza di numerosi canaloni, è intrinsecamente caratterizzata da zone a rischio elevato. In particolare, il Lagastrello, un’area complessa con numerosi anfratti e canaloni che ne aumentano il pericolo. Tale configurazione morfologica rende il bosco in generale un ambiente insidioso, richiedendo massima attenzione a chi vi si addentra».
Lei ha effettuato decine di salvataggi, è legato a uno in particolare?
Ogni soccorritore porta con sé il peso delle esperienze vissute, perché dietro ogni intervento c’è una famiglia in attesa, una storia umana di drammaticità e dolore. Un episodio che ha lasciato un segno indelebile nella mia vita è quello relativo a Delfino Lombardi, scomparso nel nulla senza lasciare tracce, le ricerche sono perdurate per mesi. Il continuo contatto con i familiari – sorelle, moglie anziana, e le suppliche strazianti di non smettere le ricerche – ha evidenziato quanto il dramma della scomparsa colpisca sia il soccorritore sia i cari, ricordandoci che la realtà del soccorso va ben oltre l’intervento operativo, rappresentando una storia umana, a volte troppo pesante da portare a casa».