Il Tirreno

Toscana

Il caso

Pistoia, ucciso e poi sepolto: il giallo di Salvatore Blandino finisce nel sangue. Il fermo del figlio e la ricostruzione

di Tiziana Gori

	La corte dove abitava la vittima a Quarrata e la ruspa usata dai vigili del fuoco per sistemare la terra scavata (foto Nucci)
La corte dove abitava la vittima a Quarrata e la ruspa usata dai vigili del fuoco per sistemare la terra scavata (foto Nucci)

Agliana, il ritrovamento sul retro del capannone dove il presunto colpevole, il figlio Giuseppe, 42 anni, lavorava come fabbro. Ventisei giorni fa la denuncia di scomparsa

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AGLIANA. Ventisei giorni di ricerche. E poi, nel tardo pomeriggio di martedì, i cani molecolari dei carabinieri fiutano qualcosa in una porzione di terreno con olivi e ciliegi a ridosso delle pareti di un capannone artigianale. In via Branaccia, alla Ferruccia di Agliana. Il rosso delle ciliegie marasche risalta nei colori ocra della campagna accecata dal sole, colpisce lo sguardo e distrae per un attimo l’attenzione, ma l’abbaiare dei cani la porta verso i margini del terreno. Il tempo di scavare, per i vigili del fuoco, di togliere mezzo metro di terra, e poi il corpo viene alla luce.

È quello di Salvatore Blandino, 70 anni, residente in centro a Quarrata, di cui la sorella ha denunciato la scomparsa il 27 giugno. Per l’identità del cadavere e le cause della morte mancano il riscontro autoptico e quello del Dna. Saranno eseguiti domani mattina (venerdì) a Careggi, dove la salma è stata trasferita, ma per gli inquirenti non ci sarebbero dubbi. Le indagini della procura, coordinate dal sostituto procuratore Chiara Contesini, sono state portate avanti dai militari della Stazione di Quarrata insieme ai colleghi della Compagnia di Pistoia.

Nella notte tra martedì e mercoledì i carabinieri hanno fermato per presunto omicidio e occultamento di cadavere il figlio 42enne di Blandino, Giuseppe. Sarebbe stato lui, per motivi da chiarire, a uccidere il padre e seppellirne il corpo, sul retro del capannone dove lo stesso Giuseppe Blandino, insieme ad altri colleghi fabbri, aveva il laboratorio artigianale.


A Quarrata la sensazione che questa storia sarebbe «andata a finire male» c’era dall’inizio. Sin dall’inizio gli inquirenti hanno puntato la loro attenzione nell’ambito della cerchia familiare. Indagando e cercando riscontri rispetto alle voci di dissidi frequenti tra padre e figlio. Il giorno della scomparsa, poi, la carta bancomat di Salvatore Blandino, operaio tessile in pensione, è stata utilizzata per eseguire un prelievo di 600 euro.

Blandino, vedovo, e con un unico figlio, Giuseppe, di professione fabbro, viveva in via della Repubblica, una strada a poche decine di metri dalla centralissima piazza Risorgimento, a Quarrata. Era solito spostarsi più in bicicletta che in auto, e anche a piedi. Lo vedevano cogliere erbe selvatiche sulle colline del Montalbano, oppure godersi la tranquillità e le belle giornate su una panchina, lungo il Fermulla.

A fine giugno la sorella, che vive a Prato, si è insospettita per la mancanza di risposte da parte del pensionato. E ha chiamato i carabinieri. La prefettura ha attivato il protocollo di ricerca previsto dalla legge. La prima destinazione battuta da carabinieri, vigili del fuoco e associazioni di volontari è stata la sua abitazione, una casa con un ampio giardino, dove abitava dalla morte della moglie, nel 2019. Lì sono state trovate la sua auto e la bicicletta, particolari che facevano pensare che si fosse allontanato a piedi o con qualcuno. Troppo poco per sapere dove altro cercare. Il sindaco Gabriele Romiti, che aveva informato su facebook del campo di ricerca allestito in piazza, a fine serata scriveva che questa prima fase si era conclusa senza esiti e che sulla questione «sarebbero proseguite le opportune indagini delle autorità».

Il cellulare dell’uomo non è mai stato ritrovato. Ma sono iniziati anche i riscontri sulle celle telefoniche del figlio. Sono state battute, con le unità cinofile, le colline del Montalbano. Soprattutto, durante il sopralluogo nell’abitazione di via della Repubblica sarebbero state trovate tracce di sangue sulle pareti. Secondo gli inquirenti il figlio avrebbe colpito il padre, probabilmente alla testa, con un oggetto contundente, e ne avrebbe trasportato il corpo nel terreno adiacente al capannone dove ha l’attività lavorativa, seppellendolo sotto mezzo metro di terra. «Non ho ancora avuto – spiega il legale di fiducia, l’avvocato Enrico Giuntini – la possibilità di leggere il fascicolo, ma a mio avviso non ci sono gli elementi per convalidare il fermo. Lui è stato fermato in quanto indagato. La procura non riesce ancora a trovare un collegamento diretto tra quello che è successo al padre e al figlio, all’interrogatorio l’assistito si è avvalso della facoltà di non rispondere. Sulla base di elementi generici e marginali hanno fatto il fermo, probabilmente perché trovato vicino al luogo dove lavorava».

 

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