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La vittoria di Trump, i referendum sull’aborto e i diritti delle donne

di Virginia Volpi (*)
La vittoria di Trump, i referendum sull’aborto e i diritti delle donne

Gli effetti del 1° mandato

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Con 312 grandi elettori contro i 226 di Kamala Harris, Donald Trump è diventato il 47°presidente degli Usa. La seconda volta dopo 8 anni, una condanna, 34 capi di accusa per falsificazioni di documenti aziendali, 2 impeachment e 6 bancarotte. Lo stesso giorno, in 10 Stati (Florida, Arizona, Nevada, Colorado, Montana, South Dakota, Nebraska, Stato di New York, Missouri e Maryland) si è tenuto un referendum. Si votava per inserire nelle Costituzioni statali il diritto all’aborto. È la conseguenza del ribaltamento da parte della Corte Suprema della storica sentenza Roe contro Wade, che dal 1973 garantiva l’accesso al diritto all’aborto a livello federale, cioè in tutti i 50 Stati. Di ciò mi parlava una coppia di origine venezuelana in vacanza in Toscana, emigrata in Florida 20 anni fa. Lei per Harris, lui per Trump, in linea con l’analisi demografica del voto. Trump ha vinto tra i bianchi (55%) e perso fortissimamente fra i neri (12%); fra i latinos ha incrementato il suo consenso dal 32% del 2020 al 45% del 2024. Se la vittoria di Trump è stata trainata dai maschi 45-64enni, Harris ha conquistato l’elettorato femminile (54%) , pure con una percentuale minore di quella di Joe Biden 4 anni fa (57%) . Harris ha vinto fra i giovani, ma Trump ha registrato il maggior aumento proprio nella fascia di popolazione 18 - 29 anni, passando dal 36% del 2020 al 42% del 2024. Infine, Trump ha vinto il voto popolare: ha preso più consensi in termini assoluti. Non succedeva dal 2004. La Florida, anni fa, era uno swing state: uno Stato "indeciso" dove né repubblicani né democratici avevano una maggioranza schiacciante. Qui, Trump ha vinto con il 56% e 1 milione e mezzo di voti in più. Per il referendum, non si è raggiunto il quorum, e dunque nella Costituzione della Florida non sarà inserita la formulazione "Nessuna legge potrà proibire, penalizzare, ritardare o limitare l’aborto prima della vitalità del feto o se è necessario per proteggere la salute della paziente". In Nebraska è stato approvato il quesito opposto, che restringe l’accesso all’aborto. In South Dakota si è votato per non ampliare il diritto. Negli altri 7 Stati, ha prevalso la protezione del diritto all’aborto. Da una lettura generale, dove aumenta il supporto a Trump, si riduce il sostegno all’aborto. E fu proprio Trump, allo scadere del primo mandato, a sostituire la infaticabile giudice Ruth Bader Ginsburg, deceduta nel 2020, con Amy Coney Barrett. Ginsburg si è battuta per garantire la parità di genere e i diritti delle donne. Barrett era ed è ultraconservatrice e cattolica, e un simile profilo lo hanno gli altri due giudici nominati da Trump: Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh. Con le nomine di Trump, la composizione della Corte Suprema si è fortemente sbilanciata: 6 giudici conservatori e 3 liberali. Uno dei risultati è stato nel 2022 l’eliminazione del diritto all’aborto a livello federale. Per questo, gli Stati hanno dovuto normare tale diritto. Insomma, quello che Trump farà lo vedremo, ma gli effetti di quello che ha fatto si vedono ancora.

*policy expert e scrittrice

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