La centrale di Torre del Sale
Quelle torri erano un pezzo della storia di una comunità
di Enzo Brogi (*)
"Convertire l’economia locale, puntare al turismo. Francesca seguiva con gli occhi il profilo sdentato della fabbrica, come il Colosseo, come gli scafi arenati sulla spiaggia, anche l’altoforno, nel giro di un decennio, se lo sarebbero presi i gatti". Sembra davvero di rileggere lo scenario che aveva dipinto Silvia Avallone nel suo Acciaio, il romanzo che qualche anno fa aveva diviso e fatto discutere i piombinesi. È il pensiero che mi ha attraversato nel vedere e rivedere le immagini delle due ciminiere della mitica centrale Enel di Torre del Sale che si sono sgretolate sotto gli occhi delle istituzioni, delle telecamere e dei tanti cittadini attratti dall’evento spettacolare. Chi enfatizzava la nuova stagione tutta turismo e accoglienza che si sarebbe aperta con l’abbattimento di quell’esempio di archeologia industriale e chi, come Libertario, che osservava la demolizione silente con le lacrime che scendevano giù, dai palazzoni operai che erano stati costruiti di fronte al mare, perché anche gli operai potessero goderne. Non può dimenticarsi di quando entrò nella centrale, per la prima volta in estate da studente con le ditte appaltatrici e poco tempo dopo orgoglioso con la tuta con su scritto Enel. Addetto alle turbine, poi assistente alla sicurezza, il sindacato, le lotte per il raddoppio, lo spettro del carbone, infine la riconversione a metano. Quelle immagini scorrevano sui suoi occhi, come in un film, con un finale molto amaro. Troppo facile distruggere, abbattere. È come aver sommerso con qualche carica di dinamite, polvere e macerie, decenni di sentimenti, lotte passioni e storie. Anche di altri. Adriana, per esempio, ha 85 anni cominciati a Montalcino e una seconda elementare. Ha detto di essere triste dopo aver letto dell’abbattimento delle torri che aveva visto da più giovane andando qualche volta al mare a Piombino. Era chiaro il dispiacere sul suo volto. Un po’ come se con la demolizione di quelle torri avesse dovuto abbandonare un altro pezzo della sua memoria che invece aveva conservato. L’amministrazione comunale, la Regione Toscana avrebbero potuto pretendere almeno un riconoscimento di quella storia. Dopo che per decenni si è stressato atmosfera della zona, patrimonio marino e ittico, ambiente, era il momento di restituire almeno una opportunità culturale e ricettiva. Quelle ciminiere, oramai innocue, avrebbero potuto continuare a testimoniare la storia industriale ed umana di quell’insediamento produttivo trasformandole in ambienti espositivi per istallazioni iniziative ed eventi culturali e aggregativi. Questo l’Enel dopo che tanto ha avuto da quella comunità poteva restituirlo. Naturalmente favorendo l’uso più consono allo sviluppo turistico e ambientale di tutte le altre vaste aree occupate in precedenza dall’impianto elettrico. Adriana forse avrebbe capito e il sole avrebbe asciugato le lacrime di Libertario. Anch’esse di sale, come quel mare adesso più solo. * scrittore e attivista per i diritti
1 MINUTI DI LETTURA