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Dillo al direttore
L'analisi

Dillo al direttore: oro e Borse si mettono a correre insieme, una stranezza spiegata dalla speculazione

di Alessandro Volpi (Università di Pisa)
Dillo al direttore: oro e Borse si mettono a correre insieme, una stranezza spiegata dalla speculazione

13 marzo 2024
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Ecco uno degli interventi dei lettori pubblicati sull’edizione cartacea di mercoledì 13 marzo, nella pagina dedicata al filo diretto con il direttore de Il Tirreno, Cristiano Marcacci. “Dillo al direttore” è l’iniziativa che permette alle persone di dialogare direttamente con Cristiano Marcacci, attraverso il canale WhatsApp (366 6612379) e l’indirizzo mail dilloaldirettore@iltirreno.it.
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Viviamo in un mondo strano. L’oro ha raggiunto il record di 2.145 dollari l’oncia. La stranezza di questa impennata è rappresentata dal fatto che si abbina ai record degli indici di Borsa. In genere l’oro, essendo un bene rifugio, cresce molto quando è in corso una crisi finanziaria e le risorse fuggono dalle Borsa. La situazione attuale è invece diversa: l’oro sale mentre le Borse toccano continui record. Come mai?

Di nuovo la spiegazione più probabile ha a che fare con la speculazione. Alcuni grandi fondi stanno comprando titoli che scommettono sull’oro, sapendo che i venti di guerra hanno indotto alcune banche centrali a comprare oro e dunque a spingerne verso l’alto il prezzo; una spinta a cui contribuisce la volontà della Banca centrale russa e di quella cinese di ridurre le proprie riserve in dollari, sostituendole appunto con l’oro. Dunque, i fondi scommettono per amplificare al massimo, in termini di prezzo, un fenomeno che sarebbe in realtà decisamente più contenuto. È naturale che, per le stesse ragioni, l’aumento del prezzo dell’oro faccia correre il prezzo delle azioni delle società che possiedono oro. Ma di chi sono queste società?

Le prime due, per capacità "produttiva", Barrick Gold e Newmont Mining, vedono la presenza dominante di Vanguard, Black Rock e State Street, che convivono con il colosso dell’oro Van Eck Associates e possiedono, insieme, circa il 20% dell’azionariato. Gli stessi fondi compaiono anche in Kinross Gold. In pratica un terzo della produzione mondiale di oro è controllata dalle bigThree insieme a Van Eck. È facile capire allora chi tragga vantaggio dai nuovi record dell’oro; gli stessi che beneficiano dei record di Borsa. Così risulta più chiaro perché oro e Borse corrono insieme. Corre anche, in maniera decisamente anomala, il settore dei beni di lusso che è dominato da tre società: LVMH, Hermes e Dior dotate di una capitalizzazione complessiva di oltre 800 miliardi di euro. Si tratta di società quotate che sono nelle mani pressoché esclusive di due sole famiglie, gli Arnault e gli Hermes. Siamo di fronte dunque ad una concentrazione di ricchezza finanziaria formidabile, che non passa attraverso i fondi, ma conserva una struttura familiare per certi versi quasi ottocentesca. Naturalmente il valore dei titoli di questo monopolio mondiale del lusso, nelle mani di un pugno di iper ricchi, è in continua ascesa perché il 5% della popolazione mondiale, quello dei più ricchi, manifesta la prerogativa di "consumare" il lusso, senza risentire di guerre, epidemie e altre condizioni che affliggono i comuni mortali. E chi scommette in termini finanziari ha ben chiaro questo scenario, accelerando ulteriormente l’impennata dei valori azionari. Il feudalesimo finanziario è un formidabile motore per il potere dei super ricchi che, "stranamente", non risentono dei conflitti, destinati invece a generare altre stranezze. Esiste l’ipotesi, sostenuta dal presidente Biden, di procedere alla definitiva confisca delle risorse della Banca centrale russa, attualmente congelate, per utilizzarle come garanzie per emettere titoli, magari in dollari, per finanziare la guerra in Ucraina. In merito a ciò, forse, è utile una considerazione più specifica. Dei circa 260 miliardi di dollari congelati, ben 191 sono depositati presso una holding che ha sede in Belgio, ma che ha un azionariato in larga misura fatto da grandi società finanziarie francesi e, più in generale, europee. Si tratta di Euroclear, un deposito di titoli e valute a cui la Banca centrale russa aveva destinato molte delle proprie risorse che venivano conservate in euro. Ora, se tali risorse venissero definitivamente confiscate e usate per emettere debito in dollari, sarebbe evidente il danno per la credibilità dell’euro e della finanza europea che, risulterebbero ancora più inaffidabili e si determinerebbe l’ulteriore dimostrazione dell’assoluta centralità del dollaro. La guerra sul campo e la guerra finanziaria sono due facce della stessa medaglia.

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