Pisa sta con gli studenti caricati dalla polizia: un fiume di gente in piazza grida «Vergogna»
Oltre tremila mobilitati per difendere i ragazzi picchiati. I genitori: «Erano vent’anni che non manifestavamo»
PISA. Alla fine in Piazza dei Cavalieri ci sono arrivati comunque. Ma con almeno tremila persone al seguito. «Scrivi anche cinquemila: è un mare di gente» dice il vecchio militante di sinistra, una vita fra manifestazioni e cortei. «Come questa, in città, non se ne vedevano da anni» aggiunge. Ed è proprio così, è davvero un marea di gente quella che riempie la piazza, quando dalla scala della Scuola Normale una studentessa srotola lo striscione con la scritta “Palestina Libera” e subito sotto “No alla violenza della polizia”. Forse è lì che avrebbero voluto arrivare la mattina, prima delle cariche delle forze dell’ordine contro un corteo pacifico, di nemmeno un centinaio di studenti, la maggioranza minorenni, otto dei quali finiti all’ospedale. O forse no. Di sicuro interessava poco saperlo alle migliaia di pisani che nel pomeriggio di venerdi 23 febbraio alle 18 si sono ritrovati nei due presidi convocati, alla stessa ora, in Piazza XX Settembre, davanti al Comune, e in Piazza Mazzini, di fronte alla Prefettura.
Le voci della piazza
Qualcuno sì, è venuto anche per la “Palestina libera”, solo per citare uno dei cori declamati durante la manifestazione. La maggioranza è lì per dire «no alle botte contro una manifestazione pacifica» dice una signora. «Lo sa che erano venti anni che non scendevo in piazza? Ma stavolta è davvero troppo, inaccettabile» dice subito dopo. «L’hanno fatta grossa, su questo proprio non si può passare sopra» gli fa eco qualche decina di metri più avanti l’operatrice del patronato Acli. «La Costituzione non si tocca» intona un gruppone di mamme e bambini sotto la Scuola Normale, mentre il serpentone dei manifestanti comincia a riempire la piazza. Sì, l’indignazione è soprattutto per quello, «per difendere la libertà d’espressione e di manifestazione dalle botte e dai manganelli» dicono in tanti.
Non a caso, fra i tanti declamati, quello più forte è il grido “Vergogna, vergogna” ogni volta che il corteo incrocia un mezzo delle forze dell’ordine. Più che un coro è un urlo scomposto di rabbia e indignazione. Bandiere sì ce n’erano. Qualcuna della Cgil e qualche altra della Palestina, una della Cisl e alcune di Sinistra Italiana. Tantissime della pace, usate anche per coprirsi dalla pioggia e dal freddo. Vero che il presidio di fronte alla prefettura è stato convocato dai partiti del centrosinistra e che quello davanti al comune è stato voluto dal movimento degli studenti medi. Ma cercare una matrice partitica di fronte alla marea di persone che ha sentito il bisogno di scendere in strada è complicato e, forse, fuorviante. «Come fai a non esserci se sei un genitore?», aggiunge una mamma. «A me lo dici? È solo per caso se fra quei ragazzi non c’era mia figlia: menomale stamani (ieri ndr) non è andata a scuola, spesso lei partecipa», gli fa eco l’amica.
Partecipazione massiccia
E così via. Si parla e si scuote il capo facendo di “no” con la testa, come a dire “proprio non ci siamo” nel corteo spontaneo che dalla Prefettura si avvia verso piazza dei Cavalieri, scivolando in mezzo al traffico dei lungarni nell’ora di punta. Nessuno che abbia pensato a chiuderli o a deviare le auto. Nessuno, forse, si aspettava una partecipazione del genere. Invece Pisa nella sera del 23 febbraio è scesa in strada. E si è messa in ascolto di quei ragazzi che poche ore prima sono stati presi a botte dalle forze dell’ordine mentre manifestavano per la “Palestina Libera”.
Sono loro, gli unici a cui la piazza riconosce il diritto di parola, come a risarcirli per ciò che gli era stato negato poche ore prima. «Stavamo protestando per la pace in Palestina e contro le violenze di Israele, ma ci hanno impedito di farlo: era chiaro fin dall’inizio che il loro obiettivo era solo sciogliere il nostro corteo: per questo ci hanno picchiato e ci hanno fatto male, ora vi chiediamo di avviarvi verso Piazza dei Cavalieri, è lì che vogliamo arrivare», urla uno studente poco più che adolescente, in piedi sul muretto di fronte alla prefettura. E il corteo spontaneo inizia a muoversi. «In Palestina non è in corso solo una guerra, ma un genocidio ed eravamo scesi in piazza per dirlo» urla una studentessa dal megafono mentre la folla che li ha accompagnati ascolta in un silenzio che somiglia quasi a un risarcimento per un diritto negato: prima ancora che quello che i ragazzi avevano da dire, a tanti che sono scesi in piazza premeva soprattutto che potessero farlo. «Come faccio a insegnare a mio figlio che non deve manifestare per quello in cui crede perché altrimenti lo picchiano?», diceva un babbo, stringendo la mano al figlio.
La protesta non si ferma
«La nostra mobilitazione continua e per martedì 27 febbraio alle 17,30 è convocata un’assemblea al Polo “Carmignani” per decidere come proseguire perché noi non siamo poveri bambini, come qualche partito ha voluto far credere, ma studenti che lottano per le loro idee e per la solidarietà al popolo palestinese», rivendica la ragazza che parla al megafono. Vero, però, là sotto ci sono migliaia di persone e tante sono lì «perché le mani addosso a ragazzi che manifestano pacificamente non si mettono mai». E, comunque, nella sera di venerdì 23 febbraio ad ascoltare «i bimbi» c’erano migliaia di persone.