Il Tirreno

Toscana

Comunicato sindacale e la risposta dell’azienda

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Comunicato sindacale

Care ragazze e cari ragazzi, care lettrici e cari lettori,

in queste pagine oggi leggerete anche il primo numero della nuova edizione di Scuola2030. Dovrebbe essere un inserto che celebra la libertà di stampa e con essa tutti i diritti garantiti dalla Costituzione, un progetto pensato e sviluppato con le studentesse e gli studenti della Toscana perché possano imparare i fondamenti del giornalismo e l’importanza che la libertà di informazione e d’espressione riveste per la tenuta della democrazia, anche e soprattutto per un quotidiano che fonda la sua identità sul racconto del proprio territorio. Un progetto costruito con il sostegno di importanti aziende e istituzioni della regione. Uno strumento di conoscenza, insomma.

Ecco, oggi non lo è. Si presenta in edicola forse come il suo opposto, perché l’uscita di questo inserto calpesta alcuni dei diritti che il giornalismo dovrebbe difendere, in particolare i diritti dei lavoratori e del lavoro, in sostanza uno dei principi cardine della Repubblica sancito proprio dalla Carta all’articolo 1.

Per questo, care ragazze e cari ragazzi, ci rivolgiamo soprattutto a voi. Lo facciamo innanzitutto per scusarci: a nome nostro, per non essere riusciti a proteggere quel pilastro di democrazia; a nome dell’azienda, che quel pilastro oggi lo sfila dall’architettura delle garanzie della convivenza civile; e a nome di chi ad essa è complice e di chi da troppo tempo si gira dall’altra parte, fingendo di non vedere ciò che sta accadendo al Tirreno, un giornale glorioso per la Toscana con una storia lunga quasi 150 anni ma ormai da tempo in crisi, maltrattato e lasciato senza strategia di rilancio.

Da settimane, le giornaliste e i giornalisti contestano all’azienda la mancanza di un piano editoriale che dia una speranza al Tirreno, e con un voto unanime dell’assemblea tempo fa hanno dato il via ad uno stato di agitazione che prevede lo stop alla produzione degli inserti. Un passaggio doloroso, deciso anche dopo numerose violazioni e tentativi di zittire la rappresentanza sindacale messi in atto per spaventarci (ad esempio con un provvedimento disciplinare ad un collega, punito per presunte irregolarità compiute proprio mentre svolgeva la sua funzione di sindacalista), ma un passaggio necessario, con cui giornaliste e giornalisti speravano di convincere l’azienda al rispetto dei diritti dei lavoratori e ad aprire un vero canale di dialogo per discutere finalmente insieme una via d’uscita dalla crisi. 

Funziona così nella dialettica democratica fra lavoratori e azienda. Anche questo è sancito dalla nostra Costituzione: alle aziende la libera impresa, ai lavoratori la possibilità di scioperare o protestare con forme diverse di iniziativa per tutelarsi e tutelare il lavoro (quel bene primario scolpito proprio nell’articolo 1). Non che non abbiamo tentato di farlo in altro modo. Da cinque anni, quasi senza interruzioni, le giornaliste e i giornalisti accettano di tagliarsi lo stipendio pur di salvare il Tirreno, un presidio di informazione e democrazia fondamentale per i territori che racconta; l’azienda ha potuto chiudere i bilanci in pareggio (e perfino fare utili) quasi soltanto grazie alla cassa integrazione, alla vendita o alla chiusura delle sedi storiche e, diciamolo, al senso di responsabilità delle giornaliste e dei giornalisti che ogni giorno restano nelle redazioni molto oltre l’orario previsto dal contratto pur di mandare in edicola e online un giornale degno e di qualità.

Adesso, da mesi, chiediamo che anche l’editore faccia la sua parte. Che per una volta investa e innovi davvero, non si limiti solo ai tagli, ma segua una legge quasi banale in economia: le crisi – soprattutto quelle di sistema come sta vivendo l’informazione in tutto il mondo – si superano rilanciando, puntando su ricerca, innovazione e salvaguardia dei propri asset strategici, non retrocedendo.

Invece no, l’uscita di questo inserto – con una divaricazione enorme fra buoni propositi e realtà – segna una regressione culturale prerepubblicana. Vi diranno che lo hanno fatto per mettere in sicurezza i conti del giornale, che è il comportamento sconsiderato delle giornaliste e dei giornalisti a mandare allo sbando il Tirreno. È propaganda, è retorica. Senza i nostri sforzi il giornale sarebbe naufragato già da molto tempo. In una fase così delicata della storia del giornalismo, se davvero tenessero al Tirreno, aprirebbero un confronto lasciando da parte sotterfugi, vessazioni o piccole operazioni di cabotaggio finanziario. Non si limiterebbero ad usare la solita minestra riscaldata dei tagli – peraltro sintomo di nessuna capacità inventiva –, la solita scure che rischia soltanto di depauperare ancora il Tirreno senza offrirgli nessun vero orizzonte. Proverebbero a valorizzare il lavoro, le professionalità e il talento, non a mortificarli.

Ci rivolgiamo a voi, perché intorno sentiamo un vuoto triste e pericoloso. La politica ascolta a corrente alternata, quando conviene. Le istituzioni latitano. Ecco, se vi capiterà di dover proporre un pezzo per il prossimo numero di Scuola2030, magari potreste chiedere di scrivere anche dell’articolo 1, di lavoro e di diritti dei lavoratori calpestati. Oppure potreste anche decidere di esserci solidali (almeno voi) e astenervi per ora dal partecipare alla costruzione dell’inserto appoggiando la nostra mobilitazione, per difendere quei diritti, finché non saranno di nuovo riconosciuti.

Il Comitato di Redazione de Il Tirreno


Risposta dell’azienda

Ancora una volta il cdr ed una parte dei giornalisti che lo fiancheggia costruisce un racconto falso e finalizzato a colpire l'azienda nella sua immagine cercando di danneggiare in ogni modo la sua reputazione. Questa parte di giornalisti totalmente isolati nel contesto aziendale proprio a causa del loro comportamento lesivo di SAE Toscana ed autodistruttivo, si spinge ad invitare gli studenti del progetto Scuola 2030 a non partecipare più. Questo invito oltre ad essere motivato da menzogne, tende a colpire il progetto simbolo del Gruppo in quanto luogo di confronto di opinioni, strumento per gli studenti per esprimere le proprie emozioni, le proprie opinioni in totale libertà. Oltre a ciò, colpire questo progetto non solo è causa di un danno che sarà valutato dall'azienda, ma è anche finalizzato a contrastare uno degli aspetti di creatività e sviluppo con i quali SAE Toscana ha resistito e cerca di resistere alla crisi. In questo modo questo CdR e questa parte di giornalisti entrano in una evidente contraddizione, da una parte accusano l'azienda di non investire e di non avere idee di sviluppo, d'altro canto cercano di destrutturare uno dei più importanti pilastri di sviluppo del proprio giornale. È utile che tutti gli studenti e gli insegnanti sappiano che il progetto realizzato con gli studenti rappresenta per tutti a livello nazionale un fiore all'occhiello e un punto di riferimento nell'editoria. Esso infatti è un luogo di formazione al giornalismo per gli studenti, ma è anche concreta occasione per trovare lavoro, ne sono dimostrazione gli studenti assunti da SAE Emilia nei giornali emiliani. L'azienda visto questa ulteriore attività diffamatoria e distruttiva del sindacato de Il Tirreno e di  altri giornalisti, agirà, come nel caso precedente in tutte le sedi opportune per agire avendo ben chiaro ormai l'obiettivo diffamatorio e pregiudiziale che da tempo il CdR ed altri stanno portando avanti, devastando l'immagine del Tirreno, un giornale che noi  amiamo e che continueremo a salvaguardare e a difendere da ogni forma di speculazione strumentale.
SAE Toscana Srl

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