Il Tirreno

Toscana

Grandi Amori
L’intervista

«Dai, l’amore non fa tanto schifo»: il cuore ai tempi di Fumettibrutti

di Clarissa Domenicucci

	Josephine Yole Signorelli e la coperttina del libro pubblicato nel 2022
Josephine Yole Signorelli e la coperttina del libro pubblicato nel 2022

Metamorfosi sentimentale di Josephine Yole Signorelli, talento dei Comics. L’autrice e attivista transgender racconta il percorso dal dolore alla fiducia

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«Agli errori fatti bisogna volergli bene. Le sbavature fanno parte del disegno, anzi sono il disegno; non puoi pensare di cancellarle. Come la sofferenza in amore, un male necessario non richiesto, al pari dell’adolescenza. Quello che non ti spezza ti fortifica, io mi sento una sopravvissuta. Sono grata ai miei sbagli, senza non sarei chi sono oggi».

Chi parla ha solo 32 anni, occhi luminosi e una carriera sfolgorante. Josephine Yole Signorelli, in arte Fumettibrutti, enfant prodige del fumetto italiano e attivista transgender, ha scelto di raccontare la sua incredibile storia nel modo che le riesce meglio: disegnando. E un giorno, con un disegno più onesto degli altri, il mondo si è accorto di lei, cambiandole la vita in meno di quattro mesi: autrice di graphic novel dissacranti con cui ha raccontato la sua fame d’amore, l’infelicità, le speranze spezzate sul nascere e il suo percorso di transizione da uomo a donna attraverso otto interventi, alcuni sbagliati, tutti dolorosi e aggravati dalla solitudine.

«Trasformare il dolore in arte mi ha salvata», dice nei giorni che precedono il lancio di un nuovo, grandioso progetto, concedendosi con noi uno spritz e una chiacchierata sull’amore. Dove lo ha deciso lei: siamo sedute a un bar appena fuori la stazione di Bologna. Simbolica la stazione: luogo di passaggio, di attesa e trasformazione, dove chi arriva non è mai lo stesso di quando riparte.

Quando scese alla stazione di Bologna nascondeva di essere una ragazza trans e lo ha fatto a lungo; dieci anni dopo è un’attivista orgogliosa, un riferimento per un firmamento di stelle. Si è liberata di ogni zavorra?

«Rinnegare me stessa è stata la forma di violenza più grave, non ci casco più. Ho nascosto in quel periodo il mio essere transgender altrimenti mi avrebbero lasciata a casa, invece avevo bisogno di lavorare per restituire dei soldi. È stato un percorso tortuoso e in quel periodo ho toccato il fondo per poi risalire».

Ci spieghi.

«Fu un tonfo violento. Frequentavo persone, ma non avendo ancora fatto coming out, a un certo punto, quando la storia prendeva una certa piega, scappavo, avendo paura della loro reazione. Sparivo all’improvviso nel nulla, di punto in bianco, sentendomi sbagliata e senza dare spiegazioni. Temevo il rifiuto una volta scoperta la verità, ma chissà quante brave persone ci sono rimasta male. Da lì, mentre prendeva forma il mio libro sul coming out, ho cominciato a cambiare».

Nasce a Catania nel 1991 da una famiglia “impegnativa”, conclude gli studi all’Accademia delle Belle Arti negli anni in cui cresce il senso di inadeguatezza per un corpo che non sente suo. Una storia d’amore sbagliata ma cruciale si trasforma nella molla per saltare sul treno per Bologna. Qui si trasferisce per una specializzazione sui “Linguaggi del Fumetto” all'Accademia felsinea: il corso si conclude nel 2019 quando il suo progetto è già diventato un fenomeno mediatico. Ma la storia non è così scorrevole né priva di colpi di scena…

«Mi considero una sopravvissuta, sono allenata alla brutalità. Se non mi ha spezzata mi ha fatto bene, in qualche modo, a partire dall’amore».

Ha costruito la sua popolarità sul racconto di un amore brutale che le ha segnato la vita.

«Sul mio ex ho scritto tanto, ho raccontato quell’amore tossico ma fondamentale nei libri “Romanzo Esplicito”, “P-La mia adolescenza trans” , “Anestesia”».

La trilogia autobiografica (Trilogia esplicita, ed. Feltrinelli) che presto diventerà una serie tv?

«Senza quella trilogia non esisterei. Senza quell’amore, senza altre storie tristi, se mi fossi risparmiata quella sofferenza, non sarei chi sono oggi. Con lui siamo cresciuti insieme, eravamo giovanissimi, io 19 anni e lui poco di più. Un rapporto di 5 anni valso per 15, data l’intensità. Un amore tossico, oggi finalmente definiamo così quegli amori che fanno male, quelle relazioni psicologicamente devastanti che nascono sul bisogno, ma riconosco che è stato un passaggio necessario. Quella storia mi ha permesso di capire, scegliere, andare. Non riesco a volergli del male».

Ha raccontato con i suoi fumetti la sofferenza che vi siete inflitti, la drammaticità, la violenza di certe scene.

«Sì, la sofferenza non va rinnegata ma compresa, le sbavature non si cancellano».

Lei affrontava due interventi delicati del suo percorso di transizione; lui era prima troppo concentrato per un esame e poi troppo stanco per accompagnarla in ospedale. La mandò a operarsi da sola.

«Anche lui come me stava vivendo un momento delicato di trasformazione, eravamo troppo giovani. Abbiamo preso le misure dei corpi, delle anime dell’altro e sono stati metri da utilizzare dopo».

Prova rabbia o tenerezza se rivede una foto di quei due ragazzini insieme?

«Tenerezza. Capita che io faccia battute nei suoi confronti, sembra che ne parli male ma in fondo gli voglio un gran bene. Riconosco l’importanza di questo passaggio dolorosissimo e necessario per entrambi».

Vi sentite ancora?

«Ogni tanto sì, ai compleanni… Gli auguro tutto il bene».

Perché quell’amore brutale è stato necessario per arrivare a realizzare se stessa?

«Vivevamo insieme, facevamo tutto insieme. Quando sono riuscita a lasciarlo mi ha motivato ad andarmene da Catania, è stato come una molla! La molla per saltare via. Ringrazia il tuo ex! Ariana Grande insegna».

A quei tempi immaginava l’amore come un turbinio di farfalle nel cesso e l’ha disegnato, “l’amore secondo lei”, superando in un giorno i 2,5 milioni di visualizzazioni. Quel giorno in cui il mondo si è accorto di lei.

«Avevo una grande fame d’amore e cercavo nel prossimo quello che non trovavo in me stessa. L’ho fatto per anni. Ho disegnato farfalle nel cesso perché l’amore era quello per me e quella vignetta mi ha fatto fare il giro del mondo, poi è diventata la copertina del mio libro. È stata una botta di culo, che ci vuole, oltre al talento. Oggi non mi ci riconosco più, ma sono felice di averla fatta».

Oggi l’amore che sembianze ha?

«Tante, diverse, a volte magnificamente banali ma tutte da raccontare. Oggi disegno in maniera diversa, tante storie del passato le rileggo con grande tenerezza e ho capito una cosa importante: non è l’amore a rendere felici, l’amore raddoppia la felicità. Se ti innamori splendi ancora di più, in due si riesce a far esplodere di luce una stanza».

È innamorata?

«Sono innamorata e felice, c’è tanta luce. Stiamo insieme da due anni e da qualche mese conviviamo. Se vado a convivere è importante! L’ho detto sui social ma non ho ancora aggiunto altro. In molti mi scrivono che mi trovano diversa, più serena, che anche il tratto si è ammorbidito. Oggi mi sento rispettata, sono in una relazione sana, sto qui a raccontarle l’amore come un’adolescente!».

Che effetto fa un cambio di prospettiva così?

«È bellissimo crederci, sentirsi accudita e voler accudire. Uno scambio reciproco che all’inizio pensavo di non meritare, per tanto tempo ho fatto tutto da sola».

Quando si è vista fotografata sulla copertina di Sette: bellissima, in abito lungo firmato Gucci, spavalda e con un’espressione vincente, cosa ha pensato di sé?

«È stato molto potente. Sapevo che con quella copertina stavo parlando a tantissime ragazze e che avevano bisogno di vedere quell’immagine; il set doveva trasmettere potere e sicurezza. È stato un passaggio importante, sono situazioni che accadono di rado e diventano ottime occasioni per fare pulizia, per capire chi gioisce davvero per te e chi no. Io avevo al mio fianco la famiglia».

Fumettibrutti: uno pseudonimo per esorcizzare l’ansia da prestazione?

«È una chiamata a non fermarsi alle apparenze e l’invito, chiaro, per chi non ama i miei fumetti a passare pure avanti. Non sa che si perde».

Il finale da raccontare lo ha già deciso?

«Sarà un finale sincero. Il “vissero felici e contenti” sembra un incubo, non ci crede nessuno».

Cosa ha capito in definitiva sull’amore?

«Che non fa proprio schifo, che ci si può fidare».l




 

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