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Jsw, Piombino alla ricerca di un futuro

di Luca Centini
Jsw, Piombino alla ricerca di un futuro

Il gruppo che fa capo al magnate indiano Jindal conduce una partita a scacchi con il governo

31 luglio 2023
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Il futuro dello stabilimento di Piombino e dei 1.500 lavoratori che ne fanno parte è di fronte a un bivio. Sembra una frase fatta, una sensazione a cui la città delle rotaie si è abituata dopo anni di crisi produttiva e impianti che procedono a singhiozzo. Ma l’impressione è che, oggi come non mai, la vertenza del polo siderurgico di Piombino sia arrivata davvero a un punto di non ritorno.

In questo scenario il gruppo Jsw, che fa capo al magnate indiano Saijan Jindal ed è proprietario dello stabilimento di Piombino dal 2018, è impegnato in una partita a scacchi giocata per lo più sotto traccia con il ministero delle Imprese e del Made in Italy del governo Meloni. L’obiettivo è chiaro: arrivare a definire i contenuti di un piano industriale credibile e indispensabile per la firma dell’addendum all’accordo di programma, il cui tavolo è ripartito il 25 luglio scorso. Un atto atteso da oltre un anno che, una volta sottoscritto dalle istituzioni locali e nazionali, dovrebbe definire il perimetro e i contenuti del rilancio del sito produttivo di Piombino, del risanamento ambientale e della riqualificazione infrastrutturale di un territorio in rottura prolungata.

Il contesto nel quale si ragiona su come far ripartire lo stabilimento, tuttavia, è denso di ostacoli e paletti da aggirare. Lo hanno spiegato bene i sindacati metalmeccanici che lo scorso 19 luglio hanno organizzato una manifestazione sotto il municipio di Piombino per riaccendere i riflettori su una vertenza troppo a lungo abbandonata dal governo nazionale. Gli stessi sindacati che nella giornata di oggi saranno a Roma per partecipare al tavolo convocato dal ministero alle Imprese e al Made in Italy. Una giornata cruciale, nel corso della quale si attende che il gruppo indiano sveli finalmente i contenuti del piano d’impresa, fino ad oggi rimasto nel campo delle indiscrezioni. In caso di bocciatura del piano, dovrà essere il governo a prendere in mano la situazione, trovando una strada - con o senza Jindal - per ridare un futuro al sito siderurgico di Piombino.

Ad avvelenare ulteriormente il clima a poche ore dal tavolo ministeriale ci si è messa la grana degli smantellamenti degli impianti dismessi dell’ex area a caldo dello stabilimento, affidati da Jsw all’impresa F&R. Una densa nube di polvere si è creata in seguito alla demolizione di una campata del vecchio capannone del reparto convertitori e si è riversata sulla città lo scorso mercoledì, entrando dalle finestre delle case al confine tra l’area industriale e il centro abitato. Tantissime le proteste, immediate le scuse dell’azienda, mentre il Comune ha annunciato la decisione di presentare un esposto in Procura. Insomma, un altro incidente che rende i rapporti tra la città e la fabbrica sempre più turbolenti.

Tempi sempre più stretti

Alla fine del mese di settembre scadono gli ammortizzatori sociali per i 140 dipendenti della Piombino Logistics, la controllata nell’orbita di Jsw che gestisce gli impianti portuali dove vengono scaricati i semiprodotti in arrivo dall’India. A gennaio scade invece la cassa integrazione in deroga per i 1.500 addetti della Jsw. Le concessioni per gli spazi portuali (dove viene scaricato il semiprodotto) sono di fatto congelate, in attesa che si sblocchi la vertenza e si proceda con la firma del nuovo accordo di programma. La Regione Toscana ha confermato ai sindacati che le risorse economiche per la proroga a gennaio della cassa integrazione in deroga non sono attualmente disponibili e servirà un intervento governativo per rifinanziarle.

Il rischio è che, anche nel caso di un nuovo stanziamento in Finanziaria da parte del governo, si possa creare un vuoto di alcuni mesi, con i lavoratori che rischierebbero di non prendere lo stipendio. In ogni caso, dopo dieci anni di ammortizzatori sociali e di produzioni a singhiozzo, quello che serve per ottenere un nuovo paracadute per i lavoratori del sito siderurgico di Piombino è un piano di impresa concreto e condiviso tra l’azienda e il governo. Ed è qui che il racconto, in un’estate nella quale gli impianti sono più fermi che in marcia, prende due strade diverse. Da una parte c’è il gruppo siderurgico che, con una lettera inviata alla fine del mese di giugno al governo, ha informato il ministero di avere già pronto il piano di impresa per il rilancio dello stabilimento, dall’altra ci sono i sindacati (e non solo) che non si fidano più della proprietà e chiedono al governo di prendere la situazione in mano: se Jsw è in grado di andare avanti bene, altrimenti si cerchi un piano B. È il pensiero, sintetico, dei sindacati confederali che hanno organizzato la manifestazione di protesta del 19 luglio scorso e che oggi sono convocati al ministero.

Il pugno duro, poi lo stallo

27 aprile. A quella data risale l’ultimo tavolo ministeriale a cui hanno partecipato anche i sindacati metalmeccanici. In quell’occasione fu la sottosegretaria al ministero delle Imprese e del Made in Italy, Fausta Bergamotto, ad assumere una posizione netta, come mai avvenuto in precedenza: «Mimit non è disposto a concedere ulteriore finanza pubblica se persiste questo quadro di incertezza industriale, che si trascina dal 2018, e senza impegni precisi da parte del gruppo industriale indiano».

Non solo. In quell’occasione la rappresentante del governo Meloni ha ricordato che «le nuove commesse per la fornitura delle rotaie a Rfi - affare da un miliardo di euro in grado di dare una prospettiva produttiva allo stabilimento - rimangono comunque condizionate all’attuazione del piano». Insomma, si va avanti con il gruppo indiano a patto che spinga davvero - una volta per tutte - sul piano degli investimenti. Non solo. Il piano di impresa, secondo il governo, dovrà prevedere necessariamente il ritorno alla produzione di acciaio, attraverso la realizzazione di un forno elettrico. Sembrava la tanto agognata accelerazione invocata da più parti. E invece sulla vertenza Piombino è calata di nuovo l’incertezza, fino alla nuova convocazione del tavolo ministeriale proprio nelle ore in cui in città è ripartita la mobilitazione. Ma quando i sindacati hanno denunciato pubblicamente lo stallo, è stato il vicepresidente di Jsw Italy Marco Carrai a ribattere pubblicamente, spiegando come, in realtà, il gruppo siderurgico abbia lavorato con il governo per la definizione del piano di impresa, propedeutico alla sottoscrizione del nuovo addendum all’accordo di programma. Un atto chiave per fissare i paletti del futuro del polo di Piombino e, in generale, del territorio della città interessata da decenni dall’attività siderurgica.

Il piano di impresa

Il gruppo siderurgico indiano, sempre per voce del vicepresidente della divisione italiana Marco Carrai, ha fatto sapere pubblicamente di aver già provveduto con Invitalia a "fare application" (presentare domanda) presso il competente ente statale per la procedura del contratto di sviluppo riguardante gli investimenti per 139.970.500 euro sui treni di laminazione rotaie e barre più 3.945.000 euro per ricerca e sviluppo. Non solo. Con una lettera datata 29 giugno, inoltrata al ministero delle Imprese e del Made in Italy, la stessa Jsw ha riassunto le linee guida del piano di impresa, da completare in diversi step.

Come detto, prima il revamping del treno rotaie (decisivo per onorare il contratto di fornitura pluriennale con Rfi) e del treno a barre, quindi un secondo step per la riqualificazione del treno vergella e per la realizzazione di un nuovo forno elettrico (sarebbe previsto a ridosso del centro abitato, tanto da aver suscitato già il no del Comune di Piombino). Tra gli asset che sarebbero compresi nel perimetro dello stabilimento anche un impianto per la produzione di idrogeno e un impianto di produzione di green energy per i quali il gruppo sta aspettando la convocazione dei tavoli tecnici ministeriali. In parallelo il gruppo, questa volta tramite la Piombino Logistics (controllata che gestisce gli impianti portuali dello stabilimento), ha presentato il piano di impresa considerato strategico in funzione della richiesta di proroga della concessione provvisoria attualmente vigente.

Insomma, Jsw sostiene di aver lavorato, ma il governo - almeno pubblicamente - per adesso non ha fatto la sua mossa. Né per bocciare Jsw, il gruppo che si è insediato a Piombino dal 2018 ma non è riuscito a concretizzare in questi anni gli impegni promessi. Né, al contrario, per condividerne la strategia.

Oggi, durante il tavolo, si capirà finalmente quali saranno le mosse del ministro Urso e del suo staff.

L’urlo dei lavoratori

È in questo contesto di assoluta incertezza e di tatticismo ormai logorante che i lavoratori di Piombino hanno manifestato lo scorso 19 luglio sotto la sede del Comune. «Quello che non si capisce è che si sta andando verso la fine, ma noi non siamo disposti ad attendere i titoli di coda», hanno spiegato i segretari provinciali di Fim, Fiom e Uilm nel giorno in cui hanno annunciato la mobilitazione del mese di luglio.

La fiducia nei confronti del gruppo siderurgico indiano è ai minimi termini. E per questo anche le rassicurazioni sugli impegni contenuti nel piano di impresa non convincono, dopo anni di promesse disattese.

In questo contesto c’è chi, su tutti il Pd di Piombino, chiede senza mezzi termini al governo di voltare pagina, individuando nella possibile revoca delle concessioni demaniali peraltro già scadute (lo stabilimento opera in aree pubbliche principalmente per onorare la commessa pubblica per la fornitura di rotaie a Rfi) una leva per sbloccare la situazione e per allungare lo sguardo oltre Jsw. In una città ormai abituata alle decisioni rimandate, l’attenzione è rivolta al prossimo inverno quando gli ammortizzatori sociali per 1.500 lavoratori scadranno. Un’ulteriore proroga non basta, Piombino vuole sapere davvero quale sarà il suo futuro.

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