Mercati rionali sempre più a rischio in Toscana: «Nuove imprese in continuo calo»
Il presidente della sezione Toscana dell’Associazione nazionale venditori ambulanti (Anva): «Serve un sostegno a tutta la categoria»
«Il bello del nostro lavoro è che è all’aperto. E poi si hanno tante soddisfazioni, soprattutto dal punto di vista sociale». Si riferisce al lavoro del mercante di piazza Maurizio Innocenti, il presidente della sezione Toscana dell’Associazione nazionale venditori ambulanti (Anva) , affiliata a Confesercenti Toscana. Innocenti ci racconta i punti di forza e di debolezza di una tradizione, quella del mercato, che «solo in Italia è così capillare».
Quali sono i punti di forza del commercio ambulante?
«Il nostro è il commercio più antico che conosciamo. Non impatta, non consuma suolo. Addirittura riesce ad arrivare in tutti i gangli della città, dando alle persone la possibilità di toccare la merce e, soprattutto, di ritrovare la socialità».
E i vostri punti di debolezza?
«Nel biennio dicembre 2020-dicembre 2022, a livello nazionale le attività sono passate da 176mila a poco più di 162mila. Hanno chiuso 19 imprese al giorno. Le aperture, invece, sono state 6mila nel 2021 e 4mila nel 2022. Se il trend rimane questo, nel 2025 non aprirà nessuna nuova impresa».
Come si è arrivati a questo?
«Questa situazione è dovuta ad una serie di incertezze. La vicenda della direttiva Bolkestein, infatti, non si è ancora chiusa. Il rinnovo delle concessioni è incerto: non si possono fare investimenti. Inoltre, pandemia e abusivismo hanno creato una mancanza di prospettiva. Così non c’è voglia di rinnovarsi».
La politica vi è vicina?
«La politica nazionale è lontana dal nostro mondo. Ma c’è un buon rapporto con la Regione Toscana, con cui lavoriamo bene. La Regione ha rinnovato le concessioni alla quasi totalità delle imprese del territorio».
Al Governo cosa chiedete?
«Chiediamo un sostegno mirato alla riqualificazione delle attività, anche in chiave ambientale. Abbiamo la necessità del ricambio dei mezzi, ma oggi per comprare un furgone non bastano 50mila euro. E per avere una svolta green si dovrebbe pensare a una infrastruttura che permetta di alimentare i mezzi elettrici nelle aree mercatali».
L’e-commerce è una minaccia?
«Internet allontana i giovani dalle piazze del mercato. Oggi tutti sono in grado di gestire un acquisto online, che puoi cambiare o rimandare indietro. Non stiamo avendo un ricambio generazionale nella nostra utenza».
Internet può esservi anche d’aiuto però.
«Vi sono esempi di piccoli mercati, con 20 o 30 banchi, che utilizzano delle piattaforme online dove si identificano i banchi del mercato, che a loro volta possono promuovere il prodotto, che viene così localizzato e spedito a chi lo compra. È ancora un lavoro in fase embrionale».
Il lavoro mercantile oggi attrae i giovani?
«Non ci sono giovani che si inseriscono nel nostro mondo se non extracomunitari. Il nostro è un lavoro storico fatto da ambulanti che si trasmettevano il lavoro di generazione in generazione, quindi è un lavoro culturalmente italiano. Se guardiamo la morfologia della nostra nazione notiamo la piazza del mercato in tutte le città. C’è la mancanza di integrazione tra diverse culture oggi: alcune etnie non vogliono integrarsi».
A quali etnie si riferisce?
«I cinesi sono chiusi tra loro, non fraternizzano con noi. Lo stesso vale per i pakistani e per i marocchini. Un tempo al mercato ci si conosceva tutti. Le culture possono integrarsi facendo formazione, cioè conoscendo attività, prodotti, regole».