Scuole in vacanza (psicologi compresi)
Fra qualche giorno finiranno le scuole e finalmente inizieranno le ferie per studenti e… psicologi. Già, proprio così.
Sembra infatti, dai dati dei vari centri di neuropsichiatria locali, che ci sia un forte legame fra il periodo scolastico e le richieste d’aiuto che arrivano dai ragazzi agli psicologi.
Più precisamente parliamo di un calo pari quasi al 50%, nel periodo giugno-agosto, per poi riprendere coi primi di settembre, fino ad aver un picco verso la fine dell’anno.
In particolare durante questo lasso di tempo diminuiscono le diagnosi tipo: i disturbi d’ansia e disturbi depressivi, spesso presenti nei soggetti con difficoltà sulla continuità di frequenza e di impegno scolastico, e che tendono a favorire il ritiro sociale amplificando isolamento e solitudine; i disturbi comportamentali, in particolare i disturbi della condotta; l’autolesionismo e il suicidio (in Italia purtroppo è la quarta causa di morte fra gli adolescenti fra i 15 e 19 anni), nei quali spesso incidono le prestazioni scolastiche, le attese familiari e le relazioni di classe ad esse connesse.
Dunque sembra esserci uno stretto rapporto fra disturbi emotivi e scuola.
Ad oggi, per la maggior parte dei giovani la scuola risulta il punto di socializzazione più importante: basti notare come, con il crescere, le amicizie di quartiere o quelle legate alle attività ludico-sportive, vengano sempre più sostituite da quelle che si formano in classe. Ma se un ragazzo in classe ha delle difficoltà, allora iniziano i problemi.
È infatti il sistema scuola che spesso fa nascere i problemi emotivi, con le rigide valutazioni prestazionali, con l’incapacità comunicativa di alcuni professori, con le “selezioni” relazionali di alcuni compagni e le conseguenti litigate e/o sgridate dei propri genitori.
La scuola, come emerge dall’indagine regionale “Tra presente e futuro. Essere adolescenti in Emilia-Romagna nel 2022”, è vista dai ragazzi come un mezzo utile per arrivare all’inserimento lavorativo e per l’emancipazione personale, ma è considerata uno dei percorsi più difficili da affrontare.
Va allora immaginata una riforma scolastica per far star meglio i ragazzi?
Forse sì, ma è dai tempi di Don Milani, di cui si è celebrato il centenario della nascita proprio in questi giorni, che se ne parla; forse basta semplicemente saper selezionare i professori, cercando in loro, non solo le competenze di materia, ma anche le capacità empatiche.
L’empatia è fondamentale per realizzare una didattica inclusiva che possa coinvolgere in modo attivo anche gli alunni con particolari bisogni educativi, ed è importante per la prevenzione di fenomeni sociali particolarmente gravi come il bullismo, il cyberbullismo e il disagio giovanile.
Anche perché come asserisce il professor Umberto Galimberti: «Un insegnante senza empatia e comunicazione non può fare il professore».
Nella mia vita come psicologo nelle scuole ho incontrato tante tipologie di insegnanti, da quelli che mettono voti negativi “per il bene del ragazzo”, a quelli che usano correttori automatici per le materie letterarie, da quelli che soggettivizzano la materia («non mi importa quello che scrive il libro io la voglio così!») a quelli che vanno sempre di media matematica, ma sicuramente quelli che ho visto diventar modelli, punti di riferimento o guide nei percorsi di vita, avevano questa caratteristica e spesso riuscivano a far sì che i ragazzi non avessero più bisogno di me.
* psicoterapeuta
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