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Rai, l’allarme del presidente Fnsi: «L'occupazione indebolisce la democrazia»

di Tommaso Silvi
Rai, l’allarme del presidente Fnsi: «L'occupazione indebolisce la democrazia»

Di Trapani: «Così il servizio pubblico si avvia a essere ancora più controllato dal governo»

27 maggio 2023
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Lo scenario è «preoccupante». Il rischio è quello di «indebolire la democrazia». E se oggi il servizio pubblico «è ancora di più sotto il controllo governativo» è anche grazie – o a causa – della «riforma sulla governance aziendale voluta da Renzi alla fine del 2015». Il terremoto Rai degli ultimi giorni – tra cambi ai vertici, nomine e fughe di nomi illustri della tv di Stato, come Fabio Fazio e Lucia Annunziata – surriscalda Vittorio Di Trapani, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana e giornalista di RaiNews24.

Partiamo dall’ultimo colpo di scena in casa Rai. Le dimissioni della giornalista Lucia Annunziata, che ha salutato l’azienda con una lettera in cui ha detto di “non condividere nulla dell’operato del governo”.

«Come l’addio di Fazio, le dimissioni di Lucia Annunziata rappresentano una grave perdita per il servizio pubblico».

Come uscirà la Rai dagli stravolgimenti e relative polemiche delle ultime settimane?

«Il grande pericolo è che la Rai possa uscire da questa stagione di cambiamenti non solo ancora di più sotto il controllo governativo, ma anche indebolita dal punto di vista industriale ed editoriale. Questo vuole dire che il servizio pubblico rischia di essere ridimensionato».

Però ha sempre funzionato così: cambia il governo e cambiano i vertici Rai. Oppure no?

«Che la Rai sia stata occupata dai governi di tutti i colori è evidente. Ma qui siamo di fronte a un passo ulteriore. Prima di tutto perché si induce un amministratore delegato a lasciare l’incarico a metà mandato, senza aver spiegato le ragioni industriali ed editoriali per le quali se ne doveva andare. Una mossa che il governo ha compiuto utilizzando un decreto legge apparentemente approvato per altre ragioni ma chiaramente finalizzato a liberare la posizione di amministratore delegato Rai. Dopodiché si passa al cambio, sostanzialmente, di tutte le testate giornalistiche dell’azienda. Anche in questo caso senza spiegare in alcun modo le ragioni della necessità di questi cambi».

Quindi sta accadendo qualcosa di diverso rispetto a quanto successo in passato con i vari governi, secondo lei?

«Direi di sì. Siamo in assenza del rinnovo di contratto di servizio, del rinnovo del piano industriale, non c’è una direzione di marcia dell’azienda individuata chiaramente, ma l’emergenza in Rai è quella di cambiare direttori. Un comportamento senza precedenti. Oltretutto con un amministratore delegato indicato dal governo e nominato (Roberto Sergio, nda) con una minoranza dei voti del consiglio d’amministrazione».

E invece come mai sono bastati solo tre voti favorevoli del consiglio di amministrazione su sette membri per la nomina dei direttori delle testate?

«Perché Renzi otto anni fa ha varato una norma secondo la quale il parere del cda è vincolante solo se arriva con cinque voti su sette. In questo caso i voti non a favore sono stati 4. Ma non è difficile fare i conti: un votante è l’amministratore delegato, e gli altri due favorevoli arrivano da consiglieri nominati durante il precedente governo e voluti da Forza Italia e Lega. Non è una questione di destra o sinistra, ma di principio: si occupa la Rai e lo si fa a colpi di minoranza. Assurdo». l


 

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