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La pistola, botte agli amici, rapine: in Toscana una nuova generazione di violenti

di Ilaria Bonuccelli
La pistola, botte agli amici, rapine: in Toscana una nuova generazione di violenti

Aggressioni efferate e gratuite: non importa il bottino, ma riuscire a fare del male. In altre regioni il fenomeno è ancora più accentuato. Parla Delfini, direttore del Servizio analisi criminale: «Crescono percosse e lesioni»

20 marzo 2023
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Il bottino della rapina è di 25 euro. Sette ragazzi contro un quattordicenne, domenica pomeriggio, in centro a Sesto Fiorentino. Una decina di giorni fa, a Follonica, due 17enni si trovano sotto tiro: una pistola e l’ordine perentorio: “Dammi i soldi”. Le tasche che si svuotano. Il terrore che non ti abbandona più. Un loro coetaneo, a Campi Bisenzio, sabato notte viene aggredito da un branco. «Una lite per futili motivi in discoteca», riportano i verbali di denuncia. Ma come si descrive la paura che non ti abbandona più, medicati i calci, i pugni al pronto soccorso?

Fenomeno in aumento

Non si descrive. C’è e basta. In 48 ore in Toscana si registrano quattro o cinque aggressioni contro adolescenti. Per lo più «da parte di coetanei», conferma Stefano Delfini, direttore del Servizio analisi criminale dell’ufficio interforze. È la nuova frontiera della violenza giovanile, in aumento dopo la pandemia. Con picchi anche nelle regioni meno problematiche come la Toscana. Anzi, in Toscana - dice Delfini - il tessuto sociale «ancora tiene. Esiste un sistema di relazioni che rende la violenza giovanile un fenomeno più controllato rispetto a metropoli come Roma, Milano, Torino o Napoli». Ma non per questo assente.

Firenze, come Bologna, è una città presa di mira dalla violenza dei ragazzi sui ragazzi. «Con un’estensione del problema – ammette Delfini – anche alle ragazze. I numeri sono inferiori alla violenza maschile, ma anche le ragazze hanno un ruolo attivo e spesso le vittime delle ragazze sono le ragazze». Basta pensare a quanto accaduto poco meno di un anno fa a Siena dove un gruppo di 10 bulle - indagate dalla procura dei minori di Firenze - organizzava agguati alle coetanee: l’obiettivo non era solo aggredirle, ma anche filmarle e pubblicare i video sulla chat “baby gang”.

Più di recente, una ragazza è stata denunciata con altri quattro minorenni per lesioni aggravate a un coetaneo, attirato con un tranello al luna park di Pescia, a dicembre 2022.

Violenza contro gli amici

Gli episodi da citare sono tanti. A Firenze, ad esempio, a fine febbraio un quindicenne è stato aggredito nella piazza dietro a Palazzo Vecchio mentre tornava a casa: non avendo soldi con sé, i due adolescenti che lo volevano taglieggiare, lo hanno preso a schiaffi. Più di una discoteca, dalla Versilia all’Argentario, è stata chiusa (per alcuni giorni) per risse scoppiate all’interno. «Quello che abbiamo notato – riprende Delfini – è che nella maggior parte dei casi di aggressione, le vittime sono i coetanei. E non di rado, vengono aggrediti amici e conoscenti. Tante volte nelle questure o nelle caserme dei carabinieri ci sono ragazzini increduli che si domandano perché siano stati rapinati del cellulare o magari della felpa da adolescenti che ritenevano amici, magari da compagni di scuola». E se questo fenomeno in parte era già presente (ma non in queste dimensioni) prima della pandemia, dopo il Covid si è intensificato. Non solo in quantità, ma anche in qualità.

Violenza gratuita

I reati che sono aumentati di più - numericamente parlando (non in percentuale) sono proprio le rapine, anche per strada, le lesioni e le percosse «a conferma che c’è la volontà di fare del male da parte dei ragazzi a chi si trovano davanti. Quello che ci impressiona di più – continua Stefano Delfini – è che non c’è stato solo un aumento degli episodi, ma un salto di qualità nella violenza agita: è sproporzionata, gratuita». Che senso ha prendere a botte un ragazzino per portargli via venti euro? «Non ha alcun senso, anche perché – specifica Delfini – nella maggior parte dei casi, le rapine sono commesse senza che ci sia un reale bisogno. A volte la merce viene rivenduta, ma più spesso, come nel caso dei cellulari, viene buttata».

Quindi diventa difficile comprendere le ragioni delle aggressioni. «Possiamo ricercare le ragioni del disagio nei danni causati dalla pandemia: isolamento, chiusura delle scuole, dei centri di aggregazione hanno compromesso la stabilità, hanno tolto punti di riferimento ai ragazzi. Perciò non si deve attribuire la violenza solo a chi proviene da contesti o famiglie disagiate». Oggi – spiega il Servizio Analisi criminale – il fenomeno è trasversale. E anticipato.

Sempre più giovani

L’età media di chi aggredisce, rapina, picchia, insulta (di solito in gruppo) è sempre più bassa «e molti hanno meno di 14 anni, l’età nella quale si diventa perseguibili per legge. Questo ci deve far molto riflettere – sottolinea Delfini – perché spesso i reati commessi anche da chi ha 12 o 13 anni sono gravi. Il problema è che quando ci confrontiamo con questi ragazzi non hanno affatto consapevolezza della gravità di quello che hanno compiuto. Non si rendono conto del male che hanno causato alle loro vittime».

Carnefici indifferenti

Chi aggredisce o compie anche reati più gravi,è caratterizzato «da assenza di empatia, come se avesse un vuoto di valori. Ho sperimentato personalmente situazioni di questo tipo: ad esempio parlando con ragazzi che avevano anche commesso un omicidio. Li incontri e ti sembrano innocui, ragazzi che potresti incontrare per strada, in un centro commerciale. Poi ti ci confronti e ti raccontano atti terribili, senza un minimo di rimorso, di pentimento. Ci dobbiamo chiedere perché. Dove abbiamo sbagliato e come possiamo rimediare».


 

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