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Il futuro di Cala de' Medici

di Cecilia Morello
Il futuro di Cala de' Medici

«Più spazi e autonomia energetica la ricetta per battere la concorrenza»

03 ottobre 2022
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Un anno complicato per i porti turistici, una stagione di transizione, e la certezza che sia il momento di fare scelte ed investimenti importanti per consentire al settore di restare al passo con i tempi, con le esigenze del mercato nazionale ed internazionale e con la produzione. Ne è convinto Matteo Italo Ratti, amministratore delegato del porto turistico di Rosignano Solvay Marina Cala de’ Medici Spa e presidente del Consorzio Marine della Toscana che conta 11 porti della nostra costa (e punta ad averne 15 entro il 2023). «La pandemia ha cambiato il mondo della nautica, ha dato un colpo d’accetta. Se da una parte molti di coloro che prima usavano la barca come mezzo hanno scelto di cambiare, c’è tutto un nuovo mercato di persone che l’ha scoperta. Il settore delle compravendite ha avuto un grande sviluppo, le aziende di produzione hanno un monte ordini fino al 2024». Ma sono cambiati anche il mercato di utilizzo e la tipologia di clientela. «Qui al Marina Cala de’ Medici il picco di affluenza si aveva a fine giugno e inizio luglio, per poi calare in agosto e risalire a settembre. Quest’anno la presenza è stata costante, si muovono meno, e questo crea delle difficoltà per la rotazione dei posti barca, che è mancata».

Ora c’è quanto mai il bisogno di guardare al futuro, capire dove sta andando il mercato e intercettarlo, se non si vuole rischiare di restare “fuori dalle rotte”, a favore di Francia, Grecia, Croazia, Albania. «Se il mercato produce suv, non possiamo offrire parcheggi per delle Panda – spiega Ratti –. La produzione sforna barche più lunghe e più larghe, più tecnologiche, molto elettriche. E i nostri porti devono essere in grado di offrire dei servizi, altrimenti le barche vanno altrove». Quello che manca quindi sono “metri” e “kilowatt”. E come si risolve? «La Regione deve avviare dei percorsi autorizzativi, rimettere in discussione tutte le concessioni per consentire investimenti e adeguamenti. Servono ormeggi che consentano di non essere tagliati fuori dal mercato». La stessa crisi energetica impatta sul settore. «Serve più energia elettrica, per fornirla alle imbarcazioni e alla rete collettiva. Qui al Marina Cala de’ Medici potremmo produrne 2-3 megawatt solo coprendo i tetti dei parcheggi e del borgo con pannelli, senza toccare un centimetro di territorio. Ma ci devono essere strumenti urbanistici che ci consentano di farlo. I porti non sono privati, sono infrastrutture dello Stato e devono avere una regolamentazione specifica ed autonoma.

Se servono 30 anni per un iter autorizzativo che poi finisce per impantanarsi tra Comuni e Soprintendenza non si va da nessuna parte». Quindi metri, kilowatt ma anche innovazione tecnologica e pianificazione. «Per il futuro immagino una sorta di booking.com dove poter prenotare le tappe e gli ormeggi, vedere i servizi dei singoli porti e cosa offre il territorio circostante. Ma servono sostegni per la digitalizzazione a chi punta sulle strategie di area vasta». Ed è quello che sta facendo il Consorzio Marine della Toscana. «Una cabina di regia coordinata. Al nos tro interno abbiamo porti con dna diversi, società per azioni come il nostro, ma anche al 100% pubblici come Viareggio, cooperative come a Piombino». Cosa fa nel frattempo il porto Marina Cala de’ Medici? «Puntiamo sulla nostra forza, che è il territorio. Siamo un porto di transito, qui si ferma chi passa da nord a sud e viceversa. Dobbiamo far capire cosa trova quando si ferma qui e collegarci di più al resto del territorio».

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