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Chiusi i circoli ma è rivolta: «Siamo stati discriminati»

Marco Pagli
Niente più bocce al circolo Arci di via Maestri del marmo a Carrara come si vede nella foto scattata all’inizio dell’estate, dopo la riapertura
Niente più bocce al circolo Arci di via Maestri del marmo a Carrara come si vede nella foto scattata all’inizio dell’estate, dopo la riapertura

Il ministero dell’Interno ordina lo stop a 1650 tra case del popolo, Acli e Mcl «Perché i bar lavorano e noi no? E non c’è nessun ristoro». Politica mobilitata

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La doccia fredda per i 1.250 circoli Arci della Toscana, a cui si aggiungono gli oltre 400 di Acli e Mcl, è arrivata martedì sera con la pubblicazione di una circolare del ministero dell’Interno, che entrava nel dettaglio delle nuove restrizioni anti-Covid contenute nel Dpcm del 25 ottobre. Tra le righe di quelle 4 pagine era contenuta anche la chiusura dei «centri culturali, sociali e ricreativi», con conseguente «sospensione dell’eventuale somministrazione di alimenti e bevande effettuata a beneficio di soci o frequentatori occasionali». In una parola, serrata totale di circoli e Case del Popolo.

Il coro di proteste si è levato subito. È stato così forte che potrebbe contribuire nelle prossime ore a far riaprire la partita. Il provvedimento è stato giudicato inaccettabile non solo da Arci, ma anche dalla politica. Si è mosso il presidente della Commissione Affari Costituzionali al senato Dario Parrini e l’assessora regionale alle politiche sociali, Serena Spinelli. A destare la rabbia di un mondo che conta 160mila soci in Toscana è il trattamento discriminatorio rispetto alle altre realtà commerciali, per le quali rimane l’obbligo di chiusura al pubblico alle 18. «Inaccettabile che sia una circolare ministeriale a chiudere i circoli - attacca il presidente di Arci Toscana, Gianluca Mengozzi - e assurdo e contraddittorio che si imponga la chiusura laddove ad esempio, bar e ristoranti possono rimanere aperti. Si colpisce una rete di centri fondamentali per la socialità, soprattutto nei piccoli paesi». A marzo molti comitati territoriali anticiparono addirittura il lockdown disposto dal governo, decidendo di concerto con i presidenti dei circoli di abbassare la saracinesca per arginare il rischio sanitario. Una decisione che non vogliono replicare adesso, proprio perché le misure prese dal governo prevedono comunque l’apertura dei pubblici esercizi fino al tardo pomeriggio. Senza considerare il fatto che la situazione economica della maggior parte delle case del popolo è disastrosa, dopo la chiusura prolungata della primavera e con l’attività sociale mai pienamente ripartita con l’annullamento di sagre, feste e iniziative anche nel periodo estivo». Infatti l’assessora Spinelli assicura che la Regione sta lavorando «alacremente affinché nelle pieghe dei doverosi provvedimenti di contenimento del Covid non si produca una discriminazione a danno dei circoli ricreativi e culturali, presidio sociale irrinunciabile. Non c’erano dubbi sulla sospensione delle attività ricreative e culturali nei circoli, ma ritenevamo che le attività di bar, ristoro e asporto svolte dentro queste strutture potessero restare aperte nei limiti di sicurezza imposti agli esercizi pubblici. Ora chiediamo alle autorità competenti di riesaminare l'interpretazione restrittiva fornita e consentire la somministrazione per i circoli come attività funzionale alla loro stessa sopravvivenza come presidi sociali».

Anche la segretaria regionale del Pd, Simona Bonafé, condivide l’appello di Arci «affinché le attività di somministrazione dei circoli riaprano i battenti quanto prima senza subire disparità rispetto alle attività commerciali analoghe: ci stiamo attivando con il Governo. I circoli rappresentano quell’associazionismo che tanto ha dato e sta dando in questa crisi: non possiamo rischiare che scompaiano». Peraltro in questi mesi i circoli sono stati il fulcro di moltissime azioni di solidarietà, che sono andate incontro a migliaia di famiglie in difficoltà. Ma al danno è seguita anche la beffa. A differenza di bar e ristoranti, per i circoli non è stato previsto alcun ristoro né sgravi fiscali su imposte come l’Imu, che pesa molto su immobili che spesso hanno grandi dimensioni. «Le nostre associazioni rappresentano - prosegue Mengozzi - un presidio del territorio, un’insostituibile rete di volontariato che opera per la coesione sociale. Siamo uno stabile riferimento della pubblica amministrazione e sosteniamo con solidarietà molte realtà con le risorse delle nostre attività di autofinanziamento. Ma è diventata urgente una chiara collocazione dei nostri presidi all’interno delle misure di sostegno per garantire la continuità della nostra funzione, anche in vista dell’importante intervento di tenuta sociale e contrasto delle conseguenze della pandemia che vedrà le nostre associazioni agire con ancor maggiore intensità nei mesi a venire».

In attesa di eventuali modifiche del Dpcm, oggi è prevista una mobilitazione di tutti i circoli con la campagna “Curiamo la socialità” e che prevederà a seconda dei territori proteste silenziose, flash mob e dimostrazioni di piazza. —
 

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