Il Tirreno

Toscana

Diamanti tossici, la rabbia dei bancari: «Noi truffati come i nostri clienti»

Barbara Antoni e Gianni Parrini
Diamanti tossici, la rabbia dei bancari: «Noi truffati come i nostri clienti»

Lucca, centinaia contro Banco Bpm. «Ci ha fatto vendere i prodotti a nostra insaputa, alcuni di noi sono stati denunciati»

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LUCCA. Brucia per i clienti più affezionati di Banco Bpm la truffa dei diamanti, e brucia anche per i dipendenti dell’istituto di credito, che in questa vicenda si sono sentiti beffati: tutti nell’onore, per essere stati inconsapevoli intermediari di un business rivelatosi fallimentare, alcuni anche per avere creduto essi stessi nell’investimento, per averci puntato soldi propri o di familiari stretti. Soldi andati al momento perduti: anche questi ultimi si sono rivolti alle associazioni dei consumatori per farsi tutelare e cercare di recuperare i propri risparmi.

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Per questo l’atmosfera a Lucca, per la manifestazione regionale che ieri ha sfilato in via Fillungo per riunirsi in piazza San Giusto, davanti alla sede centrale della Cassa di Risparmio confluita in Banco Bpm, era elettrica. I bancari con i sindacati Fisac Cgil, First Cisl, Uilca, Unisin, Fabi e i risparmiatori beffati, qualcuno fisicamente presente, altri rappresentati da associazioni. Come Federconsumatori, che si sta occupando, come spiega il suo presidente regionale Massimo Falorni, di 150 casi in Toscana.

«I clienti sono il nostro pane quotidiano – spiega Maria Elide Girletti, operatore di sportello del Gruppo Bpm a Lucca –, per questo chiediamo all’azienda di rimborsarli. Un passaggio necessario per permettere a noi dipendenti di recuperare credibilità: lavoriamo tutti in piccoli centri e ultimamente abbiamo vissuto situazioni spiacevoli. Andando al bar o portando i figli alla partita ci siamo trovati a discutere faccia a faccia con clienti arrabbiati, che ci chiedono conto dell’accaduto. Diversi colleghi sono stati denunciati per aver fatto il loro lavoro, ovvero aver proposto un investimento che dalla banca ci veniva presentato come sicuro e che era inserito nel budget che ogni dipendente deve raggiungere. Il contratto nazionale prevede che in caso di denunce sia la banca a pagare l’avvocato, ma l’azienda si sta tirando indietro anche su questo fronte. Inoltre, molti non sanno che ci diversi dipendenti del Gruppo Bpm hanno acquistato diamanti per sé o per la famiglia e sono stati trattati come chiunque altro: nel momento in cui hanno fatto reclamo si sono visti rifiutare il risarcimento».

Mentre il corteo muove verso piazza San Giusto ci sono due dipendenti Bpm dalla provincia di Livorno. Preferiscono non dare nomi perché temono rappresaglie: «Per i bancari è insolito scendere in strada ed è normale che ci sia un po’ di timore a metterci la faccia. Non sia mai che l’azienda decida di trasferirci».

Una di loro ha venduto i primi diamanti nel 2011 a un unico cliente mentre l’altra ne ha piazzati diversi nel 2015, per somme comprese tra 10 e 20mila euro. «La verità? L’abbiamo scoperta col servizio di Report – raccontano – Non è che la banca ci abbia detto granché su come avremmo dovuto comportarci».

Sta in disparte sulla piazza un avvocato torrelaghese: alla manifestazione rappresenta suo padre, pensionato, che nei diamanti della “sua” banca, la Cassa di Risparmio di Lucca (oggi Bpm) ha investito 50.000 euro. «Nel febbraio 2015 - racconta il figlio , chiedendo di mantenere l’anonimato - ricevemmo la proposta di acquistare i diamanti dalla banca. Dopo tanto riflettere decidemmo di investirci 50.000 euro. Dopo due anni ricevemmo una lettera di Idb in cui ci annunciavano che il valore del nostro investimento era già salito a 51.000 euro. Dormivamo sonni tranquilli per il nostro investimento». Ma nel 2018 le cose cambiano. «Avevamo sentito voci che Idb stava fallendo, così mio padre si rivolse alla banca per chiedere di riavere i propri soldi. Gli dissero di aspettare, ma c’era dell’imbarazzo nella risposta. Così ci rivolgemmo all’Adusbef della Versilia. Il legale dell’associazione fu drastico: ci consigliò di farci restituire subito i diamanti, che avevamo in deposito presso Idb. L’equivalente di 50.000 euro erano quattro piccole pietre che poi abbiamo saputo valere meno della metà». L’avvocato torrelaghese racconta che «ci sono volute lettere su lettere per farci riconsegnare le pietre. Era maggio dell’anno scorso. Quest’anno, grazie a una trattativa privata con Banco Bpm, siamo riusciti a ottenere la metà dei soldi investiti, 25.000 euro. Anche in questo caso si è trattato di un’esperienza sgradevole. Da nessuna parte, nel documento che mio padre ha firmato, è comparsa la parola “rimborso”, o “risarcimento”, ma “a titolo di ristoro di danni morali”. Siamo clienti da una vita di questa banca e veniamo trattati così. Mi auguro che la banca cambi politica, non va bene mettere di mezzo la gente. Ci avevano detto che era un investimento a bassissimo rischio e che in ogni momento avremmo potuto rivendere le pietre. Da quando le abbiamo riavute, abbiamo provato a rivenderle, ma è molto difficile e il loro valore assai più basso di quello dichiarato». 

Ecco come è scoppiato il bluff delle pietre

Centinaia le persone che da mesi si rivolgono alle associazioni di consumatori lanciando l’allarme truffa. Secondo le denunce, i diamanti venivano proposti dalle banche come investimenti che si sono rivelati un bluff a gennaio con il fallimento della Intermarket Diamond Business Spa, società venditrice dei diamanti tramite banche. I risparmiatori si sono accorti che il valore di quanto acquistato era del 25-30% inferiore a quanto promesso.

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