Il Tirreno

Toscana

Stupro delle studentesse Usa, il giudice: "Un carabiniere ha incastrato l'altro"

Il locale in cui i due carabinieri erano intervenuti portando via le due ragazze
Il locale in cui i due carabinieri erano intervenuti portando via le due ragazze

Il collega del militare già condannato in abbreviato ha dichiarato: "L'ho sentita gridare no, no, no". Il gup: solo dicerie quelle secondo cui le ragazze avevano per i risarcimenti in caso di violenza

15 gennaio 2019
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FIRENZE. "Rapporto sessuale con violenza, senza il consenso, approfittando di una situazione psicofisica di inferiorità ma soprattutto a fronte del dissenso ben espresso dalla ragazza" americana ubriaca. Così il giudice Fabio Frangini scrive nelle motivazioni della sentenza di condanna a 4 anni e 8 mesi per l'appuntato Marco Camuffo arrivata a ottobre scorso con rito abbreviato, uno dei due carabinieri imputati per aver abusato il 7 settembre 2017 a Firenze di due ragazze statunitensi. Il gup scrive che il collega Pietro Costa, 33 anni, "fa dichiarazioni che inchiodano Camuffo dicendo di aver sentito i 'no.. no', 'no.. cosa fai'" della ragazza. Dichiarazioni, scrive il giudice Frangini nelle motivazioni, che "inchiodano Camuffo alle sue responsabilità". "Poter affermare che Camuffo non avesse percepito il diniego della ragazza, sentito dal suo collega 'indaffarato' con l'altra, appare veramente arduo", chiosa in sentenza il giudice che aggiunge: "Il rapporto sessuale c'è stato ed è stato 'contro' la volontà della donna".

I due carabinieri sono stati imputati di aver violentato due studentesse americane incontrate in una discoteca di Firenze mentre erano in servizio di pattuglia dopo averle riaccompagnate nella casa dove alloggiavano e dove nel vano scale le violentarono. L'11 ottobre 2018 in abbreviato c'è stato il processo a Camuffo per violenza sessuale su una ragazza, 23enne, mentre per il carabiniere scelto Pietro Costa invece ci sarà un processo con rito ordinario, per la violenza sessuale sull'amica, che inizierà il 10 maggio a Firenze.

Secondo il giudice Frangini "non vi è un solo motivo per il quale è possibile prospettare la possibilità di riconoscere alcun tipo di attenuante all'imputato, non essendo l'incensuratezza ovvero il comportamento processuale lineare, elementi sui quali si possa fare tale valutazione, soprattutto a fronte del fatto che si procede contro un 'uomo dello Stato', dal quale tali comportamenti si devono considerare quanto meno doverosi".

Nelle motivazioni sul processo dove è stato condannato Camuffo, Frangini scrive anche che i due carabinieri avevano consapevolezza, perché era evidente, che le due ragazze "avevano bevuto alcolici e anche parecchio" e che, mentre la ragazza violentata da Camuffo fornisce un "racconto della violenza sessuale coerente e pieno di pathos, non contradditorio, sempre uguale nelle varie dichiarazioni rese, per nulla enfatizzato", l'appuntato Camuffo dà "una sua versione dei fatti assolutamente risibile, non logica, descrivendo una scena sessuale ridanciana se non fosse di assoluta drammaticità".

E' stato ritenuto dunque "coerente" il racconto dei fatti delle due studentesse americane, e sono state giudicate "spontanee e compatibili" le loro successive reazioni "con quanto avvenuto". Le affermazioni rese dall'ex carabiniere Camuffo, che ha riferito di un rapporto cosenziente dopo essere stata "provocato" dalla ragazza, "si commentano da sole" e "non possono in alcun modo essere poste seriamente a fondamento di una credibile ricostruzione del fatto", scrive il giudice, secondo cui sarebbe la versione dell'altro carabiniere, Pietro Costa (che sarà giudicato con il rito ordinario) a riscontrare la versione della vittima. L'ex militare ha infatti riferito di aver sentito dire "no, no, cosa fai..." alla ragazza a cui Camuffo stava cercando di tirare giù i pantaloni nell'androne del palazzo del centro di Firenze dove le due giovani erano state accompagnate a bordo della gazzella di servizio.

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Il giudice ha ricostruito la cronologia dei fatti accaduti tra la notte fra il 6 il 7 settembre 2017, e smonta le "dicerie" sul fatto che le ragazze avessero una possibile assicurazione contro episodi di violenza. "Di tale diceria vi è traccia negli interrogatori degli imputati, ma anche nelle conversazioni telefoniche sulle utenze dei militari - spiega il gip - ebbene, prodotti agli atti i contratti di assicurazione, in nessuno di essi vi è una sola clausola che faccia riferimento a risarcimenti per violenze sessuali subite".

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