I primi 40 anni di Grattamacco diventano la storia di un film: da manager bocconiano a vignaiolo pioniere
Piermario Meletti Cavallari racconta la creazione del suo Supertuscan: così è nata la Doc Bolgheri
I grandi cambiamenti hanno sempre bisogno di tre elementi: il coraggio, la visione, la condivisione. Il quarantesimo compleanno del Grattamacco, uno dei Supertuscan più amati, simbolo e bandiera della Doc Bolgheri, è l’occasione per raccontare una storia che questi tre elementi li contiene tutti. Con un quarto in aggiunta: lo spirito di avventura.
La collina vista mare
Era il 1977, il 2 maggio, quando Piermario Meletti Cavallari arrivò da Bergamo con la moglie Paola Loglio a Bolgheri, sulle colline di Grattamacco. «Son capitato lì quando c’era solo un faro: il Sassicaia»: è il suo mantra. Un luogo pazzesco, una vigna, tanti olivi e lecci, verde a perdita d’occhio vista mare, ma all’epoca senz’acqua corrente. Si viveva come in campagna un tempo: pochi servizi, tanto lavoro. Racconta Piermario, oggi 82enne: «Ero un manager bocconiano, mi occupavo per una grande azienda di formazione del personale, che allora si chiamava psicosociologia, ma presto mi resi conto che quella non era la mia vita, non era quello che volevo fare. Così decisi di aprire un’enoteca a Bergamo alta. La mia famiglia storse la bocca: da manager a mescitore di vino, all’epoca il vino non aveva la considerazione che ha oggi. Aprii un bar in città, e lì conobbi Veronelli».
Il Maestro fu la svolta
Il Maestro Luigi “Gino” Veronelli, primo cultore e profondo conoscitore del vino di qualità in Italia, che avrà un ruolo fondamentale nella nascita della Doc Bolgheri (fu il primo a capire e incoraggiare il Sassicaia), è anche il mentore di Meletti Cavallari. Il quale nel giorno libero comincia a girare prima la Lombardia, poi le regioni vicine, il Veneto il Piemonte, e infine la Toscana, alla ricerca dei vini “veronelliani”, i vini del maestro, da acquistare da piccoli produttori. Ma mescere non gli bastava. «Mi dissi: non è poi così difficile fare il vino, così decisi di acquistare un’azienda per produrre il mio vino. Volevo che ci fosse già una vigna e che fosse vicino al mare. Girai tutta la Toscana da Grosseto a Massa, in cerca di qualcosa che avesse queste caratteristiche. Mi dissero che a Castagneto c’era un podere in zona Grattamacco proprietà Scaramuzzi, all’epoca rettore dell’università di Firenze: lo aveva venduto ma il vicino aveva esercitato il diritto di prelazione senza poi volerlo acquistare. Mi misi d’accordo e lo comprai. All’inizio non fu facile neanche per mia moglie che mi è sempre stata vicino, non era una realtà comoda: c’era una vigna malandata ma era l’unica in collina a parte il Sassicaia, ho cominciato piano piano con spirito sessantottino, direi, col vanto dell’autosufficienza e il mito della campagna».
Non sono stati anni facili…
Un po’ si emoziona nel ricordare, Meletti Cavallari: «La vigna era vecchia e malandata ma a Bolgheri c’era un faro: per me il faro è sempre stato il Sassicaia, ho conosciuto il marchese Mario e con il figlio Nicolò è nata negli anni una bella amicizia nonostante il suo carattere riservato. Insieme abbiamo costruito con un piccolo gruppo di pionieri la Doc Bolgheri. A metà anni 80 abbiamo realizzato la “zonazione” con il professor Attilio Scienza che è stata fondamentale per dare input alla Doc. Il resto è storia, la conoscete...».
Una storia da film
Si chiama “Grattamacco. 40 vendemmie” il docufilm celebrativo dei primi quarant’anni di attività della tenuta bolgherese, diretto da Giuseppe Tufarulo. È stato presentato a Milano nei giorni scorsi in occasione del lancio del Bolgheri Superiore Doc 2022. Il documentario, prodotto da TapelessFilm, ripercorre la storia dell’azienda e del suo territorio attraverso una narrazione corale, con le voci di chi ne ha segnato la storia, dal fondatore Piermario Meletti Cavallari all’attuale proprietario Claudio Tipa.
La seconda parte della storia
Nella sua storia bolgherese Meletti Cavallari ha avuto un secondo incontro fondamentale: l’incontro con Claudio Tipa, che apre un altro capitolo della gloriosa cavalcata del Grattamacco. Nel 2002 Tipa prende in affitto l’azienda, nel 2008 il passaggio di proprietà. Subentra a Piermario.
L’arrivo di Claudio Tipa
Imprenditore di successo ed ex velista, patron di Alinghi la barca vincitrice di Coppa America nel 2003 e 2007, Tipa si innamora del suo vino. Ma fu la moglie a “piombare” in casa di Meletti, lo racconta Paola Loglio nel film. Dice Paola con la sua scanzonata ironia: «Mi ricordo benissimo, ero nell’orto che zappavo, ero vestita per zappare, un imbarazzo... è arrivata una signora elegante che mi ha chiesto il Grattamacco bianco, non potevano farne a meno perché erano innamorati di questo vino e lo volevano per il loro matrimonio. Ma noi non avevamo più vino, avevamo scritto anche un cartello fuori “Vino terminato”; l’ho portata in cantina, le ho fatto vedere che il vino non c’era ma di fronte alle sue richieste le ho detto che avrei intercesso per loro con mio marito».
Piermario, perché ha deciso di vendere? «Era arrivato il momento. Con Claudio (Tipa, ndr) ci siamo subito intesi, avevamo lo stesso modo di intendere il vino. Infatti tutto è rimasto uguale e i cambiamenti che ha fatto in cantina lo hanno solo migliorato».
Lo stile leggero e rustico
È rimasta quella particolarità del blend che per la Doc Bolgheri, specialmente il primo disciplinare, era un vezzo per così dire, quasi un’anomalia – la presenza del Sangiovese insieme ai vitigni bordolesi Cabernet. Meletti Cavallari è un amante del Sangiovese: dice che dà freschezza al vino, un’eleganza in più.
Con l’ingresso di Tipa la coltivazione in vigna cambia con l’introduzione delle piante ad alberello, scelte per i nuovi impianti e soprattutto la produzione è stata convertita al biologico. «Tipa ha rispettato in pieno lo stile del Grattamacco, il terroir, quella leggera rusticità e leggerezza che gli deriva dal Sangiovese. Ha mantenuto i collaboratori storici, come il consulente Maurizio Castelli, affiancato dall’enologo Luca Marrone, ha fatto conoscere in tutto il mondo il mio vino e di questo non posso che essere orgoglioso e grato». Da quegli inizi avventurosi senz’acqua corrente ne è passato di tempo: Piermario non ha lasciato il mondo del vino, ha aperto un’azienda all’Isola d’Elba, Le Ripalte di Capoliveri, prima dedicandosi all’Aleatico poi al rosato mentre il figlio Giorgio ha proseguito la sua strada diversificandosi dal padre ma pur sempre rimanendo nel mondo del vino e di Bolgheri con una sua azienda.
Negli anni della costruzione della Doc Bolgheri Piermario ha preso parte attiva anche all’amministrazione del Comune di Castagneto diventando assessore all’agricoltura e alla creazione della Strada del vino. «Sono stati anni davvero entusiasmanti, eravamo pochi all’inizio, poi è arrivata Ornellaia di Lodovico Antinori e altre produzioni di Piero Antinori. e Michele Satta. Dopo, tutti i grandi nomi sono venuti a Bolgheri, e anche i produttori locali si sono mossi. Ora Montalcino e Bolgheri sono i due territori che non possono mancare dalla carta dei vini».