Il Tirreno

Toscana da scoprire

Salpare da Greve

di Stefano Adami
Salpare da Greve

Il borgo nel Chianti ha dato i natali a Da Verrazzano, uno dei più grandi navigatori di tutti i tempi

01 giugno 2023
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L’inquieto viaggiatore ha attraversato molte e diverse terre per approdare al piccolo tesoro di Greve, nel Chianti. Ed è arrivato al borgo medievale lieve, leggero, perché sa che da lì s’apre una rotta ben diversa. E per seguirla, questa rotta, ha buttato tutta la zavorra.

Greve è infatti il ponte per mondi di infiniti destini, di infiniti colori. Attraverso flutti facili da infrangere. Perché tra le stupefazioni che Greve offre al visitatore, c’è la più stupefacente. Il fatto che, a fine del Quattrocento, in questo borgo, nacque Giovanni da Verrazzano, grande scopritore e visionario.

Giovanni aveva giocato sicuramente da bimbo per le viuzze e le piazze del borgo di Greve, ma il nome l’aveva preso dal castello che ne è solo una frazione. È bello pensare oggi che, dovunque sia andato, per ogni mare che abbia tagliato con l’aratro delle sue navi, Giovanni maturo abbia sempre portato in cuore questo briciolo centrale di Toscana, il suo sapido dialetto. A inizi del 1500, infatti, il ragazzo Giovanni aveva ben chiaro il desiderio di navigare, di scoprire, e per questo lasciò Greve per spostarsi in Normandia. La febbre colombiana ormai aveva, per fortuna del nostro toscano, contagiato vari sovrani europei.

Nel 1523, Giovanni riuscì dunque a convincere il re di Francia a dargli una caravella con un pugno di uomini, per cercare una nuova rotta per l’Oceano Pacifico. Ai toscani basta poco, e quel poco bastò a Giovanni.

Nel giro di pochi mesi, aveva già raggiunto la costa nordamericana, in quello che noi oggi conosciamo come Cape Fear. Poi aveva proseguito ancora a settentrione, verso l’odierna Carolina del Nord. Luoghi meravigliosi, che Giovanni descrisse anche nella sua famosa Lettera al Re di Francia, Francesco I.

Nello stesso periodo, Giovanni, assieme al fratello Girolamo, entrò in contatto con gli indiani d’America, e scoprì anche la baia di New York. Il navigatore toscano andava incontro alle novità, ai luoghi nuovi, con lo stesso spirito con cui, da bimbo, esplorava le molte sale del castello del suo paese, le casupole in cui giocava a mosca cieca o a nascondino con gli altri ragazzi. Fin da bambino, Giovanni era inquieto, come gli altri suoi colleghi esploratori. Non sembrava contento del posto in cui era nato, non aveva nessuna intenzione di viverci. Desiderava un altrove. Poi, magari, quando lo toccava, questo altrove, avrebbe dato l’anima al diavolo per poter tornare, bimbo, alla sua Greve. Per poter nascondersi nel grembo di sua madre. Per chiedere al padre, non volente, un altro abbraccio. E invece no. Giovanni si era staccato una volta per tutte dal suo ramo. Era condannato a viaggiare, come Ulisse.

Tre, ne fece, Giovanni, di questi viaggi in mondi sconosciuti. Il secondo, dicono, fu lungo l’America del Sud. Il terzo, invece, pare che lo conducesse addirittura alla sua morte. Alcune fonti, infatti, riportano che, arrivato alle Bahamas, nel 1528, Giovanni sia sceso dalla sua imbarcazione. Per esplorare l’isola, ed eventualmente conoscere i suoi abitanti.

Non doveva essere una buona idea, se è vero che gli indigeni, cannibali, abbiano ucciso e divorato il povero figlio di Greve, della Toscana rinascimentale. Chissà se i mari alti gli ricordavano i colli fiorentini, e quelli che poi hanno chiamato colli del Chianti.

Attraversando Greve oggi, si può notare quanto pio dev’essere stato questo luogo nel corso del tempo, visto che è ricchissimo di chiese, e pievi diverse. Notevole, poi, è il vecchio castello che dette il nome a Giovanni, con la sua bella torre merlata duecentesca, che s’alza sopra i colli e le costruzioni del borgo.

Vale assolutamente la visita anche la delicata cappella del castello. Che è notevole anche perché contiene una tavola importante firmata dal grande maestro Domenico Bigordi, detto il Ghirlandaio. Il pittore infatti era stato chiamato a Greve per lavorare ad un dipinto rimarchevole, da lasciare nel castello, dedicato all’immagine del Padre Eterno. È un lavoro di grande spessore e tessitura, che adesso contempliamo, proprio qui davanti a noi. Domenico vi ha raccolto quello stesso grande spirito di ricerca, quel desiderio di nuovo che Giovanni deve aver avuto fin da bambino. E che ancora aleggia lungo questo bel borgo, per arrivare fino al colpo d’occhio della piazza centrale di Greve. Che è una nave, dominata, al centro, proprio dalla statua del suo Giovanni. Fiero e forte figlio della Rinascita toscana, in abiti da scopritore.


 

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