Il Tirreno

La storia di Ilaria Alpi a 25 anni dalla morte

La storia di Ilaria Alpi a 25 anni dalla morte

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Quando ero adolescente, Ilaria Alpi era una sorta di mio mito personale. Era la giornalista che aveva impostato tutta la sua vita nel raccontare la verità, perché tacere è essere complici. Tacere, ma anche semplicemente non indagare, non inoculare nel lettore il dubbio, è non portare a termine il proprio lavoro. Non solo nel giornalismo, ma anche nella vita dove il rigore e la coerenza dovrebbero sempre assurgere a compito primario. È dunque con piacere che questa settimana utilizzo questo spazio per segnalare la nuova edizione de “Ilaria Alpi – La ragazza che voleva raccontare l’inferno” (Bur, € 10) di Gigliola Alvisi, attenta scrittrice per ragazzi.

Si tratta di un racconto diretto, fruibile anche da un pubblico adulto, che con attenzione mette in fila gli eventi e non risparmia niente: né il dramma della guerra, né l’adrenalina dello scoop. Si alterna alla voce di Ilaria la storia di Jamila, che non esiste nella realtà, ma che nel libro è uno specchio degli eventi, e del futuro. Leggendo si prova rabbia per la storia di Ilaria Alpi, perché giustizia ancora non è stata fatta, perché la sua eredità è andata per lo più perduta. Come nota nella prefazione Mariangela Gritta Grainer, già presidente dell’Associazione Ilaria Alpi, in questi 25 anni molto è stato scritto, nulla è stato risolto: «Questa di Ilaria Alpi è la storia vera, uccisa una domenica di primavera, venticinque anni fa, il 20 marzo 1994, a Mogadiscio, insieme a Miran Hrovatin: un’esecuzione preordinata e ben organizzata perché lei tacesse per sempre e non potesse più raccontare». Leggere è un primo passo perché la voce di Ilaria continui a parlare. —

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