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Davis e MotoGp, in una domenica l’Italia si prende tutto. Non svegliateci più

di Giorgio Billeri
Davis e MotoGp, in una domenica l’Italia si prende tutto. Non svegliateci più

Una domenica indimenticabile, un tuffo nella storia: Davis e Motogp, non sembra vero. Sinner e Arnaldi ci riportano l’Insalatiera 47 anni dopo, Bagnaia come Rossi e Marque

26 novembre 2023
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Non svegliateci più. Vogliamo continuare a sognare, perché domattina questa domenica epocale sarà finita ma non resterà soltanto un ricordo. Quando ci sveglieremo avremo gli occhi brillanti e la bocca di una dolcezza ormai quasi dimenticata, quel senso di celestiale appagamento che solo le grandi vittorie sportive portano con sè. Ci sembrerà di avere vinto tutti, e usciremo di casa con una postura diversa, dritta e fiera, e magari fischiettando, che è così bello.

Abbiamo vinto la Coppa Davis dopo 47 anni, riscritto la storia. Le immagini seppiate e tremolanti di Panatta e Pietrangeli nell’inferno di Santiago del Cile rischiavano di restare delle icone inscalfibili, come le illustrazioni di Garibaldi e dello sbarco dei Mille sui libri di scuola dei nostri figli. Pensare che pochi mesi fa gli appassionati, specie quelli non più in età da acne, erano stati inchiodati al video dal docu-film che raccontava quei giorni unici e irripetibili del 1976, il ciuffo piacionesco di Panatta, i denti digrignati di Barazzutti,le rotondità di Bertolucci, il baffo di Zugarelli e la vis polemica di Pietrangeli. Pensavamo, ma quando ci capiterà ancora. E invece no, ecco l’istantanea che l’Italia aspettava, quell’Insalatiera alzata al cielo, ineluttabile come la vittoria contro la Germania ai Mondiali 1982: ieri, come allora, aleggiava la sensazione che il destino fosse compiuto, che nessuno, tantomeno i canguri che del tennis hanno scritto l’epica, potesse toglierci questa gioia nuova eppure antica, calcistica verrebbe da dire perché alla televisione soffrivano tutti gli italiani, quelli che giocano a tennis tutti i giorni e quelli che pensano che l’ace sia un prodotto per i pavimenti.

Jannik Sinner sta cambiando le traiettorie del tennis moderno e il destino lo ha già eletto come nuovo Sire, ma è stato anche il giorno di Arnaldi, scudiero silenzioso, uscito vincitore dal corpo a corpo nel fango contro Popyrin. Alle 20,30 si è compiuta la storia, il nuovo sbarco dei Mille: di rosso ci sono i capelli di Sinner, come la camicia di Garibaldi; analogie, ma magari non è un caso.

Certe imprese sportive sono marchiate a fuoco da un grande campione: ma non ci sarebbe stato Paolo Rossi senza Conti e Tardelli, non ci sarebbe stato il rigore di Grosso senza le parate di Buffon. E senza il gruppo azzurro, senza il buon senso di Volandri, il coraggio di Sonego, la classe sfortunata di Musetti, il silenzioso magistero di Bolelli, persino senza Berrettini che si fionda a Malaga per soffrire e aiutare, non ci sarebbero stati i miracoli del Barone Rosso, perché lo sport è metafora della vita e da soli raramente si guadagna il Nirvana.

Che domenica, avremmo voluto non andare mai a letto per cristallizzare le emozioni, metterle in una teca e rimirarle quando i venti saranno contrari. In un solo giorno abbiamo alzato ancora una volta l’Insalatiera del tennis e siamo tornati a rombare e sgasare, tutti insieme, perché nostro è anche il Mondiale delle moto, quasi un obbligo per il Paese dove questi splendidi mezzi a due ruote vengono concepiti. Adesso Pecco Bagnaia può citofonare all’attico della leggenda, Marquez e Rossi scenderanno dalla nuvoletta della leggenda e risponderanno: accomodati Francesco, anche tu meriti la storia, l’immortalità sportiva. Prima del riccioluto e taciturno Pecco, figlio del laborioso e serio Piemonte, soltanto il fenomeno di Tavullia e lo spagnolo dal polso di marmo avevano messo in fila due titoli iridati della classe regina dall’avvento dell’era Motogp. E poco non è, perché la tecnologia è globale, nuovi player si affacciano sulla griglia di partenza, la concorrenza è sempre più cattiva.

Pecco non avrà il fascino ribaldo di Giacomo Agostini, che sgasava bello e imprendibile e tra una corsa e l’altra sondava leggiadro l’universo femminile; non avrà l’incoscienza e la classe cristallina di Vale, Cannibale delle due ruote, inimitabile cacciatore di podi e di emozioni: ma chapeau, comunque, per un campione che si emoziona il giusto, ride ancora meno ma al posto della testa ha un computer infallibile: bello vincere certo, ma quando le gomme ti tradiscono o gli avversari sono più forti allora è importante fare punti, mettere fieno in cascina per i momenti difficili.

Francesco, figlio del Piemonte algido e lavoratore, ha accettato il fatto che nella seconda metà della stagione Jorge Martin, spagnolo dal sangue che ribolle, forte e incline al nervo scoperto, fosse più in condizione di lui. Si è messo al tavolino, carta e penna, ha calcolato rischi e vantaggi, stilato una tabella di marcia a volte conservativa, altre d’attacco. A Valencia, dove si compiono sempre i destini della moto, il destino benigno ha dato la spallata a Martin, lo ha messo ko, e per Pecco è stato il momento di buttare a mare taccuino e calcolatrice e imbracciare il bottiglione di champagne: Italia ancora in cima al mondo delle due ruote.

Racchette e manopole, servizi e piegate, net e curve, smash e rettilinei: i nostri occhi e i nostri cuori sono pieni di vittorie, di champagne, di gioia. Ne avevamo bisogno. Non svegliateci più. l

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