La febbre da Sinner vale come la Nazionale di calcio: un Paese alla tv e l'orgoglio di un'Italia che aspettava un eroe
Audience record in piena notte nel trionfo con Djokovic: Jannik sta trainando il tennis di casa nostra ai livelli del pallone
Una sera, era il 27 febbraio 1988, il Festival di Sanremo si fermò perché un ragazzone emiliano, Alberto Tomba, stava per vincere l’oro nello slalom speciale alle Olimpiadi di Calgary. Lesa maestà, disse qualcuno: la kermesse delle canzonette per l’italiano è come la pasta, la mamma e la coda in tangenziale. È immanente, quasi sacra, sai che c’è, che fa parte della tua vita. Ma quella volta no: la danza tra i paletti di Albertone fece irruzione in decine di milioni di case.
Lo stesso accadrà, vedrete, per questo ragazzo sottile come un giunco, capelli rossi, il sorriso pudico che spunta tra le efelidi. Perché Jannik Sinner è quello che aspettavamo da anni: come Tomba, come Federica Pellegrini. Il campione che sboccia all’improvviso e traina un movimento, lo porta dalle brevi alla prima pagina, lo proietta in una dimensione diversa, lo avvicina all’inarrivabile Moloch chiamato calcio. Non è un caso che quando il paesaggio del pallone è tristanzuolo come quello attuale, con la Nazionale di Spalletti che dovrà alzare il vallo atlantico per non perdere con l’Ucraina ed evitare il terzo flop consecutivo, gli eroi degli sport cosiddetti alternativi escano fuori e guadagnino i titoloni e i prime time televisivi.
Sapete quanti italiani sono rimasti incollati al centrale di Torino dalle nove a ben oltre la mezzanotte? Tre milioni, tra mamma Rai e tv a pagamento. Un’enormità. Gente che al mattino doveva alzarsi presto per andare a lavorare, e invece alla dolce tentazione di Morfeo ha preferito il ragazzo dai capelli rossi, che con la forza del lavoro, dell’applicazione, della semplicità applicata a un campo da tennis è saltato alla giugulare del Colosso, dell’Imbattibile, dell’Eterno Djokovic. Lo ha guardato negli occhi come faceva con i camosci della sua Val Pusteria. Lo ha cucinato a fuoco lento e lo ha toreato senza pietà nel tie-break decisivo. Ben oltre la mezzanotte di un’umida notte feriale novembrina si è compiuto, probabilmente, il passaggio di consegne al vertice del tennis mondiale, obiettivo per il quale il ragazzo di San Candido è stato programmato. C’era una gran voglia di saltare giù in strada e di rinnovare il sabba ebbro di gioia, i clacson spianati ma no, Morfeo reclamava il popolo di Jannik perché la sveglia, poche ore dopo, non si sarebbe certo commossa ed avrebbe suonato come sempre.
Ma qualcosa, in questa umida notte, è cambiato. Gli italiani, sempre a caccia di eroi, ne hanno trovato uno nuovo di zecca. Anche coloro che non conoscono la differenza tra un’ace e una smorzata. Come tanti anni fa gli scarponi, gli sci e le racchette andavano a ruba, omaggio a Tomba la Bomba, e come le piscine vennero prese d’assalto da torme di bambine quando la Pellegrini cannibalizzava i 200 metri stile libero, adesso i circoli del tennis sono la nuova terra promessa, perché tutti vogliono essere Jannik. Con i suoi capelli rossi, il sorriso, le efelidi e il coraggio di guardare negli occhi il mostro. E magari sì, di torearlo dopo la mezzanotte.