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Tribunale

Prato, lascia l’eredità alla badante ma il testamento era falso: la donna deve restituire soldi e casa

di Pietro Barghigiani

	Un'aula di tribunale (foto d'archivio)
Un'aula di tribunale (foto d'archivio)

Dovrà restituire l’abitazione ai cugini del defunto, oltre a 232mila euro in contanti e all’affitto della casa per 13 anni

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PRATO. Lui era celibe e senza figli. Lei era la sua badante. Quando l’anziano morì all’ospedale di Prato, la donna, extracomunitaria, si presentò da un notaio pratese con un testamento nel quale veniva nominata erede di tutti i beni mobili e immobili dell’uomo: una casa a Montale e 232mila euro sul conto corrente che le vennero bonificati quasi subito. Ma nei destini incrociati del 77enne e della badante si erano messi in mezzo due cugini. Una causa durata oltre dieci anni con due sentenze che hanno certificato la falsità del testamento. Quelle disposizioni a favore della donna erano state un po’ troppo “guidate” nel sostegno della mano del paziente che di lì a poco sarebbe morto. Un accertamento tecnico chiaro, e passato in giudicato, nel bollare come falso il testo olografo che il notaio, invece, aveva preso per buono.

Ora, il Tribunale di Pistoia, con un ultimo pronunciamento dispone che la badante 53enne non solo lasci la casa di Montale, ma restituisca agli eredi dell’anziano anche i 232mila euro incassati nel 2012 con un aggravio di spese legali da decine di migliaia di euro a favore dei parenti dell’uomo. In parallelo una consulenza tecnica dovrà stabilire i canoni di affitto che la donna dovrà versare agli eredi del badato per gli anni in cui ha vissuto nella casa di Montale senza averne titolo. Canoni per almeno 13 anni di locazione.

Il testamento era stato impugnato senza indugio dai cugini del montalese deceduto nel maggio 2012 all’ospedale di Prato. In quel testo, scritto a mano, troppe cose non tornavano. La consulente del Tribunale nel corso delle cause aveva confermato i dubbi dei parenti.

«Quello che la perizia ha fatto indiscutibilmente emergere è che, sulla base della valutazione operata dal tecnico, il secondo rigo del testamento rende evidente “l’influenza” di un’altra mano che avrebbe “aiutato” il de cuius nel vergare la scheda, ma anche che la sigla ivi inserita posta al centro del foglio “appartiene totalmente a persona estranea alle locuzioni fino adesso analizzate”» era stato il giudizio della Corte d’Appello nel confermare la sentenza di primo grado sulla falsità del testamento.

E ancora: «Indipendentemente dall’interpretazione libera del testo della scheda offerto dal notaio, il testamento oggetto della querela di falso deve ritenersi “compilato dalla mano del de cuius nel primo rigo, mentre nel secondo rigo, nelle date e nella firma emerge l’influenza di altra mano che, probabilmente, aiutando quella del de cuius si è inserita con il proprio stile nelle forme grafiche” (tutt’altro, quindi, che un mero “sostegno” offerto in aiuto alla mano del testatore da lui stesso guidata)».

La sigla al centro del foglio era stata attribuita a una terza persona come accertato dal Ctu e per il giudice «deve pertanto, essere ampiamente condivisa e confermata, la motivazione resa dal Tribunale sul punto che ha escluso che il testamento fosse olografo in quanto non redatto interamente dal de cuius». L’eredità incassata dalla badante va restituita agli eredi legittimi.
 

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