Il Tirreno

Prato

Il caso

Prato, il playground di Chinatown è già da rifare dopo soli cinque anni. Doveva essere simbolo di integrazione

di Mario Neri
Prato, il playground di Chinatown è già da rifare dopo soli cinque anni. Doveva essere simbolo di integrazione

L’impianto fra degrado, vandalismi e nuove tensioni. Il Comune costretto a investire 175mila euro per un intervento di manutenzione straordinaria all’opera

3 MINUTI DI LETTURA





PRATO Cinque anni appena. Tanto è bastato perché il playground tra via Giordano e via Colombo, una delle opere simbolo della rigenerazione urbana del Macrolotto Zero, passasse dall’essere un modello di riqualificazione europea a un impianto da rimettere pesantemente mano con un intervento da 175 mila euro di manutenzione straordinaria. Un tempo brevissimo per uno spazio inaugurato nel dicembre 2020 come emblema della "nuova Prato", quella che doveva nascere sulle ceneri delle fabbriche dismesse.

Oggi, a distanza di un lustro, quel grande spazio pubblico dedicato allo sport e all’aggregazione mostra tutte le ferite di un utilizzo intenso, ma soprattutto di una lunga stagione di vandalismi, incuria e progressivo deterioramento dei materiali. Le superfici in resina dello skate park, del campo polivalente per calcetto e basket, della piazza centrale sono sbiadite, graffiate, in alcuni tratti compromesse. I muri sono coperti da scritte, i bagni pubblici vandalizzati, le porte e le scossaline metalliche danneggiate, gli arredi urbani segnati. Il silo decorato con street art, che doveva essere un landmark identitario, è oggi uno dei simboli di un equilibrio fragile.

Il progetto di restyling appena approvato dal Comune prevede una vera e propria "riscrittura" estetica e funzionale dell’impianto: rifacimento completo delle pavimentazioni in resina per circa 3.000 metri quadrati, ripristino di intonaci e tinteggiature, nuove lattonerie, sostituzione dei sanitari e delle porte dei servizi igienici, sistemazione delle parti metalliche, pulizia e recupero delle panchine e delle attrezzature per il fitness all’aperto. Due mesi di cantiere, area completamente chiusa, recinzioni e controllo degli accessi. Un intervento pesante per un’opera che, sulla carta, doveva durare ben più di una manciata d’anni.

Il playground era nato come cuore sportivo e sociale del Macrolotto Zero: qui si incrociano skater e ragazzini col pallone, appassionati di basket, giovani che utilizzano le attrezzature per il fitness, famiglie che attraversano la piazza come spazio di passaggio e di sosta. Un laboratorio di convivenza urbana che per un periodo ha funzionato davvero, trasformando un vuoto industriale in uno spazio vivo. Ma la pressione quotidiana, l’assenza di una gestione strutturata, gli atti vandalici ripetuti e una manutenzione rivelatasi insufficiente hanno fatto il resto.

E intorno, nel frattempo, il quartiere è tornato al centro delle cronache. Negli ultimi mesi il Macrolotto è riemerso come teatro di illegalità diffusa: dallo sfruttamento del lavoro nelle confezioni alla nuova fase della "guerra delle grucce", lo scontro fra clan cinesi per il controllo della logistica del tessile che ha riportato tensione, intimidazioni e sequestri nel distretto. Una pressione criminale che non resta confinata dentro i capannoni, ma si riflette anche negli spazi pubblici, nella percezione di insicurezza, nella fragilità della convivenza quotidiana.

Il restyling del playground arriva dunque in un momento delicato. Non è soltanto un intervento tecnico su resine, intonaci e metalli: è il tentativo di rimettere ordine in uno dei luoghi-simbolo della scommessa urbana del Macrolotto Zero, proprio mentre quella scommessa mostra tutte le sue crepe. Il progetto certifica ufficialmente ciò che residenti e frequentatori denunciano da tempo: il degrado non è episodico, è strutturale; i graffiti non sono un incidente, sono ormai una costante; l’usura non deriva solo dal gioco e dallo sport, ma da una continua aggressione allo spazio.

Resta il paradosso di un’opera inaugurata da poco, celebrata come modello di rigenerazione e oggi già bisognosa di una costosa manutenzione straordinaria. Un segnale che interroga non solo la qualità dei materiali, ma soprattutto la capacità della città di governare nel tempo i propri spazi, di proteggerli, di farli vivere senza trasformarli in luoghi di conflitto permanente. Il nuovo playground, quando riaprirà, tornerà a ospitare skate, calcetto, basket e fitness. La vera sfida, però, sarà capire se tornerà anche a essere uno spazio sicuro, riconosciuto, condiviso. E se, questa volta, riuscirà a durare più di cinque anni.

Primo piano
La tragedia

Non risponde al telefono, trovato morto in casa: viveva con la madre malata rimasta per ore senza cibo e acqua

di Luca Centini
Economia
Toscana

Meeting della nautica, Marco Massabò (l’ad Cantieri di Pisa): «Il Canale dei Navicelli ora deve crescere»