Prato, un emendamento cancella la responsabilità dei committenti e il Pd chiede a Fratelli d’Italia di ritirarlo
Un duro colpo alla lotta contro lo sfruttamento degli operai potrebbe arrivare dalla modifica a una norma che riguarda anche i grandi marchi della moda
PRATO. Un duro colpo alle norme che tentano di affermare la responsabilità del committente che affida le sue commesse ad aziende che sfruttano i lavoratori è stato assestato da un emendamento proposto dai senatori di Fratelli d’Italia Amidei e Ancorotti al disegno di legge 1484. «Siamo davanti a un colpo di mano che indebolisce la lotta allo sfruttamento del lavoro. Con l'emendamento dei senatori di FdI, Amidei e Ancorotti – commentano la deputata Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro del Pd, e Arturo Scotto, capogruppo Dem in commissione Lavoro alla Camera – l'azienda committente nel settore della moda può farsi certificare la regolarità della filiera che attiva con le sue commesse, liberandosi così da ogni responsabilità rispetto al comportamento di appaltatori e subappaltatori. In sostanza, puoi vendere le scarpe a 500 euro mentre l'azienda a cui hai appaltato il lavoro paga gli operai due euro e mezzo, ma nessuno potrà controllarti: la parola del soggetto certificatore toglie la parola al controllo di legalità. Viene spazzata via la
responsabilità sociale e civile del committente. Un passo indietro voluto da una destra che non ha interesse né a tutelare la qualità del lavoro, né a preservare le imprese che non scelgono la strada della concorrenza sleale».
L’oggetto del contendere interessa da vicino il distretto tessile pratese, dove da tempo si combatte una dura battaglia contro lo sfruttamento di migliaia di operai che lavorano in aziende che prendono commesse dalle grandi case di moda e vengono sistematicamente sfruttati.
«È surreale e vergognoso ciò che sta accadendo – dice il deputato del Pd Marco Furfaro – Mentre a Prato il procuratore Tescaroli, insieme a Regione Toscana, Asl, forze di polizia, istituzioni e associazioni firma un protocollo per proteggere i lavoratori sfruttati e combattere il caporalato, Fratelli d’Italia approva un emendamento che fa l’esatto contrario: certifica per legge lo sfruttamento. Con l’emendamento Amidei-Ancorotti, il committente nel settore moda potrà liberarsi da ogni responsabilità rispetto agli appalti e ai subappalti. In pratica, potrai vendere un vestito a 500 euro anche se chi lo ha cucito è stato pagato due euro e mezzo l’ora, senza che nessuno possa più controllare. È un colpo di mano indegno che cancella anni di battaglie contro il lavoro nero e il caporalato, e che toglie ogni tutela ai lavoratori, italiani e stranieri. La Toscana combatte lo sfruttamento, la destra lo promuove. È questa la differenza tra chi crede nella dignità del lavoro e chi difende solo i profitti di pochi. Il governo Meloni si assuma la responsabilità di questa vergogna e ritiri subito quella norma».
«Siamo all'assurdo – gli fa eco il segretario provinciale del Pd Marco Biagioni – Fratelli d'Italia ha fatto votare un emendamento che permette ai marchi della moda di non assumersi la responsabilità di quello che accade dentro le aziende a cui appaltano il lavoro dei propri capi firmati. Non importa se i lavoratori di una stireria o di una confezione vengono sfruttati: i marchi possono comunque certificare la piena regolarità fregando così anche il consumatore e ampliando il profitto. A Prato questo significa tendere la mano a quel sistema di sfruttamento che mette in ginocchio le imprese sane e allarga la forbice delle disuguaglianze. È un arretramento nel percorso di contrasto allo sfruttamento che Prato porta avanti con sindacati, categorie economiche e istituzioni, a partire dal riconoscimento della responsabilità in solido di chi commissiona i lavori. Mentre il presidente della Provincia Calamai costruisce tavoli con i committenti dopo i casi di Montemurlo, mentre il procuratore Tescaroli firma protocolli per proteggere i lavoratori, Fratelli d'Italia cancella tutto questo. Dove sono le parlamentari della destra Mazzetti e La Porta? Possono alzare il telefono con i loro colleghi di partito al Senato e far ritirare questo emendamento della vergogna?».