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Caso Tommaso Cocci, ricatti e foto hard: il pm ordina le impronte

di Mario Neri
Caso Tommaso Cocci, ricatti e foto hard: il pm ordina le impronte

Prato, analisi tecniche e sequestri allargano il raggio delle indagini

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PRATOLa carta porosa delle buste, i residui di colla, le fibre di un francobollo. È lì che adesso si gioca il caso Cocci, la vicenda che da mesi scuote la politica pratese. La procura guidata da Luca Tescaroli ha ordinato di acquisire le impronte digitali di ex consiglieri comunali di Fratelli d’Italia e di tutti coloro che hanno avuto in mano le lettere anonime inviate a raffica per distruggere l’immagine pubblica di Tommaso Cocci, ex capogruppo FdI in Comune.

Un passo che segna la nuova fase dell’inchiesta: confrontare i segni lasciati sulla carta con le impronte già repertate, alla ricerca di una corrispondenza. La prova tecnica come unica via per risalire all’esecutore materiale di una campagna che mescolava accuse infamanti, foto intime, riferimenti massonici e insinuazioni capaci di mettere fuori gioco un candidato.

Gli indagati restano Claudio Belgiorno, ex consigliere comunale di Prato, e Andrea Poggianti, vicepresidente del Consiglio comunale di Empoli. Su di loro sono piovute perquisizioni, sequestri di telefoni e computer, analisi forensi affidate a un consulente informatico. Ma non è escluso che il cerchio possa allargarsi. Secondo alcune ricostruzioni, le verifiche sulle impronte potrebbero toccare anche Giovanni Donzelli e Chiara La Porta, entrambi destinatari di plichi anonimi spediti in parallelo a quelli contro Cocci. Le lettere, spedite per mesi, contenevano un mix di materiale sessuale e allusioni all’appartenenza di Cocci alla loggia massonica Sagittario, la stessa dove era stato segretario e dove, in passato, ha ricoperto ruoli di primo piano l’imprenditore Riccardo Matteini Bresci, già al centro dell’inchiesta della Dda che travolse l’ex sindaca Pd Ilaria Bugetti. Un dettaglio che spinge la procura a non escludere un contesto massonico come sfondo della vicenda.

Parallelamente, Belgiorno ha depositato istanza al Tribunale del riesame per contestare i sequestri e provare a smontare l’impianto accusatorio. Un’analoga richiesta è arrivata dalla Gran Loggia d’Italia degli Alam, per opporsi al sequestro degli elenchi degli affiliati recuperati sia nella sede della Sagittario a Prato sia in quella provinciale di Borgo dei Greci a Firenze.

Cocci, dal canto suo, ha sempre sostenuto che l’obiettivo fosse estrometterlo dalla corsa elettorale, costringerlo a ritirarsi. Le sue parole pesano ancora di più oggi che la procura mette sotto lente la possibile regia di una campagna organizzata «da più mani».

Intanto i tecnici lavorano sui computer e sui telefoni di Poggianti e Belgiorno: si cercano chat, mail, file audio e video, anche quelli cancellati. La convinzione degli inquirenti è che nel traffico digitale restino tracce decisive, metadati in grado di ricostruire passaggi, orari, percorsi dei documenti anonimi.

Il caso ha già avuto conseguenze politiche: Fratelli d’Italia ha azzerato le liste a Prato e per le regionali ha puntato su Chiara La Porta come capolista, scelta voluta dal plenipotenziario Giovanni Donzelli per segnare una discontinuità. Ma la ferita resta aperta. In attesa che la scienza forense dica se un polpastrello corrisponde a una firma invisibile, la città vive sospesa tra giustizia e politica, tra vendetta personale e resa dei conti interna a un partito. Con un interrogativo che resta in sospeso: chi ha davvero scritto quelle lettere? 

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