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Prato, la vittoria del sindacato sul pronto moda cinese: «Paghino anche i committenti»


	Il picchetto sindacale davanti al pronto moda di via Basilicata
Il picchetto sindacale davanti al pronto moda di via Basilicata

Trovato un accordo dopo due settimane di picchetto davanti a una confezione di Galciana e all’azienda che le dava lavoro al Macrolotto di Iolo

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PRATO. Alla fine anche il committente della confezione cinese si è piegato. Dopo 15 giorni di picchetto, prima davanti ai cancelli della Confezione Weng Ruiliang di Galciana e poi davanti a quelli del committente Minth, un pronto moda di via Basilicata, in questi giorni il sindacato Sudd Cobas e i lavoratori hanno raggiunto un accordo di conciliazione, spiega una nota del Sudd Cobas, «per un risarcimento economico soddisfacente con entrambe le aziende». E la parte più importante di questo risarcimento, spiega ancora il sindacato, verrà corrisposta proprio dalla Minth, committente della Confezione Weng, che ha invece contribuito con un importo inferiore.

Il nocciolo della questione era proprio questo: il tentativo da parte del sindacato di far valere la responsabilità del committente quando la confezione non rispetta i diritti dei lavoratori o smette di pagarli.

«Si tratta di un altro importante precedente per quanto riguarda la responsabilità dei committenti – si legge in una nota del Sudd Cobas – Altro che l’estorsione di cui le aziende avevano provato ad accusare il sindacato: richiamare i committenti alle responsabilità solidali, etiche e sociali, nei confronti di chi è impiegato nelle loro filiere è un principio sacrosanto e fondamentale per risanare un distretto devastato dal cancro dello sfruttamento. Perché se le tariffe che spesso determinano queste condizioni lavorative vengono poste dall’alto, allora è (anche) in alto che bisogna andare a intervenire».

L’accordo, ricorda il Sudd Cobas, arriva dopo querele nei confronti del sindacato e ricorsi al tribunale civile per richiedere lo sgombero del picchetto, e prevede anche il ritiro di tutti questi provvedimenti: «la riprova che le vertenze sindacali non si risolvono trattandole come problemi di ordine pubblico, con denunce o richieste di sgombero, ma rispondendo adeguatamente alle legittime richieste dei lavoratori, sfruttati per anni in condizioni di semischiavitù e non più disposti a essere buttati via come arance spremute».

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