Il Tirreno

Prato

Il caso

Denisa Maria Adas, la madre racconta l’ultima telefonata: «Due uomini la seguivano». La versione dell'avvocato indagato

di Paolo Nencioni

	Maria Denisa Adas
Maria Denisa Adas

Prato, è una storia di bugie, mezze bugie e mezze verità quella che ruota intorno alla scomparsa di questa donna di 30 anni

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PRATO. «La sera in cui è sparita, mia figlia mi ha raccontato di essere stata seguita da due uomini, che poi si sono fermati davanti alla porta del residence senza entrare».

Nel giorno in cui si diffonde la notizia di un’altra possibile svolta nelle indagini sulla scomparsa di Maria Denisa Adas, la trentenne escort romena di cui non si hanno più notizie dalla sera del 15 maggio, e cioè che è stato indagato per sequestro di persona l’avvocato amico di famiglia di cui si era già parlato nei giorni scorsi, Maria Cristina Paun, madre di Denisa, aggiunge un altro tassello a una storia sempre più complicata. Dice infatti che nell’ultima telefonata ricevuta dalla figlia, la giovane le avrebbe raccontato di due uomini che sembravano averla seguita. «Lei ha detto che era andata a gettare l’immondizia – spiega la madre – e si è accorta di questi due uomini che facevano avanti e indietro sul marciapiede, poi l’hanno seguita fino all’ingresso del residence (quello di via Ferrucci 95/D, ndr) ma non sono entrati». Nel corso della stessa telefonata, sull’altro smartphone della trentenne è arrivata la chiamata dell’ultimo cliente della serata. Alla madre ha detto che si trattava di un albanese e poi non si sono più sentite. I telefoni cellulari di Denisa hanno lasciato una traccia alle 2,43 nella cella di via Nenni, prima di essere spenti senza più essere riaccesi.

Che rilevanza possa avere questo racconto sulla presenza dei due uomini sospetti la sera del 15 intorno al residence di via Ferrucci è ancora presto per dirlo.

Intanto ieri, come detto, si è diffusa la notizia, poi confermata dagli inquirenti, che è stato iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di sequestro di persona l’avvocato originario di Reggio Calabria, 45 anni, che esercita a Milano e che sarebbe quello che, secondo la testimonianza di un’amica di Denisa, sentita in Procura, avrebbe detto alla madre di sapere che la figlia era nelle mani di un gruppo di romeni che la volevano far prostituire. Questa testimonianza, come si ricorderà, ha messo nei guai la stessa madre di Denisa, che di questa storia non aveva detto niente al procuratore Luca Tescaroli e per questo è stata indagata per false comunicazioni al pubblico ministero.

Lei però continua a negare di aver taciuto qualcosa. «Non è vero che l’avvocato mi ha detto che mia figlia era in mano a un gruppo di persone – dice – Quella era solo un’ipotesi, mi ha detto solo che se avesse saputo qualcosa me l’avrebbe detto. Voleva aiutarmi perché capiva che stavo male. Io voglio soltanto che questa storia finisca presto perché sto soffrendo troppo».

Anche il diretto interessato cade dalle nuvole. Raggiunto al telefono ieri mattina per un commento sugli sviluppi dell’inchiesta, dice di non aver ricevuto nessun atto dalla Procura e ripete di non aver avuto alcun ruolo in questa vicenda. «Tra me e Denisa non ci può essere stato alcun contatto telefonico – spiega – perché non la conosco e non sono stato suo cliente, tanto meno un suo cliente ossessionato da un rifiuto. Mi dispiace per la madre e per la ragazza. Per la professione che svolgo ho sempre il telefono acceso e controllo la posta certificata. Non ho ricevuto un avviso di garanzia. In un certo senso questa cosa mi fa ridere. Se la Procura ha fatto un errore di questo tipo, siamo fuori da ogni logica. Ho ricontrollato la chat con la madre di Denisa e ci ho trovato messaggi del tutto insignificanti, tipo “riposati”, “vai a dormire”. Mi dispiace di non poter dare notizie sul presunto rapimento, ma anche sotto tortura non saprei dire dove è finita Denisa. Però penso che, se fosse valida la pista del rapimento, è più probabile che dietro ci siano dei soggetti albanesi».

Una versione, come si vede, del tutto incompatibile con quella che vedrebbe l’avvocato come “regista” di un rapimento. Tanto che viene il sospetto che in questa storia ci sia un altro avvocato. Ma è la stessa madre di Denisa a sgombrare il campo da questa ipotesi. Lei dice di conoscere solo l’avvocato calabrese ed è con lui che ha parlato della scomparsa della figlia.

D’altra parte, se è vero, come è vero, che bisognerà fare una comparazione del Dna, la verità su chi è indagato e chi non lo è verrà a galla molto presto, perché si può essere iscritti nel registro degli indagati senza saperlo (anzi è la norma) ma quando si rende necessario fare atti irripetibili come il confronto del Dna arriva certamente un avviso di garanzia e poi un prelievo.

È una storia di bugie, mezze bugie e mezze verità quella che ruota intorno alla scomparsa di Denisa. Una storia nella quale l’unica cosa certa è che lei, Denisa, non si trova. 

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