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Affitti brevi a Prato: «Muoviamoci ora per non fare la fine di Firenze»

di Paolo Nencioni

	Una protesta a Firenze contro le "key box"
Una protesta a Firenze contro le "key box"

L’allarme di Tomada, ex presidente degli albergatori, sulla proliferazione di Airbnb & C. In provincia 231 strutture per 932 posti letto: qui si risparmia rispetto agli hotel tradizionali

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PRATO. «Sugli affitti brevi è bene muoversi ora, se non vogliamo fare la fine di Firenze». Rodolfo Tomada è stato presidente degli albergatori pratesi fino all’anno scorso e ora siede nel consiglio di Federalberghi, dunque è uno del mestiere. E lancia l’allarme sul proliferare dell’offerta di sistemazioni alloggiative che è molto facile trovare sulle piattaforme online. Non ne fa una questione di concorrenza con gli hotel tradizionali, anche se oggettivamente di concorrenza si tratta, visto che sono in tanti a scegliere Airbnb o simili per risparmiare. «Va bene tutto – dice – L’importante è che ci siano le stesse regole per tutti». E pensa anche alle conseguenze degli affitti brevi sul mercato degli affitti tradizionali.

Quanto alle regole, la questione è molto semplice: chi gestisce un albergo è tenuto a identificare di persona il cliente e a rispettare le norme sull’igiene e sulla sicurezza anti-incendio, per citarne due. Anche chi gestisce un appartamento è tenuto a identificare il cliente ma spesso può fare tutto a distanza, si può far mandare i documenti d’identità (poi chi entra in casa può essere anche un altro) e il controllo delle norme di sicurezza diventa più difficile proprio perché ci sono troppi obiettivi da controllare. È capitato a chiunque si sposti per svago o per lavoro di affittare una casa per due o tre giorni e non vedere mai chi quella casa gli ha dato in affitto: basta ricevere un codice, si apre la cassetta con le chiavi e il gioco è fatto.

A Firenze e in altre mete turistiche in Italia e in Europa questo ha provocato un boom di affitti brevi che hanno fatto la fortuna di chi possiede case ma che in certi casi hanno stravolto le città, con la fuga dei residenti dai centri storici e l’impennata degli affitti che ha tagliato fuori tutti coloro che non sono turisti di medio-alto livello.

A Prato siamo ancora in una fase embrionale. In tutta la provincia sono censite 231 strutture, rispetto alle oltre 13.000 di Firenze, con 932 posti letto e un flusso annuale, riferito al 2024, di poco più di 54.000 persone, numeri che il capoluogo di regione può fare forse anche in un solo giorno. Ma Rodolfo Tomada si ricorda ancora di un pranzo a cui ha partecipato dieci anni fa al Four Seasons di Firenze nel corso del quale gli albergatori si confrontarono con l’assessore regionale Ciuoffo e già sapevano come sarebbe andata a finire. «L’allora sindaco Nardella si è mosso con qualche anno di ritardo e ora vediamo tutti che cosa è successo» dice Tomada. L’attuale sindaca Sara Funaro, invece, ha iniziato una battaglia per limitare gli affitti brevi, che però si è scontrata con alcune sentenze che hanno dato ragione ai proprietari e anche con l’opposizione di alcune forze politiche, soprattutto Forza Italia.

«Se a Firenze diventa più difficile fare gli affitti brevi – ragiona Tomada – il mercato potrebbe spostarsi a Prato. Sono già stato contattato da imprenditori che si informano sui prezzi delle case».

Prato, insomma, è molto lontana dal diventare una meta turistica, ma potrebbe diventare una valvola di sfogo per chi vuole dormire non troppo lontano dal campanile di Giotto, con le conseguenze sugli affitti a cui si è accennato. «Anche qui ci sono proprietari di case date in affitto breve che vanno in ferie a novembre e riaprono a maggio – ragiona Tomada – Con la conseguenza che quelle case restano vuote per mesi». Sottratte al mercato degli affitti a lungo termine.

In fondo è un po’ la stessa dinamica del braccio di ferro tra tassisti tradizionali e Uber, questione di libera o un po’ meno libera concorrenza. Chi si è stufato di pagare 30 euro per fare cinque chilometri nel traffico chiama il taxi privato sulla App e risparmia. E così chi lucrava sul blocco delle licenze si è trovato spiazzato. Chi si è stufato di pagare 150 o 200 euro per una camera doppia, prova con Booking o Airbnb rinunciando ad alcuni servizi e risparmia. Chi voleva mettere a reddito un appartamento contava di incassare 800 euro al mese con l’affitto tradizionale e tutte le difficoltà di riaverlo indietro in caso di problemi, poi ha scoperto che ne può guadagnare il doppio con l’affitto breve. 

I numeri

Complessivamente sono 231 le strutture per locazioni turistiche (affitti brevi) censite in provincia di Prato, per 402 camere e 932 posti letto. La parte del leone ovviamente la fa il capoluogo con 177 strutture, per 300 camere e 682 posti letto. Seguono Carmignano con 24 strutture (47 camere, 117 posti letto), Poggio a Caiano con 9 strutture (18 camere, 44 posti letto), Vaiano (9 strutture, 16 camere, 39 posti letto), Vernio (7 strutture, 16 camere, 33 posti letto), Cantagallo (4 strutture, 5 camere, 11 posti letto), mentre il fanalino di coda è Montemurlo, che pure è il secondo comune della provincia, con una struttura, 3 camere e 6 posti letto.

Il totale dei flussi turistici in queste strutture nel 2024 è stato di 14.841 arrivi e 54.549 presenze, con ricavi che si possono stimare in un po’ meno di 3 milioni di euro. Le presenze degli stranieri (37.273) sono più del doppio di quelle degli italiani (17.276). Proporzioni rispettate si si guarda il solo comune di Prato, che vanta 44.445 presenze suddivise in 29.895 di stranieri e 14.550 di italiani.

In totale le strutture alloggiative censite in provincia sono 451, di cui 231 per affitti brevi, 27 alberghi tradizionali e il resto suddiviso in ostelli, agriturismi, affittacamere e residence.

A Firenze il giro di vite contro gli affitti brevi ha comportato l’istituzione del Cin, il Codice identificativo nazionale, a cui tutti sono tenuti a iscriversi e che serve a combattere l’utilizzo dei garage al posto delle case, per esempio, ma soprattutto a limitare i pagamenti in nero. C’è stata anche una stretta sulle cosiddette “key box”, le cassette attaccate vicino agli ingressi, che secondo alcuni deturpavano il paesaggio urbano e che ora devono essere tolte. A Prato qualcuna ce n’è, ma è ancora come cercare un ago in un pagliaio.

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