In bici verso Capo Nord mangiando vegano
L’avventura del pratese Simone Parri: una pedalata di 4.500 chilometri cibandosi solo di quello che si trova per strada
In sedici giorni ha percorso in bicicletta 4.500 chilometri attraversando sette nazioni e pedalando mediamente per circa 300 chilometri al giorno. A fine luglio è partito da piazzale Michelangelo a Firenze insieme ad un’ottantina di temerari della North Cape 4000, avventura in solitaria in sella alla bicicletta con meta Capo Nord. Senza alcun supporto tecnico Simone Parri (fotografo pratese, professionista di grafica e design da anni ritiratosi sulle colline sopra Pistoia) si è alimentato di ciò che ha trovato lungo il percorso. Che non sarebbe niente – o quasi – se non fosse vegano. Il che restringe notevolmente la sua dispensa.
Unico toscano in lizza, il 14 agosto è giunto venticinquesimo alla meta, toccando un traguardo che la metà dei partecipanti non ha mai visto. Su 80 iscritti infatti ne sono arrivati 41, l’ultimo dei quali ha tagliato il traguardo nove giorni dopo Simone.
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La sua vita non è lotta, ma riflessione consapevole. Per lui il tempo ha smesso di correre dodici anni fa quando si è trasferito sulla collina alle spalle di Pistoia, ristrutturando in modo molto accogliente una casa che poteva essere un fienile o un rimessaggio. E lì vive a contatto con la natura, coltivando un orto in lotta – questo sì – con tassi, istrici, daini e cinghiali. «Perché preferisco sapere come crescono le verdure con cui mi alimento», dice. Vegetariano – sì – anzi: vegano. Ma con moderazione, senza estremismi.
«Se c’è da mangiare un gelato in compagnia non mi faccio troppi problemi – confessa Simone Parri, classe 1970 – idem le uova, basta sapere che le galline sono allevate in modo rispettoso, esistono ancora molti contadini di cui fidarsi. Non amo gli estremismi». Per cui può anche capitare di vedere ai suoi piedi calzature in cuoio, idem per la sella della bici. «L’importante è avere la consapevolezza delle strade che si imboccano, optare per un consumo critico e prenderci le nostre responsabilità». Quella verso il veganesimo è stata una scelta etica partita una ventina di anni fa quando ha abbandonato carne e pesce. Dopodiché, come accade spesso in questi percorsi, ha rinunciato a latte e latticini.
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Simone Parri non rincorre più il tempo, salvo quando decide di intraprendere una sfida con se stesso, come quella affrontata il 29 luglio verso Capo Nord in sella alla sua bici. Neppure così tecnologica come potremmo pensare: una due ruote molto funzionale ma non in titanio. In titanio erano invece il pentolino in cui cucinava e il fornellino su cui scaldava le cose trovate per strada. Mirtilli, pannocchie di mais, mele, funghi, ortica addizionati con frutta secca, cereali, quinoa, legumi. I primi molto energetici, gli ultimi altamente proteici.
«Cerco le combinazioni ideali per assecondare la necessità di energia che il corpo richiede durante una prova estrema come questa – spiega il pratese Simone, la cui famiglia è titolare della Stamperia Fiorentina, azienda leader nel settore tessile fondata negli anni Sessanta da Roberto Cavalli – In Danimarca ad esempio esiste un interessante sedano di montagna, la Finlandia è generosissima di funghi, in Germania ho approfittato dei campi di mais trasformandone i chicchi in un super piatto in abbinamento ai fagioli, sul Brennero ho realizzato una sorta di cous cous con latte di cocco e piselli».
Quindi capacità di adattamento, improvvisazione e qualche nozione base sull’alimentazione, in parte tratta dalla libreria che contribuisce ad ornare una casa arredata in stile nordico, con scaffalature in legno, poltrone, grossi armadi colorati acquistati nei mercatini esteri quando la moda del design scandinavo non era ancora esplosa. La sua cucina è in acciaio, molto funzionale. «Cucinare aiuta mente e corpo. Da una parte riporta in equilibrio i pensieri, dall’altra nutre e insieme favorisce la gestualità – spiega Simone Parri facendo un salto ai recenti ricordi verso il Circolo Polare Artico – Stare per tante ore in sella irrigidisce le mani. Tagliare l’aglio, ad esempio, riporta sensibilità alla punta delle dita».