Prato

Nuovi nomi riemergono dai fondali del mar Egeo

di Alessandro Pattume
Nuovi nomi riemergono dai fondali del mar Egeo

Oltre a Dino Menicacci altri militari pratesi erano a bordo del piroscafo Oria Il Cdse di Vaiano in prima fila nella ricerca della verità sulla tragedia

08 luglio 2012
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VAIANO. Dino Menicacci, Fabio Contini, Giuseppe Doni e Amato Baldini. Sono i nomi, i volti e le certezze che grazie al Cdse (Centro di documentazione storico etnografico) di Vaiano, insieme a Massimo Massai, sono riemersi dal fondo dell'Egeo, dove giace il relitto del piroscafo “Oria”, naufragato con un carico di oltre 4mila prigionieri italiani nel febbraio del 1944. Venerdì sera, nel salone del consiglio comunale, la direttrice del Cdse Alessia Cecconi ha presentato il risultato della ricerca, avviata nel febbraio scorso sulla base di un'incisione ritrovata su una gavetta accanto al relitto, sul vaianese Dino Menicacci. E da quella gavetta, che porta inciso “Vaiano” e le iniziali “D.M.” seguite da “1922” ed è stata mostrata in diretta alla platea dal sub greco Aristotelis Zervoudis che l'ha ritrovata, si è aperto un mondo di famiglie ancora in cerca di notizie dei propri parenti mai tornati dalla guerra.

Così, dalle lettere in possesso della famiglia Menicacci, Fernanda Contini, 81 anni, ha potuto conoscere la sorte toccata al fratello Fabio. E così via fino ad arrivare al vaianese Giuseppe Doni. «Incrociando la lista degli imbarcati sull'Oria con quella dei dispersi in guerra del comune di Prato – racconta Cecconi - Sono saltati fuori cinque casi di omonimia, tra cui un cognome molto familiare per chi è della nostra zona: Doni». Giuseppe Doni, detto Beppino, è l'unico figlio che non ha fatto ritorno di una grande e nota famiglia vaianese che abitava alla Briglia. «La ricerca è solo all'inizio – prosegue Cecconi - Adesso dobbiamo trovare le famiglie degli altri nomi che abbiamo individuato in questi giorni: quella di Bruno Antonelli di Barberino, del fiorentino Gino Chiappi e quella di Amato Baldini, pratese della Chiesanuova». L'appello. “Salvate il piroscafo Oria e ridate dignità ai nostri morti». Lo chiede a gran voce Michele Ghirardelli, l'architetto ferrarese che rincorrendo il nome di Ugo Moretto, il nonno scomparso nel '44 nel Mar Egeo, ha finito per riscoprire una tragedia rimasta forse troppo a lungo lontana dai riflettori. Ghirardelli è stato a lungo in Grecia per cercare notizie, testimoni e immergersi sul relitto ed è finito per diventare l'anello di congiunzione di tutta la ricerca e il portavoce di tutte quelle famiglie (80 quelle identificate su 4400 morti) che hanno perso qualcuno sull' “Oria”.

«Le nostre priorità sono tre – comincia – Tutelare il relitto, che ogni anno viene saccheggiato dai sub, dare il via libera alla posa del monumento, cui le autorità italiane non hanno ancora dato il loro benestare, e quindi dare ai nostri morti quella dignità che si meritano. E, infine, cercare tutte le altre famiglie che da più di 60 anni devono fare i conti con la voragine di un disperso in guerra». Il pratese Giorgio Orlandi, 90 anni, era a Rodi nel febbraio del '44 e non è salito sull' “Oria” solo grazie alla malaria, che lo avevo costretto in ospedale. Silvano Lippi invece, 91enne di Sesto Fiorentino, sul piroscafo inabissatosi nell'Egeo c'è salito eccome, ma ma poi è stato fatto scendere perchè le stive del piroscafo erano troppo piene per poter accogliere altre prigionieri italiani. E venerdì sera a Vaiano c'è voluto essere a tutti i costi, nonostante tre costole rotte a causa di un incidente domestico.

«A volte mi chiedono come mi sento ad essermi salvato – ha raccontato - Una domanda che dà fastidio perchè è vero, io mi sono salvato, ma da più di 60 anni tutte le notti io ritorno laggiù».

Per maggiori informazioni: www.piroscafooria.it

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