Omicidio di Sasso Pisano, ammazzato per vendetta in una faida familiare: tutte le bugie del basista
Castelnuovo Val di Cecina, svolta nelle indagini per la morte di Elson Kalaveri, 36 anni. L’albanese conosceva la vittima: con la scusa di saldare un debito ha ottenuto un incontro
CASTELNUOVO VDC. Quando il connazionale dall’Albania gli ha chiesto un aiuto per risolvere una faccenda personale, il 40enne albanese, residente a Castelnuovo Val di Cecina, si è messo subito a disposizione. Anche lui aveva dei rancori verso Elson Kalaveri, la vittima predestinata crivellata di colpi nel tardo pomeriggio del 18 agosto 2022 a Sasso Pisano.
Tra i due c’erano state discussioni per un debito legato a un piccolo traffico di stupefacenti. Contattarlo per definire la questione e saldare i conti era un buon motivo per convincere il 36enne Kalaveri a presentarsi a un appuntamento. La disponibilità del basista e la vendetta di Shkëlzen Keçi, 41enne a cui Kalaveri aveva ucciso il fratello (ferito nel 2014 e morto qualche anno dopo, ndr) hanno contributo a realizzare la trappola mortale. Quella che a libello esecutivo è stata affidata ai tre sicari napoletani, un 26enne e un 45enne nel ruolo di sparatori e un 30enne in quello di appoggio.
La genesi dell’inchiesta, con i relativi sviluppi, è stata illustrata ieri mattina in Procura. Presenti il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Mauro Izzo; dal procuratore reggente Giovanni Porpora; dal sostituto procuratore Giancarlo Dominijanni; il comandante del reparto operativo tenente colonnello Giovanni Mennella.
Il giorno dell’omicidio, la vittima arriva a Sasso Pisano verso le 17. Si porta verso un bar dove viene raggiunto dal connazionale che gli ha teso in tranello. A quel punto il “lavoro” del basista è finito. Al volante di una Mercedes Classe B c’è un altro albanese, estraneo alle indagini, che porta Kalaveri all’appuntamento a Sasso Pisano. Dopo i saluti al bar le sorti di basista e vittima dal destinato segnato divergono. I killer sono stati informati della presenza in zona del bersaglio da colpire e il “segnalatore” ha esaurito il suo compito. Quando la Mercedes si trova la strada sbarrata da un’auto è l’inizio dell’assalto. Due sicari scendono e sparano 16 colpi da due pistole diverse. L’autista cerca di fuggire con una retromarcia disperata e scappa in direzione di una pizzeria nei cui paraggi, con le gomme dell’auto a terra, arresta la corsa. Al suo fianco il corpo senza vita di Kalaveri.
Nel corso della conferenza stampa il sostituto procuratore Giancarlo Dominijanni ha voluto ricordare e ringraziare due sottufficiali del nucleo investigativo impegnati nelle indagini.
Il primo, il luogotenente Davide Scarso, deceduto a 54 anni a dicembre. L’altro il luogotenente Antonio Cafici andato in pensione durante l’inchiesta.
«Voglio ringraziarli pubblicamente – ha detto il magistrato – . Scarso è stato prezioso soprattutto per l’analisi sui collegamenti telefonici. Cafici ha fornito un grande contributo nel coordinare le attività. È uno dei migliori investigatori che abbiamo avuto in questi anni. È grazie anche al loro contributo se abbiamo raggiunto questo risultato».