Pontedera

il caso

Panino alla mortadella e la “baruffa” sulla fede religiosa

Andreas Quirici
Il centro sportivo Bellaria Cappuccini
Il centro sportivo Bellaria Cappuccini

Pontedera,  l’insaccato offerto e poi tolto ai bambini scatena polemiche. Istituto Pacinotti e Bellaria sotto attacco: «Molto rumore per nulla»

16 giugno 2017
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PONTEDERA. Inizio maggio, centro sportivo della Bellaria Cappuccini, da sempre luogo di aggregazione di ragazzi di ogni età, etnia e fede. È qui che un semplice panino con la mortadella scatena polemiche legate a conflitti religiosi. O, almeno, è quello che sembra, a leggere certe reazioni di politici. Ma che i responsabili della società e della scuola bollano come «un grosso equivoco».

I fatti si racchiudono in due eventi sportivi a cui partecipano alunni delle scuole primarie Dante, De Amicis e Pascoli, entrambi alla Bellaria. La prima volta ci sono sei classi con 160 bambini. I dirigenti della società offrono merende variegate: schiacciata e basta, schiacciata con mortadella e un dolce. «Ogni alunno poteva scegliere quella che preferiva – dicono dall’istituto comprensivo Pacinotti, di cui le tre scuole fanno parte – in base ai gusti o alle necessità di dieta imposte dalla propria fede religiosa».

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Piero Becattini, ex presidente della Bellaria da pochi giorni, ma ancora in carica all’epoca dei fatti, conferma che «eravamo riusciti a preparare le merende sia perché non erano molte, sia perché ad aiutarci c’erano anche i rappresentanti di classe». Qualche genitore di fede musulmana, però, si è comunque lamentato del fatto che veniva offerta carne di maiale, dimenticando, forse, che si trattava comunque di un “regalo” della Bellaria ai bambini.

All’evento successivo di qualche giorno dopo, con quasi 500 alunni, la merenda è diventata meno ricca. Sia per motivi logistici, che per evitare le polemiche della volta precedente. «Non potevamo darne tre tipi. I bambini erano troppi e non riuscivamo a prepararle per tutti», afferma ancora Becattini. Dalla scuola spiegano che «nessuno formalmente si è lamentato con noi del fatto che ci fosse mortadella nella schiacciata. E nessuno dell’istituto comprensivo ha deciso di eliminare l’insaccato dalle merende».

Fatto sta che il ritorno alla semplice schiacciata si trasforma nella rinuncia alle tradizioni di casa nostra. Per di più “imposta” da una società sportiva e da una scuola. La polemica si alimenta e arriva a oggi, quando la vicenda assume addirittura toni politici con commenti di alte cariche dello Stato. E, naturalmente, fa il giro del web con i social network a soffiare sul fuoco delle divisioni con in mezzo una succosa fetta di mortadella. Dirigenti sportivi e scolastici vengono travolti dal tam tam e cercano riparo. «Si è trattato di un equivoco – dicono dalla Pacinotti – perché solitamente, quando tocca a noi fornire le merende ai bambini cerchiamo di rispettare le varie esigenze. Quando gli alunni da sfamare sono troppi, offriamo proprio un semplice pezzo di schiacciata. In questi casi è stata la Bellaria a organizzare la merenda. Ma il concetto è stato lo stesso. Nessuna discriminazione religiosa, in un senso o nell’altro».

Ai tempi di Internet, però, quando il vaso si è rotto è difficile raccoglierne i pezzi in tempo utile per evitare il dilagare dei commenti. E in questo caso sono stati praticamente tutti in una sola direzione. Come quello della sindaca di Cascina, Susanna Ceccardi, che su Facebook ha scritto: «È pazzesco. La mortadella, il prosciutto cotto e crudo è parte fondamentale della nostra tradizione culinaria. La nostra cucina tipica è la nostra cultura. I nostri nonni e bisnonni contadini avevano un maiale nel castro. Oggi, l'eredità di quelle belle e ahimè trascorse usanze ci scorre nelle vene e non possiamo arretrare di fronte a imposizioni assurde. Integrare gli altri non si fa disintegrando noi stessi. La scuola dovrebbe insegnare anzitutto che il rispetto degli altri, parte innanzitutto dal rispetto di quello che siamo e siamo stati noi».

In questo caso, però, la scuola ha risposto, citando addirittura Shakespeare: «Molto rumore per nulla».

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