Caso bullone: «Lanciato dai nostri», ma la Pistoiese non vuole la squalifica
L’ad Fabio Fondatori in conferenza stampa mostra il “corpo del reato” però fa partire il ricorso: cosa ha detto
PISTOIA. La comparsa del bullone che ha causato le due giornate di squalifica del Melani è stato un vero colpo di teatro che ha rubato la scena della conferenza stampa di Fabio Fondatori, ad della Pistoiese. Il club con questa iniziativa ha inteso compiere un atto importante di onestà intellettuale.
Il giudice sportivo
In particolare l’intenzione dell’ad era di chiarire il contenuto nel comunicato del giudice sportivo in cui si adottano duri provvedimenti contro la Pistoiese, in particolare laddove si comunica che «alcuni sostenitori presenti in tribuna lanciavano un bullone con dado avvitato della grandezza di circa 5 cm all’indirizzo del direttore di gara che lo sfiorava al volto e cadeva sul campo per destinazione».
L’ad
Fondatori spiegato che il reperto è stato acquisito dal personale del club addetto alla manutenzione e non dall’arbitro, chiarendo così il motivo per il quale nessuno dalla tribuna si fosse accorto di nulla. Stupisce la perfetta descrizione dell’oggetto sul referto dell’arbitro, ma non è escluso che siano stati altri ad indicargli i dettagli. Fondatori ha voluto evidenziare che l’episodio abbia posto in cattiva la tifoseria pistoiese, mettendo in relazione l’accaduto con la decisione del prefetto di Rimini di vietare ai pistoiesi la trasferta a Coriano di domenica prossima. Il dirigente ha anche fatto un riferimento all’omicidio Marianella per avvalorare l’ipotesi di una percezione distorta dell’indole dei pistoiesi.
Il ricorso
L’ad orange ha inoltre annunciato il ricorso avverso alla squalifica del campo che sarà curato dall’avvocato Mattia Grassani di Bologna, essendosi trattato di «un fatto isolato e totalmente fuori dal controllo, anche capillare». Il dirigente orange contesta invece quanto afferma il giudice sportivo rispetto ad indebita presenza nello spiazzo antistante gli spogliatoi di persone non autorizzate, una delle quali «impediva alla terna arbitrale di chiudere la porta del proprio spogliatoio». «In quello spazio – sostiene l’ad – c’erano solo autorizzati. Nessuno ha impedito di chiudere la porta della terna».
