C’è un insetto killer che fa strage di abeti rossi: è allarme sull’Appenino Pistoiese. La causa e i danni evidenti
Francesco Benesperi (Unione dei Comuni): per fermare la proliferazione del bostrico stiamo usando trappole ai feromoni. Acquerino, a rischio le conifere
PISTOIA. «Il caldo eccessivo sta favorendo la proliferazione del bostrico, un insetto dell'ordine dei coleotteri che sta divorando ettari ed ettari di foreste di abete rosso della nostra montagna».
A lanciare questo grido d'allarme è il dottore in scienze forestali Francesco Benesperi, responsabile del settore forestazione dell'Unione dei comuni montani dell'Appennino pistoiese. È a lui che inoltriamo le segnalazioni dei molti appassionati della montagna, fra cui quella di Alessio Bechini che da sempre frequenta le foreste dell'Acquerino, che sono giunte alla nostra redazione. «L'abete rosso – spiega l'esperto – è una specie arborea residuo delle antiche glaciazioni che hanno interessato quest'area. Per crescere e proliferare, queste piante hanno bisogno di un clima particolarmente rigido che però da alcuni anni a questa parte è sempre più difficile trovare a quote relativamente basse come quelle dell'Acquerino».
Ma qual è il legame che unisce il bostrico all'abete rosso in un abbraccio che, da qualche tempo a questa parte, si rivela sempre più mortale? «Questo coleottero – prosegue il professor Benesperi - non appartiene a una specie alloctona visto che è da sempre presente sia nell'area dell'Acquerino che a quote più elevate, dove ad esempio si trovano le riserve naturali dell'Abetone e del Campolino. Queste sono ancor più caratterizzate da grandi distese di abeti rossi che da sempre sono una delle maggiori attrattive degli appassionati di questo spicchio di montagna. La funzione del bostrico in natura è quella di aiutare la decomposizione delle piante di questa specie già cadute a terra o perché malate oppure a causa di qualche evento meteorologico distruttivo, come la grande burrasca che nel 2003 colpì varie zone montane del nostro Paese. Le temperature più rigide che si registravano negli anni passati evitavano in maniera naturale una riproduzione eccessiva di questi insetti che invece adesso, si moltiplicano in maniera esponenziale».
Questo vero e proprio boom demografico ha reso di fatto insufficienti le quantità di abeti rossi caduti a terra, inducendo i moltissimi esemplari di bostrico affamati a lanciarsi verso la colonizzazione anche di piante sane, ancora nella loro sede naturale. La loro tattica è sempre la stessa: gli insetti penetrano nell'intercapedine fra tronco e corteccia dove scorre il "fluema", che è il fluido nutritivo della pianta, che costituisce il loro nutrimento.
«Il bostrico scava gallerie profonde e di grande perfezione all'interno della pianta – puntualizza l'esperto – portandola a morte certa se non si procede tempestivamente con importanti azioni di bonifica. La più radicale ma anche la più in uso, è quella di procedere con i tagli selettivi degli esemplari di abete rosso già compromessi dalla presenza di questo insetto. All'Aquerino, ad esempio, si sta adottando da tempo questa tattica che serve innegabilmente ad arginare l'irruenza di questo coleottero. In seguito, quando la presenza in eccesso del bostrico è stata debellata, si può procedere all'opera di rimboschimento».
Se il taglio è la strada più battuta nella lotta senza quartiere al bostrico, ne esistono comunque anche altre ben più sofisticate. «Ci sono delle trappole ai feromoni – spiega il professor Benesperi – che stanno dando risultati molto soddisfacenti. I feromoni agiscono sul richiamo sessuale di questi insetti. In pratica si possono effettuare catture di esemplari maschili o femminili a seconda della scelta che viene fatta in base a studi preliminari. Queste trappole hanno la forma di grandi pannelli di color nero in cui all'interno è presente una cavità, la trappola appunto, che viene cosparsa della sostanza ormonale. L'insetto vi penetra per poi non riuscire più a uscire».
La speranza è che il contrasto al bostrico dia risultati sempre più importanti anche se, per l'abete rosso, il futuro si preannuncia comunque a tinte fosche. «L'innalzamento delle temperature dovuto ai cambiamenti climatici – conclude Benesperi – ridurrà sempre di più l'habitat naturale di queste piante che per vivere hanno bisogno di molto freddo. Spetta a noi fare di tutto per conservare questo patrimonio di biodiversità ma, alla base di tutto, ci dovrà essere a livello mondiale una presa di coscienza collettiva».
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