Il Tirreno

Pistoia

Il caso Vicofaro

«Il vescovo ha revocato a don Biancalani la legale rappresentanza perché ostacolava le operazioni»

di Lorenzo Carducci
«Il vescovo ha revocato a don Biancalani la legale rappresentanza perché ostacolava le operazioni»

Il prefetto dopo l’intervento della polizia: «Monsignor Tardelli ha chiesto alle forze dell’ordine di entrare per far uscire gli ultimi sei migranti che non avevano accettato la nuova destinazione»

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PISTOIA. L’intervento della polizia nella canonica di Vicofaro, da cui martedì i reparti mobili di Firenze e Taranto hanno portato fuori gli ultimi sei migranti (i più fragili) che avevano rifiutato la nuova destinazione, è stato richiesto dal vescovo Fausto Tardelli. A posteriori potrebbe sembrare un dettaglio, ma invece non lo è. Perché stabilisce la genesi di un’operazione che astrattamente sarebbe potuta anche partire dalla stessa questura su input del ministero dell’Interno, o dal comitato prefettizio sulla sicurezza, con la semplice collaborazione della diocesi. Invece no. Ma c’è di più, perché prima di arrivare all’epilogo, il vescovo ha revocato a don Massimo Biancalani la legale rappresentanza della parrocchia, il che significa che lo ha estromesso dalla gestione amministrativa, in modo tale anche da prevenire eventuali tentativi di tornare al modello di accoglienza precedente.

Queste e altre chiavi di lettura emergono dalle parole del prefetto di Pistoia Licia Donatella Messina, che ieri mattina ha commentato il caso Vicofaro poco prima della riunione del comitato provinciale per la sicurezza, a cui hanno partecipato il questore Marco Dalpiaz, il sindaco Alessandro Tomasi e anche lo stesso vescovo Tardelli. Quest’ultimo, tuttavia, non ha voluto rilasciare dichiarazioni. «Non c’è stato nessuno sgombero, è sempre stata una riallocazione – afferma il prefetto – Il vescovo ha deciso di revocare la legale rappresentanza a don Massimo perché purtroppo ostacolava le operazioni in corso che erano finalizzate a offrire un’opportunità agli ospiti. Quella struttura era in condizioni igieniche disastrose, doveva essere chiusa per poi poter avviare i lavori. Le ultime sei persone, nonostante fosse loro stata offerta una nuova sistemazione, hanno deciso di non accettare e di rimanere dentro. E allora, per completare l’operazione, il legale rappresentante (nel frattempo il vescovo, nda) ha chiesto alle forze di polizia di entrare dentro per accompagnare all’esterno queste ultime persone che sono state comunque riallocate».

Attività, quella di decongestionamento della struttura e di ricollocamento dei migranti (circa 120 solo nell’ultima tranche, dopo l’ordinanza di sgombero del sindaco), che il prefetto definisce «complesse, quasi travagliate» ma dall’esito «favorevole», per il quale esprime soddisfazione. «Non c’è mai stata un’occupazione abusiva – premette Licia Donatella Messina – il parroco, mosso sicuramente da principi cristiani di accoglienza, ha posto in essere un’ospitalità che poi è sfuggita di mano. Bisogna saper gestire anche la generosità. Dispiace che qualcuno dica che è stato bocciato un modello di accoglienza: questo, purtroppo, partito con buoni propositi, era arrivato a una situazione di totale pericolosità e questo ripristino va a beneficio dell’intero quartiere. L’operazione si è conclusa con l’individuazione per tutte le persone presenti di nuove strutture, dove la nuova accoglienza avviene in modo civile e ordinato col coinvolgimento degli stessi ospiti, che potranno intraprendere un percorso di integrazione. L’auspicio è che colgano questa opportunità. Molti hanno criticato l’intervento della polizia ma il trasferimento non è mai stato coattivo, salvo per le ultime sei persone che si rifiutavano di uscire. Non è stata usata la forza e tutto si è svolto in modo ordinato, Vicofaro doveva essere chiusa per ripristinare la sicurezza e l’igiene».

Nel sottolineare la sinergia e la condivisione delle decisioni all’interno di un tavolo prefettizio silente ma efficace – aspetto toccato anche dal questore nel parlare di «lavoro di squadra» – il prefetto ripercorre alcune delle tappe che hanno portato allo svuotamento della parrocchia. Dai sopralluoghi, dai quali sono emerse «condizioni igienico sanitarie che avrebbero potuto provocare o alimentare la diffusione di malattie» e «un elevato pericolo di incendi», all’accoltellamento dello scorso 25 febbraio tra due ospiti: un 33enne nigeriano e un 31enne gambiano indagati per tentato omicidio e lesioni. Un episodio «gravissimo – dichiara il prefetto – che ha destato tanto allarme sociale e interrotto quel percorso che era stato condiviso con la diocesi, richiedendo interventi più immediati ed efficaci. Da lì il ministero ha messo a disposizione 70 posti tra Cas e Sai tra Pistoia Prato e Firenze, ma quasi nessuno ha accettato questa soluzione e alcuni sono tornati indietro».

A quel punto la diocesi, assieme alla Caritas, ha iniziato a individuare strutture alternative, col «lavoro fondamentale del vicario don Cristiano D’Angelo». Del resto «la maggior parte degli ospiti di Vicofaro erano muniti di titoli di soggiorno e quindi inespellibili» spiega Messina.

«Il vescovo aveva assunto l’impegno di liberare la parrocchia già nel 2023, cosa che poi è avvenuta – chiosa il prefetto – ci è voluto del tempo ma il percorso era stato avviato. Mentre la diocesi, con nuovi operatori, si dedica ai percorsi di integrazione dei migranti ricollocati a piccoli gruppi e la parrocchia di Santa Maria Maggiore si appresta a diventare un cantiere per i lavori di messa in sicurezza, don Biancalani affida ai social un amaro commento. «Una violenza enorme su di me, i miei ragazzi fragili e la chiesa». 

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